Acqua, Aduc: è stata sempre pubblica ma consumi e perdite sono al top in Europa

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Acqua bene comune
Acqua bene comune

L’acqua deve essere pubblica“. E’ uno slogan cha abbiamo sentito e che ha portato al referendum indetto 10 anni fa. Preoccupati che la proprietà dell’acqua finisse in mani private, magari delle multinazionali, i cittadini accorsero in massa alle urne.

C’è un aspetto che occorre non trascurare: l’acqua è pubblica e non può essere privata. Lo stabilisce un Decreto Regio del 1933, che testualmente recita: “Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali”. Eppure, ancor oggi si risente lo slogan “L’acqua deve essere pubblica”.

Cerchiamo di capire.

Con 9,2 miliardi di metri cubi, l’Italia detiene il primato nella Unione europea  del volume di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei. Il consumo d’acqua pro-capite vede l’Italia al primo posto in Europa con valori estremamente variabili sul territorio nazionale che spaziano da 150 a 400 litri al giorno. Per quanto riguarda l’origine delle acque utilizzate in Italia quasi i tre quarti derivano da laghi e fiumi ed un quarto da risorse sotterranee. Per la destinazione d’uso delle risorse idriche a livello nazionale, il settore agricolo utilizza il 60% dell’intera richiesta di acqua, il settore energetico e industriale il 25% e gli usi civili il 15%. Nello specifico, l’84,8% del prelievo nazionale di acqua per uso potabile deriva da acque sotterranee,

il 15,1% da acque superficiali. Il dato preoccupante riguarda le perdite delle reti di distribuzione che, purtroppo, fa rilevare un tasso di circa il 40 per cento, sia per l’uso potabile che per quello irriguo. Sebbene le perdite siano restituite al ciclo idrologico, sono da considerare l’effetto negativo locale di un eccessivo sfruttamento della risorsa, causato dalla necessità di sopperire ad un alto tasso di perdite, nonché sul danno economico che il fenomeno determina (Istat, Ispra).

Insomma, di fronte a un  imponente prelievo idrico corre parallela una altrettanto imponente perdita della rete di distribuzione dovuta ad una cattiva gestione pubblica, considerato che il 97% delle imprese del settore sono pubbliche o a controllo pubblico e, a differenza di quanto affermato negli slogan, l’acqua era e rimane pubblica ma è la norma sulla gestione, che poteva essere affidata a privati con gara di evidenza pubblica, che fu oggetto del referendum abrogativo.

I sostenitori della gestione al privato sostengono che si eliminerebbero monopoli e inefficienze, il che porterebbe a una diminuzione dei prezzi, mentre i difensori della gestione tutta pubblica ritengono, invece, che la logica del profitto indurrebbe le imprese a fornire acqua a prezzi maggiori.

La soluzione potrebbe essere quella della regolamentazione pubblica dei prezzi, con lo Stato che indice gare, il privato che esegue e lo Stato che controlla.

Certo è che l’attuale sistema produce danni economici e ambientali.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc

Associazione per i diritti degli utenti e consumatori

URL: http://www.aduc.it