La Vicenza delle curiosità: i segreti di Antonio Pigafetta, la cui famiglia guelfa fiorentina nel 1000 arrivò a Vicenza col nome Della Rosa…

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Una donna, dal “multiforme ingegno” non solo per la sua ampia cultura ma anche per l’amore per il “girovagare”, anche, per Vicenza che la rende simile all’Ulisse viaggiatore, appunto, e “scopritore” di terre e popoli che Omero appellò, appunto, come “uomo dal multiforme ingegno”, ci ha consegnato una serie di scritti che ci hanno subito incuriosito.

Di Vicenza, dei suoi personaggi, delle sue zone e dei suoi fatti passati, ma con echi ancora nel presente, questi scritti ci e vi danno un quadro dipinto senza schemi rigidi ma con pennellate libere e rivelatrici di curiosità che sfuggono, spesso, ai tanti vicentini oltre che ai sempre più numerosi turisti che la città del Palladio può e deve richiamare, ma che si aggirano per i suoi quartieri e tra scritte e palazzi pieni di storia e di storie ignote ai più. Alcune di queste, quindi, ve le raccontiamo in ordine sparso e con libertà di racconto grazie a “Una vicentina curiosa“, così si firma qui la donna dal multiforme ingegno che ci ha incuriosito e, pensiamo, farà lo stesso con voi, che potreste non fare fatica a scoprire chi è navigando non sui mari ma, questa volta, sul web.

Una vicentina curiosa
Una vicentina curiosa

A cavallo del cinquecentenario del primo giro del mondo, un’impresa di Ferdinando Magellano ma condivisa e raccontata dal vicentino Antonio Pigafetta, navigatore e primo, forse, giornalista di cronaca della storia assurto alla fama per la sua penna, “La Vicenza delle curiosità” (a questo link troverete tutte le sue… curiosità a partire da questa di oggi, la prima, ndr) non poteva non partire dalle pennellate di “Una vicentina curiosa”, viaggiatrice e narratrice attenta i cui racconti “leggeri” ora vi affidiamo insieme ai suoi video “paralleli” che dovrebbero anche aiutarvi a scoprire chi è costei.

Il direttore

 

I segreti di Antonio Pigafetta

Antonio Pigafetta era una  persona molto riservata. Suo padre era rimasto vedovo e si era risposato con Angela, perciò matrigna di Antonio.

Ai tempi del Pigafetta (fine 1400, inizio 1500), la piazza all’epoca Piazza Maggiore, era gremita di bancarelle in cui si vendeva di tutto e avvenivano scambi. In Contrà Pescherie Vecchie si vendeva il pesce, in Contrà Muscheria i guanti e i profumi per coprire l’odore di pesce. In Piazza delle Poste c’erano i macellai e con la pelle degli animali venivano fatti i guanti. Per questo le attività  erano vicine.

Piazza Biade era la piazza dove si vendeva il vino e anche dove si vendevano le biade. L’architetto Formenton, prima di Palladio, aveva fatto il rivestimento delle casette longobarde sotto l’attuale Basilica, ma era crollato tutto.

I banditori venivano posizionati in Santa Barbara, Corso Fogazzaro e Piazza Castello.

Nel 1470 c’era stata la cacciata degli ebrei a Vicenza (e in tutto il territorio), che si trovavano nella zona dell’attuale bar Garibaldi. La causa di ciò fu il rapimento e uccisione di un bambino di nome Lorenzino a Marostica. La colpa fu data agli ebrei e per questo furono cacciati. I prestiti venivano da loro concessi al 17% e, dopo la cacciata degli ebrei, fu istituito il Monte di Pietà per elargire denaro e depositare i pegni. Il tasso dapprima era zero, poi crebbe al 4%.

C’erano molte stamperie di libri in Piazza e sembra che Pigafetta leggesse molto. Al tempo costavano tantissimo, 20 ducati, e le stamperie erano a Ponte San Paolo e Ponte Pusterla. In Contrà Burci arrivavano le navi che solcavano il fiume ed erano piatte per trasportare la merce e che si chiamavano burchietti (da cui Burci)

Dopo il suo viaggio intorno al mondo con Ferdinando Magellano, sembra  che Antonio Pigafetta sia andato a Milano a presentare il suo diario di bordo.

Non si sa molto di cosa sia successo dopo, essendo una persona molto riservata. Non si sa nemmeno esattamente dove sia stato sepolto. Il suo libro era pronto per essere divulgato, ma Antonio morì prima.

In via Pigafetta, già Contrà della Luna perché lì c’era la storica Osteria della Luna, la sua casa è la prima che si incontra venendo da Ponte San Paolo, la più semplice, quella senza targa.

Si ipotizza che prima Antonio Pigafetta abitasse in Contrà Santa Barbara perché sua madre Lucia, seconda moglie di Giovanni, padre di Antonio, aveva proprietà lì.

I Pigafetta erano fiorentini, che, nell’anno 1000, arrivarono a Vicenza con il nome di Della Rosa, ed erano guelfi. Infatti nella casa in via Pigafetta ci sono rose e iscrizioni.

Poi si chiamarono Pigafetta (che deriva da fede).

All’epoca di Antonio, c’erano delle lotte tra i fratelli (Matteo, Antonio e Giovanni) per il vicino Ponte San Paolo dove arrivavano le merci e per il mulino grazie al quale veniva costruita la carta per i libri.

A Pigafetta è intitolato il Liceo Classico che si trova a San Marcello, ex ospedale per orfani abbandonati, donne sole e bisognose e, quindi, non per cure mediche.

I neonati orfani o abbandonati venivano allattati dalle balie, lavandaie della Seriola (ora interrata). Da qui il nome della strada “il Ponte delle Bele”. La terza moglie del padre di Antonio Pigafetta, Angela, non ebbe figli e, alla morte del marito, si ritirò lì, a San Marcello, e per una serie di parentele lasciò poi tutto in eredità ai Conti Capra della Rotonda.

Francesco Chiericati era ambasciatore in Spagna. Poiché esisteva un libro che parlava di viaggi a casa dei Pigafetta, Antonio Pigafetta, già Cavaliere di Malta, chiese a Francesco se poteva accompagnarlo in Spagna, alla corte di Carlo V. Lì incontrò Magellano che voleva una guardia del corpo, non spagnola, perché lui era portoghese e all’epoca Spagna e Portogallo erano in conflitto. Aveva bisogno di essere protetto, perché era un uomo violento e inviso agli spagnoli.

Pigafetta non si sa se sia stato sepolto a San Michele o se sia stato sepolto in Grecia.

I suoi parenti: Eleonoro Pigafetta era un assassino, la quarantenne Angelica Pigafetta Piovene, vedova con un figlio ed eretica, si mise  con un servitore/aiutante di 17 anni e scappò con lui per non essere rinchiusa per eresia ma morì prima di arrivare in Svizzera; Filippo Pigafetta fu cronista all’inaugurazione del teatro Olimpico.

Il libro di Antonio, dopo varie peregrinazioni e tentativi falliti, fu pubblicato dai veneziani che ne tennero i diritti per 20 anni.

Luigi da Porto è collegato a Antonio Pigafetta perché prima di morire a 43 anni scrisse La tempesta, ispirata al viaggio del grande Antonio, suo concittadino.

Scrisse anche “Giulietta e Romeo”, poi fregatagli da Shakespeare, che parla della sua sfortunata storia d’amore con Lucia Savognan della Torre. Si conobbero a una  festa di carnevale e si innamorarono. Ma, poco tempo dopo, ci fu una battaglia tra le due famiglie rivali: Savognan della Torre e Savognan del Monte e Luigi rimase gravemente ferito e paralizzato alla parte sinistra del corpo.

Questa lotta continuò nel tempo, finché la Serenissima Repubblica di Venezia mise fine al conflitto, imponendo a Lucia di sposare Francesco Savognan del Monte.

Questo portò alla fine di un grande amore e all’infelicità di Luigi e di Lucia.

Filippo Pigafetta, parente di Antonio e cugino di Chiericati, era un militare che combatté nei Balcani a servizio della Santa sede (al tempo di papa Paolo III), creò relazioni tra Vicenza e il Mediterraneo.  Era legato a Filippo II di Spagna e al papa, era una spia che carpiva informazioni dall’Inghilterra di Elisabetta per fornirle al re di Spagna.

A Vicenza nella seconda metà del 1500, vi erano i filo- spagnoli, fra cui Filippo, e i filo-francesi. Filippo Pigafetta era un erudito, cartografo, poliglotta (conosceva il greco antico, la lingua ebraica, spagnolo e inglese), amante dell’arte, militare, commerciante di spezie e spia consapevole.

Sua era l’idea di costruire il Canale di Suez che avrebbe cambiato il commercio dell’epoca.

Savoian era un architetto militare suo amico che costruì 90 fortezze, Contarini era un nobile veneziano, amico di Filippo anch’egli. Sembra che il Pigafetta abbia anche conosciuto Galileo Galilei, tramite il nobile Contarini. Fra le sue amicizie si annoverano  anche Vincenzo Scrofa, che ha comperato a Vicenza l’intero quartiere che tuttora porta il suo nome e l’altare di Monte Berico, e Antonio Maria Racona, che si occupava del commercio in accordo con la Spagna che era in lotta con il Portogallo per il commercio delle spezie.

Vicenza era al tempo una città con apertura mentale e forti strategie commerciali. Al governo erano presenti i calvinisti e i cattolici, i filo francesi e i filo spagnoli. C’era molta tolleranza e si visse un periodo ricco, furono costruite ville,  palazzi e la Basilica Palladiana. In quell’epoca la città di Vicenza non era una città di provincia, anzi: era piena di vitalità economica (settore tessile), popolosa, amante della cultura. Era addirittura più popolosa di Padova. L’apertura mentale era anche dovuta al fatto che i figli dei nobili andavano a fare i paggi nelle varie corti europee. Si pensi che Giulio Trissino, figlio di Giangiorgio mecenate di Palladio, era il cameriere del papa.

Purtroppo dal 1600, probabilmente a causa della peste che dimezzò la popolazione e la città che si riprese 200 anni dopo, Vicenza si spense diventando una città di  provincia.

E di peste ve ne parlerò a breve…