Le persone che vivono in povertà assoluta in Italia superano i 5 milioni nel 2017. E’ il valore più alto registrato dall’Istat dall’inizio delle serie storiche, nel 2005. Le famiglie in povertà assoluta sono stimate in 1 milione e 778mila e vi vivono 5 milioni e 58 mila individui. L’incidenza della povertà assoluta è del 6,9% per le famiglie (era 6,3% nel 2016) e dell’8,4% per gli individui (da 7,9%). Entrambi i valori sono i più alti della serie storica (nella foto poveri in attesa davanti alla Caritas di Vicenza).
L’aumento della povertà assoluta colpisce soprattutto il Mezzogiorno dove vive in questa condizione oltre uno su dieci. L’incidenza stimata dall’Istat, nel Sud Italia, sale da 8,5% nel 2016 a 10,3% nel 2017, per le famiglie, e da 9,8% a 11,4% per gli individui. Il peggioramento riguarda soprattutto chi vive nelle città principali, i comuni centro di area metropolitana, (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni di minori dimensioni, fino a 50 mila abitanti (da 7,8% a 9,8%).
In Italia vivono in povertà assoluta 1 milione e 208 mila minori nel 2017. L’Istat stima un’incidenza al 12,1% (era 12,5% nel 2016). Il rischio di povertà cresce all’aumentare dei figli minori presenti in famiglia: l’incidenza si attesta al 10,5% tra le famiglie con almeno un figlio e raggiunge il 20,9% tra quelle con tre o più figli.
Questi sono i “grandiosi” risultati ottenuti dal capitalismo trionfante. Da troppi anni non esiste alternativa al potere di “lorsignori” e non esiste opposizione in parlamento. O, meglio, a volte si palesa ma è falsa. Non chiede un cambiamento reale, “di sistema”. Si fomenta la paura e l’odio contro l’immigrato che “ci ruba il lavoro” (dicono), si afferma che lo stato sociale e i diritti di chi vive del proprio lavoro “costano troppo”, si devono contenere i costi per essere “competitivi” e allora si danno incentivi e finanziamenti alle imprese e si tolgono investimenti per la ricerca, l’innovazione, la sicurezza del e nel lavoro. Rendiamocene conto, l’aumento della povertà non c’è perché arrivano i migranti con i barconi; e perché il lavoro in Italia costa troppo o perché le tasse sono alte. No. E’ il risultato di politiche dissennate, della dismissione della ricchezza dello stato a favore dei privati, del trasferimento di investimenti e capitali dal lavoro alla speculazione, delle truffe bancarie, dell’austerità imposta dalla UE, delle spese militari che sono fuori da qualsiasi logica, delle delocalizzazioni permesse e incentivate, dell’evasione e della corruzione (anch’esse permesse e tollerate) … in poche parole è il risultato che il sistema capitalista ha sempre perseguito e che oggi può ottenere grazie la frammentazione e la debolezza di chi dissente e non è più nelle istituzioni.
Il costo della crisi è stato pagato con la crescente povertà di nilioni di persone e con l’aumento della ricchezza di pochi.
Ribelliamoci.