“Tutto va bene, madama la marchesa”, ma intanto i soci risparmiatori hanno perso nell’ultimo decennio 70 miliardi, le banche solo 13 per il FITD

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Abi (Associazione Bancaria Italiana)
Abi (Associazione Bancaria Italiana)
Le banche italiane hanno “una buona capitalizzazione” e non serve l’ingresso del Tesoro per ripatrimonializzare gli istituti di credito. Era il 28 ottobre 2008, appena sei settimane dopo il collasso di Lehman Brothers, e l’allora presidente dell’Abi, Corrado Faissola, rassicurava così la commissione Finanze del Senato che lo ascoltava sulla crisi dei mercati finanziari. Peccato che tra il 2012 e il 2013 esplodessero le crisi di Carige e Mps. Il 22 gennaio 2015 Matteo Renzi, intervistato dal direttore del Sole 24 Ore, dichiarava che “il sistema” bancario “è molto più solido di quello che legittimamente alcuni investitori temono”. Eppure di lì ad appena dieci mesi il governo Renzi mandava in risoluzione Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. Sempre sicuro di sé, nonostante la strage di piccoli investitori che si era appena consumata, il 22 gennaio 2016 Renzi suonava ancora sulla grancassa del Sole affermando che “Mps è risanata, ora investire è un affare”. Com’è andata a finire lo stiamo vedendo. La crisi del settore del credito per lorsignori non c’è mai stata: ogni volta che salta una banca si tratta di “mele marce”. Ma se si mettono in fila tutti i crac degli istituti di credito avvenuti dal 2001 a oggi il conto è di almeno 70 miliardi (e potrebbe salire ancora) e la distruzione di valore, tra azionisti e obbligazionisti subordinati, ha colpito oltre un milione di famiglie e piccole imprese.L’elenco inizia col collasso del 2001 di BiPop Carire, costato 6,5 miliardi, e prosegue nel 2006 con il buco da 1,4 miliardi di Banca Italease. Nel 2012 comincia a emergere il dissesto di Carige, per un rosso che a oggi è già salito a 5,2 miliardi. Sono finite in ginocchio non solo le quattro banche “risolte” a novembre 2015 (4 miliardi azzerati), ma a dicembre 2016 anche Mps (il cui conto è già a 32 miliardi), poi a giugno 2017 Popolare di Vicenza e Veneto Banca (18,9 miliardi in fumo), a dicembre 2019 Popolare di Bari (1,5 miliardi). La crisi in precedenza ha colpito Popolare Orvieto e Tercas, a ottobre 2017 ha portato le Casse di Cesena, Rimini e San Miniato in mano a Crédit Agricole e a luglio dell’anno scorso Ubi a venire conquistata da Intesa Sanpaolo, ha fatto emergere l’illiquidità delle azioni non quotate di altre piccole banche, impossibili da vendere: quelle delle Popolari di Ragusa, del Lazio, del Frusinate, di Puglia e Basilicata e Pugliese.D’altronde, in base ai calcoli di R&S Mediobanca, tra il 2008 e fine 2018 per salvarsi le banche italiane hanno raccolto 74 miliardi con gli aumenti di capitale – su tutte UniCredit, 27,5 miliardi, e Mps 24,3, già bruciati – e altri 60 vendendo bond subordinati anche a ignare vecchiette. Operazioni servite a coprire svalutazioni di avviamenti per 50 miliardi e rettifiche sui crediti vicine a 180 miliardi.Eppure da Palazzo Altieri, sede romana dell’Associazione bancaria italiana, in tutti questi anni non è mai arrivata non solo un’autocritica, ma nemmeno l’ammissione della crisi di settore. Semmai, a ogni istituto commissariato, liquidato o salvato dallo Stato, l’associazione ripeteva che si era trattato di singole “mele marce”. Poco importa se, anno dopo anno, nel cesto i frutti da scartare continuavano ad aumentare.

D’altronde il 15 luglio 2010 il consiglio dell’Abi aveva eletto all’unanimità alla presidenza Giuseppe Mussari, fresco di addio a Mps, e l’aveva riconfermato, sempre all’unanimità, il 20 giugno 2012. Di lì a pochi mesi, il 22 gennaio 2013, la scoperta del derivato Alexandria costringeva però a repentine dimissioni l’avvocato senese caro al Pd. Il 31 gennaio successivo i banchieri lo sostituivano in fretta e furia con Antonio Patuelli, che a luglio scorso per la quarta volta è stato riconfermato numero uno dell’associazione. Ancora il 5 febbraio dell’anno scorso, quand’era fresca la botta di Popolare di Bari, al corso di alta formazione per gli amministratori e gli organi di controllo delle banche Patuelli faceva registrare la sua “forte indignazione” per gli scandali: “Siamo parte civile morale. Ogni crisi bancaria in più che arriva, io accentuo due elementi: etica e rigore. Li accentuo in quello che può fare un’associazione privata senza compiti di vigilanza”. Patuelli dichiarava di “provare fastidio” per i 13 miliardi che le banche italiane hanno erogato al Fondo interbancario per “salvare le concorrenti”. Dall’Abi non risultano però lamenti per gli aiuti di Stato erogati a Mps e Bari. Se il presidente dei banchieri è infastidito perché le banche hanno versato 13 miliardi, chissà cosa prova il milione di italiani che ha già visto bruciare 70 miliardi dei suoi risparmi.

Fonte Il Fatto Quotidiano, di N.B.