“In Veneto stiamo assistendo a una vera e propria fuga di medici ospedalieri, 465 dimissioni nel 2019 contro le 81 del 2009, quintuplicate! Cosa ha intenzione di fare la Regione per stoppare questa emorragia? Le criticità denunciate sono numerose e non dai ieri: dai carichi di lavoro giudicati insostenibili agli stipendi, passando per le scarse opportunità di carriera fino al rischio sempre più frequente di subire aggressioni. Tutto ciò non può essere liquidato con un ‘dipende da Roma’, perché i numeri parlano esplicitamente di un caso veneto. Dobbiamo difendere la sanità pubblica”. A fare queste dichiarazioni e porsi questi interrogativi in un comunicato è Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito Democratico e vicepresidente della commissione Sanità, che ha anche presentato un’interrogazione, sottoscritta dalla vice capogruppo dem Vanessa Camani e dai colleghi Francesca Zottis e Andrea Zanoni, rivolta all’assessore Lanzarin e al presidente Zaia, per conoscere le intenzioni della Giunta.
“Secondo i dati di Anaao, nel 2019 il 5,9% dei medici ospedalieri ha rassegnato le dimissioni, il doppio della media nazionale che è 2,9%; solo le Marche con il 6,6% hanno fatto peggio, mentre in numero assoluto gli abbandoni sono stati 465, secondo posto dietro alla Lombardia con 494. La pandemia ha drammaticamente dimostrato quanto importante sia la sanità pubblica e, di conseguenza, l’urgenza di un cambio di rotta: sono necessarie assunzioni per ridurre i carichi di lavoro e devono essere aggiornate le retribuzioni e le opportunità di avanzamento di carriera, è il solo modo per fermare la fuga verso il privato. Inoltre vanno riviste le modalità di accesso ai corsi di laurea e di specializzazione, oltre al sistema di accesso alla professione. E anche la Regione deve fare la propria parte: chiamarsi fuori scaricando tutto sul Governo non è la risposta che si meritano i veneti”.