Ad Ascoli, quando meno te l’aspetti, ricompare il Vicenza dei tempi grami e delle partite buttate via. Stavolta, però, non ci sono le circostanze attenuanti di prima ed è, quindi, difficilmente spiegabile questa pausa che s’interpone in una non così chimerica rincorsa ai play off. Una giornata storta? Sì, ci può stare e capita a tutti prima o poi. Ma si poteva fare meglio in questa trasferta. Sotto tutti i punti di vista.
Il Lane a causa di questa sconfitta chiude una serie di nove turni in cui ha perso una sola volta (con la capolista Empoli) e ha centrato quattro vittorie e altrettanti pareggi. Sedici punti aggiunti allo score del campionato, punti che non hanno reso chissà che in funzione del posizionamento (dodicesimo posto dopo lo stop con il Monza, decimo dopo quello con l’Ascoli) ma hanno, da un lato, soprattutto allontanato la zona playout, che era a sole tre lunghezze diventate nove nel frattempo, e, dall’altro, accorciato sia pur marginalmente il gap rispetto a quella play off: da -7 a -4.
Ben più cospicuo e promettente, invece, rispetto alle risultanze delle statistiche è il riscontro che questa fase ha dato in termini di qualità e concretezza della squadra. Che, in poco meno di due mesi, si è trasformata: da quanto, in precedenza, era un’incompiuta a caccia di equilibrio e identità, a tanto di realtà vincente e competitiva, concentrata e tonica, versatile e solida.
I meriti, e non è la prima volta che li assegniamo, vanno attribuiti un po’ a tutti, a cominciare dall’allenatore Mimmo Di Carlo che ha capito, al momento giusto, che doveva rimodulare la formazione aggiungendo un centrocampista. Il passaggio del reparto da due a tre centrali ha innescato, infatti, un nuovo equilibrio di cui ha beneficiato non solo il gioco ma anche il rendimento complessivo: la difesa (più protetta) ha ritrovato le sicurezze dell’anno scorso, l’attacco ha beneficiato di inedite interazioni con le mezzali.
La qualità, anche questo si è già detto, è migliorata soprattutto per la crescita e l’inserimento di alcuni giocatori: da Giacomelli tuttofare (come non ricordare la sua partita capolavoro con il Brescia) a Meggiorini (bomber a sorpresa della terza età), da Rigoni (leader in mezzo al campo soprattutto quando i ritmi del gioco sono più compassati) a Cappelletti (difensore affidabile sia come centrale che come laterale e con doti anche in attacco) e, infine, agli uomini che hanno potuto dare finora solo prove parziali: Delmonte, Da Riva, Nalini, Lanzafame.
È indiscutibile però che si sia creata una dipendenza da certi giocatori: quando loro non ci sono o non gioca-no al top, il Lane torna una squadra normale, perde personalità e competitività. Se n’è avuta la riprova ad Ascoli. Mancavano i due grandi vecchi Meggiorini e Rigoni, Giacomelli ha perseverato nel non grande momento di forma che sta attraversando, Longo e Jallow (la coppia di attaccanti scelta in partenza) non sono riusciti nemmeno stavolta a dimostrare di essere all’altezza dei compagni che sono diventati nel frattempo titolari.
Anche Di Carlo stavolta è sembrato meno lucido nella gestione della squadra. Riproporre due punte che ormai hanno fallito tutte le occasioni avute a disposizione, scegliere un centrocampo solo di mediani, cambiare fin troppi moduli in corso di gara non ha dato i frutti che il tecnico si aspettava.
Anche la scelta di utilizzare nel secondo tempo Mancini non è sembrata produttiva. E, del resto, per quanto promettente e dotato sia il giovane attaccante, non si può certo pretendere che, a sedici anni e senza la mi-nima esperienza di campionati professionistici, scenda in campo praticamente per il suo vero esordio in prima squadra e faccia i miracoli contro un avversario che non ti lascia mezzo metro di campo.
Bisogna andarci piano con Mancini. Va inserito con gradualità e nelle occasioni giuste. Dategli il tempo di crescere e accostategli compagni esperti che lo sappiano assistere e svezzare. Ricordiamoci quanto Giancarlo Salvi abbia pesato nel far diventare Paolo Rossi un campione. E se anche la tifoseria reclama Mancini in campo e magari titolare, lo staff tecnico non deve cedere al compiacimento e sprecarlo come ad Ascoli, dove il ragazzo non ha potuto certo cambiare nulla nel gioco offensivo biancorosso nella mezzora scarsa della sua presenza.
C’è, infine, da valutare con attenzione il deficit di gol, che ha, paradossalmente, accompagnato la parte più bella del campionato del Vicenza. Tre centri in cinque gare sono davvero pochi e bisogna trovare al più presto delle soluzioni perché non bastano le prove ineccepibili della difesa. Si è ben visto, per di più, che certi difetti ricompaiono. Ora il Lane deve dimostrare che la caduta di Ascoli è stata solo un episodio.