Governo tecnico Draghi centrico, la resa della politica? No, il trionfo dell’assenza della Politica voluta da personaggi arroganti e mediocri

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In questi giorni si sta consumando non una sconfitta ma una resa. Non è la “sconfitta della Politica” (come vanno dicendo e scrivendo i principali organi di informazione e i grandi opinionisti) ma il trionfo dell’assenza della Politica cercata e voluta da personaggi arroganti e mediocri (una miscela esplosiva) che pensano soltanto al proprio tornaconto personale. Di questo dobbiamo “ringraziare” un po’ tutti. Quelli che si sono adagiati trovando posto nel “realismo capitalista” imperante, quelli che hanno accettato acriticamente le regole del mercato relegando la Politica in secondo piano, quelli che chinano la testa di fronte a una Unione Europea miope e matrigna che impone la finanza su qualsiasi cosa, quelli che non hanno una visione del futuro ma che sono attenti soprattutto al conto in banca loro e di chi li manovra.

Una situazione pessima, oltre che drammatica. Così si è giunti (grazie ai ricatti renziani, al poco o nulla espresso dagli altri della maggioranza, al caos degli slogan mascherati da politica dell’opposizione, alla colpevole debolezza democratica dell’attuale sistema) a un “governo Draghi” perché questa nostra italietta maciullata da chi occupa le istituzioni ha bisogno dell’ennesimo uomo della provvidenza.

Si profila un governo tecnico, dunque, che ci “tirerà fuori dai guai”. Ma chi sarà il beneficiario? Chi sopravviverà? Chi pagherà il conto? È facile prevederlo. Saranno i soliti, quelli che lavorano, i pensionati … i “non ricchi”. Succede sempre così. Ci si ricorda del “governo Monti”? Delle “riforme Fornero”? Di tutti quei “meravigliosi” provvedimenti che dovevano metterci al sicuro? Ci ricordiamo delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, dei sacrifici chiesti sempre a chi vive del proprio lavoro e della propria pensione, della cancellazione dei diritti dei lavoratori che avrebbero rilanciato l’occupazione?

Ce ne ricordiamo o riteniamo che sia meglio dimenticare?

Ci ricordiamo, per esempio, che al lavoro, ci si continua ad ammalare, a subire infortuni e a morire*? Siamo coscienti che questo accade ogni giorno tra l’indifferenza generale? Che i disoccupati e gli inattivi aumentano (e che è sempre colpa di “altri”, della “crisi”, del “non poter licenziare”)? Che il lavoro (per chi ha la “fortuna” di averlo) è sempre più alienante, pericoloso, faticoso? Che la povertà è in continua crescita? Che chi è in pensione generalmente fatica ad arrivare a fine mese? Che, sempre e comunque, le delocalizzazioni, le svendite a multinazionali, le fusioni societarie le pagano quelli che vivono del proprio lavoro**? E ci vogliamo ricordare, anche, che pochi italiani possiedono ricchezze valutate in centinaia di miliardi di euro? E vogliamo riuscire a immaginare che è proprio da queste ricchezze personali e difficilmente comprensibili, che possono e devono essere recuperate le risorse utili a uscire dalla crisi e rilanciare il nostro paese?

Questo e altro sarebbe da chiedere a un governo degno di questo nome. A uno qualsiasi, anche a un governo tecnico. Purtroppo, però, i governi che si sono succeduti da troppi decenni sono retti da incapaci o da personaggi che si sentono in dovere di rispondere a qualche potere finanziario e padronale.

Allora sorge un dubbio. Draghi è certamente una persona capace, un professionista dell’economia e della finanza, un autorevole e intelligente esponente del capitalismo. Di solito si dice, in questi casi e con malcelata ammirazione, “un tecnico prestato alla politica”. Ma come vorrà utilizzare i miliardi del Recovery Fund? Quel sarà la sua linea politica? Quella utile e necessaria a risolvere i problemi della “povera gente” o quella che favorirà i padroni (della finanza o dell’impresa)? Servirà, la sua politica (perché anche se definito tecnico, il governo dovrà fare, comunque, scelte politiche), a rendere più equa e democratica la nostra società? Potrà ridare speranza di futuro a chi perde il lavoro o farà sorridere solo chi sfrutta il lavoro altrui, chi specula in borsa, chi è talmente ricco da ostentare indifferenza, quasi disprezzo, verso “gli inferiori”?

Il vero punto che si deve affrontare, dopo aver constatato che i vari politicanti che occupano le istituzioni si sono dimostrati inadeguati, incapaci, mediocri e arroganti (tutto il contrario che avere la competenza necessaria), è proprio la risposta a qualche semplice domanda: può un governo tecnico, può Draghi, attuare quella svolta necessaria per un futuro migliore? Può “fare la rivoluzione” o opererà per promulgare leggi e decreti che ripristineranno ulteriormente situazioni molto, troppo, simili alle servitù ottocentesche?

La risposta che il prossimo governo e questo parlamento sia dirigerà verso un peggioramento delle condizioni di vita della stragrande maggioranza delle persone appare, purtroppo, scontata.

Sta a ognuno di noi opporsi a quella che, con ogni probabilità, sarà l’ennesima restaurazione reazionaria con l’abituale macelleria sociale.

* Nel mese di gennaio di quest’anno, 47 persone sono morte a causa di infortunio nei luoghi di lavoro. Considerando i decessi in itinere sono complessivamente 83. Per aver contratto il covid-19 nei luoghi di lavoro sono decedute altre 25 persone. (fonte Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro)

** (ANSA) – MELFI, 03 FEB – Stellantis chiederà la cassa integrazione ordinaria, dall’8 al 14 febbraio prossimo, per gli oltre settemila dipendenti dello stabilimento di Melfi (Potenza). La produzione nella fabbrica lucana di Jeep Compass e Renegade è legata alla “necessità di fronteggiare gli effetti della complessiva situazione di mercato” causata dall’epidemia e dalle sue “ricedute sul sistema globale delle forniture di componenti di produzione essenziali”.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.