“Quella di oggi è una giornata importante per l’Italia perché, con l’avvio a livello nazionale della procedura referendaria sui temi della giustizia, si vuole dare avvio a una stagione nuova nel complesso rapporto tra cittadini e magistratura. E anche i Consigli regionali, ai quali la Carta costituzionale riconosce un ruolo decisivo in questo senso, possono fare la propria parte”. Così in un comunicato il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti (Lega) che, con i Capigruppo Alberto Villanova (Zaia Presidente) e Giuseppe Pan (Liga Veneta), ha depositato a palazzo Ferro Fini sei Proposte di Deliberazione Amministrativa per sottoporre all’attenzione dell’Aula altrettante proposte referendarie in materia di giustizia, quelle per le quali a livello nazionale sta iniziando la raccolta firme tra i cittadini. Il meccanismo referendario disciplinato dalla Costituzione prevede, infatti, che i referendum popolari abrogativi possano essere proposti da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali, demandando alla Legge nazionale di individuare l’iter di presentazione da parte delle Assemblee legislative regionali finalizzato al successivo giudizio di ammissibilità.
“Cosa si intende chiedere con i sei referendum? Senza indulgere in eccessivi tecnicismi – spiegano i tre firmatari delle sei PDA – i quesiti mirano alla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, a sancire la responsabilità diretta dei magistrati, all’equa valutazione dei magistrati, alla separazione delle carriere, a limitare gli abusi legati alla custodia cautelare e all’abolizione del decreto Severino, sul tema degli automatismi tra condanne per determinati tipi di reati e incandidabilità. I sei quesiti intendono dare una scossa al rapporto tra gli italiani e la giustizia, mirano a coinvolgere i cittadini, troppo spesso lasciati ai margini del dibattito che in questi anni è rimasto confinato soprattutto tra le stanze del potere, e a restituire al corpo elettorale un ruolo decisivo su materie a proposito delle quali il Parlamento e i governi nazionali, negli ultimi vent’anni non sono riusciti ad imprimere una svolta”.
“Anche a livello nazionale – concludono i tre esponenti della maggioranza – si parla, a proposito degli scopi perseguiti con i sei quesiti referendari, di ‘rivoluzione pacifica’, e così deve essere: la spinta ‘dal basso’ da parte dei cittadini non potrà che favorire i processi di riforma proposti da Draghi e Cartabia, cercando di restituire all’Italia un sistema giudiziario più efficiente rispetto al passato, che sappia ovviare alle distorsioni e ai personalismi di alcuni magistrati che hanno caratterizzato una stagione giudiziaria, quella più recente, ormai al tramonto, che va superata e consegnata quanto prima all’analisi degli storici”.