4 aprile 2021, «Il Messaggero»: Giovani isolati in lotta con il corpo. Effetto Covid sui disturbi alimentari: non solo ragazze, in aumento i maschi;
20 aprile 2021, «La Repubblica»: Covid: è allarme per sei comportamenti alimentari malsani;
26 maggio 2021, «Corriere della Sera»: Coronavirus, disturbi alimentari aumentati del 30% per l’isolamento.
Queste sono solo alcune delle testate dei quotidiani italiani apparsi in questi ultimi mesi, ma l’elenco potrebbe essere infinito.
Il 2 giugno 2021 si celebra la VI Giornata Mondiale sui Disturbi del Comportamento Alimentare (World Eating Disorders Action Day), per molti medici, psichiatri, psicologi, nutrizionisti, ricercatori accademici, studenti ed esperti, lo slogan di questi mesi è: Curare le ferite del Covid.
Da un’indagine sull’impatto psicologico e comportamentale del lockdown nei bambini e negli adolescenti in Italia, emerge l’insorgenza di problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% di bambini di età minore di 6 anni e nel 71% di quelli di età maggiore di 6 anni fino a 18, causati dall’isolamento a casa durante l’emergenza da nuovo Coronavirus e la prolungata Didattica a Distanza.
L’effetto della pandemia sulla salute mentale, in particolare sui disturbi alimentari, si è fatto sentire con forza, proprio perché il fattore dell’isolamento sociale è una delle prime manifestazione di questa tipologia di pazienti. L’esordio di anoressia è più precoce, sono aumentate le richieste di aiuto e si sono acuiti i disturbi alimentari preesistenti.
Sia l’anoressia – seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, nella fascia d’età dai 12 ai 18 anni – che la bulimia, dunque, non sarebbero più, patologie che interessano quasi esclusivamente bambine e ragazze. E si stima, in base a una valutazione delle autorità sanitarie, che i disturbi dell’alimentazione incidano sul 5% della popolazione complessiva.
Inoltre, le persone che avevano già sofferto in passato di anoressia, bulimia o disturbo da binge eating hanno avuto delle ricadute, per lo più legate allo stress della pandemia e alle relative conseguenze nella vita di tutti i giorni.
La bulimia il cui termine significa “fame da bue”, anche se la traduzione non è del tutto rappresentativa di ciò che accade, comporta per chi ne è affetto ingoiare con avidità grandi quantità di cibo, non per soddisfare un bisogno fisiologico, ma prevalentemente perché guidato da un desiderio inarrestabile. Desiderio che diventa travolgente al punto tale da portare la persona a mangiare qualunque cosa. Solo dopo essersi ingozzata, la persona si sente profondamente in colpa per non essere riuscita a controllarsi.
L’anoressia, invece, può essere definita “un cancro della mente”, rappresenta l’unico disturbo della mente che conduce alla morte, attraverso un processo graduale di astinenza alimentare che conduce al rifiuto del cibo. Nella maggioranza dei casi, l’anoressia evolve in altre forme di disturbo alimentare, quali il vomiting o il binge eating (caratterizzato dalla presenza di abbuffate che creano, la tendenza a compensare, attraverso un periodo di digiuno che si rileva mal riuscito, perché la persona finisce con il ricadere nell’abbuffata).
È molto difficile sapere cosa fare quando si sospetta che una persona cara possa avere un disturbo dell’alimentazione. Solitamente, chi ne è colpito tende a nascondere il problema o mostra un atteggiamento difensivo nei confronti delle proprie abitudini alimentari e del proprio peso, nega di star male.
Come aiutare le persone, i giovani in particolare, che ne soffrono?
La chiave è un intervento precocissimo. Si guarisce, si può tornare indietro ed è fondamentale cogliere i primi segnali di disagio. Il rapporto col cibo è la manifestazione di una sofferenza da non sottovalutare.
I disordini del comportamento alimentare, se non trattati con i tempi e con i modi adeguati, rischiano di diventare permanenti e compromettere seriamente la salute fisica, emotiva e psichica della persona.
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a cura di Michele Lucivero
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