Processo Veneto Banca, per ispettori Banca d’Italia fidi in base a notorietà, NPL al 18,5% e Consoli “dominus”. Avv. Costabile spesso li smentisce

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Magnini ispettrice Bankitalia interrogata dall'avvocato Costabile udienza Veneto Banca 24 maggio
Magnini ispettrice Bankitalia interrogata dall'avvocato Costabile udienza Veneto Banca 24 maggio

Inviato a Treviso. Si è parlato di fidi, crediti deteriorati, baciate, speculazioni immobiliari, nell’udienza di oggi 24 maggio del processo per il crac di Veneto Banca che vede l’ex ad Vincenzo Consoli unico imputato difeso dall’avvocato Ermenegildo Costabile di Milano. Il pm De Bortoli ha chiamato oggi a testimoniare davanti al collegio giudicante, composto da Umberto Donà (presidente), Alberto Fraccalvieri e Carlotta Brisegan, l’ispettrice di Banca d’Italia Sonia Magnini e altri due ispettori, Franco Boselli e Marco Corridore.

La cronaca
Magnini ha partecipato alla seconda ispezione a Veneto Banca, dal 15 aprile al 9 agosto 2013, mirata all’accertamento della coerenza della classificazione creditizia. Secondo l’ispettrice è stato rilevato un accentramento dei poteri nei vertici della banca, la struttura era palesemente accentrata, tutto portava all’amministratore delegato, anche le funzioni di controllo, che di solito vanno a riportare prima al consiglio, una cosa da lei definita “stranissima”. Il controllo rischi ambientali, l’internal audit, i controlli di terzo livello, tutto riportava all’ad: “se tutti riportano a un’unica persona le informazioni potrebbero essere mediate”. Consoli è stato definito “dominus” dall’ispettrice.

Costabile e Consoli in udienza Veneto Banca 24 maggio
Costabile e Consoli in udienza Veneto Banca 24 maggio

Occhi puntati poi sui finanziamenti bullet: “se ho un prestito di 100 mila euro devo restituire tutto tra 5 anni, nel frattempo non faccio nulla; sono operazioni molto rischiose per la banca” ha detto Magnini. “La banca deve valutare se i progetti finanziati portano reddito o no, Veneto Banca era banca territoriale, spesso questa valutazione non c’era perché si guardava di più all’autorità del personaggio e al patrimonio (ville, case, etc.) – ha aggiunto – c’erano delle speculazioni finanziate interamente dalla banca. Le pratiche passavano in consiglio – ha detto ancora l’ispettrice  – composto da 15-16 persone, difficilmente c’era qualcuno che esprimeva perplessità o chiedeva chiarimenti, c’erano tutte approvazioni all’unanimità”.

“Dare fidi senza controllare se il cliente è meritevole è un’ operazione maquillage – ha detto Magnini – per abbellire il cliente, ampliare i fidi significava non far vedere certe cose agli investitori e agli azionisti nella centrale rischi. Quando un’azienda all’incaglio veniva rimessa in bonis con una rinegoziazione, i funzionari erano convinti di aver sistemato la posizione, ma era deteriorata. Noi parlavamo con il singolo analista che seguiva la pratica – ha aggiunto -, il collegio sindacale fu informato delle perdite, ne recepirono metà sulla semestrale, le pratiche con parere negativo c’erano, ma non erano moltissime”.

L’avvocato Costabile ha fatto notare che l’ispezione di due anni prima alla Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana era andata male, poi venne fusa in Veneto Banca con un’operazione approvata da Bankitalia. “Le regole di Veneto Banca su questi argomenti erano quelle di Bankitalia, era la prassi che non andava bene, perché era quella di non classificare” ha aggiunto ancora Magnini, ma incalzata da Costabile ha dovuto poi ammettere che le maggiori perdite sono state 249 milioni e non 500 come aveva detto rispondendo alla domanda del pm. Le pratiche venivano presentate in consiglio dal capo dei crediti alla presenza dell’amministratore delegato, ha fatto notare ancora Costabile, smentendo la precedente affermazione secondo cui le presentava direttamente l’ad. L’acquisto di un castello in Scozia, poi, una delle operazioni esaminate dall’ispettrice, secondo Costabile è operazione della popolare di Intra e non di Veneto Banca.

È stato poi sentito Franco Boselli, ispettore Bankitalia aggregato al team ispettivo due mesi dopo gli inizi degli accertamenti. I crediti deteriorati, Npl, erano il 18,50% secondo la sua testimonianza, dato particolarmente superiore rispetto ai dati medi del sistema. Questa, ha spiegato Boselli, è stata la prima rilevante criticità e l’azienda ne era abbastanza consapevole. Il secondo problema rilevato è stato secondo Boselli la concentrazione dei crediti in un settore più rischioso di altri cioè quello immobiliare, che assorbiva circa il 24% del portafoglio. Questi secondo Boselli erano finanziamenti di natura speculativa: acquisire un bene per poi rivenderlo. Secondo l’ispettore di Banca d’Italia poi i 15 consiglieri non esercitavano una dialettica, inoltre c’erano alcuni esponenti con esposizioni deteriorate: un consigliere con una sofferenza da cui non riusciva a rientrare, un sindaco che aveva vincoli importanti con la banca con le società della moglie di cui lui era garante e una speculazione immobiliare in Sardegna e a Treviso: sia il consigliere sia il sindaco si sono dimessi durante l’ispezione. C’era secondo Boselli un problema di governance e di rischiosità e classificazione non corretta delle posizioni. L’amministratore delegato stava sopra ad audit, risk manager, direttore crediti e direzione generale. Quest’ultima era divisa tra direzione strategica e finanza, non c’era il direttore generale: tutto riportava all’ad che di fatto era il capo dell’esecutivo.

L’avvocato Costabile ha fatto notare che una delle operazioni illustrate da Boselli, il finanziamento del consigliere Attilio Carlesso, fu disposto da Banca del Garda e non da Veneto Banca e ha voluto precisare che nella governance c’erano due condirettori generali.

Infine Marco Corridore, anche lui ispettore di Banca d’Italia in Veneto Banca, ha parlato dell’analisi del merito creditizio non esaustiva, di speculazioni immobiliari, di finanziamenti bullet, di pratiche classificate in bonis nonostante anomalie.


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