Antonio Pigafetta, cronista vicentino della circumnavigazione del globo: a 500 anni nuovo resoconto in copertina su Il Sole 24 Ore

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Antonio Pigafetta padova
Antonio Pigafetta, il cronista di Ferdinando Magellano (immagine da Cloudridge.org)

Nel quinto centenario della circumnavigazione del globo di Magellano, esce una nuova edizione del resoconto del navigatore vicentino che partecipò e sopravvisse all’impresa, e fu in grado di raccontarla con efficacia e vivacità. Su questo racconto e su questo personaggio si dipana la copertina del Sole 24 Ore della Domenica, affidata alla brillante firma di Luigi Sampietro.
Molte sono le versioni, riedizioni o rifacimenti della “Relazione del primo viaggio intorno al mondo” di Antonio Pigafetta che parlano di «diverse persone et le grandi e stupende cose del mare Oceàno», e grazie al resoconto di quella formidabile impresa (la «più superba odissea della storia dell’umanità» la definì Stefan Zweig, biografo di Magellano), l’Europa comprese sul serio le dimensioni del mondo.

Imbarcatosi a Siviglia con il nome di Antonio Lombardo su una delle cinque caracche di Magellano in procinto di partire «verso l’ignoto» e «dar la volta al mondo» navigando verso Occidente, Pigafetta ci ha lasciato appunto un resoconto, ma che è, in realtà, solo un canovaccio. Scritto in lingua italiana, con numerose forme dialettali e qualche parola spagnola, e con l’ortografia assai comune agli scrittori veneti non molto colti della prima metà del secolo XVI, fu immediatamente stampato in francese, tradotto in tedesco e spagnolo, ritradotto in italiano, e poi pubblicato in inglese (1555) in una versione tratta dalla prima edizione della raccolta “Navigationi et viaggi” (1550) di Giovanni Battista Ramusio.
Poco si sa, nell’insieme, della vita di Pigafetta e si ignora anche che fine abbia fatto il suo manoscritto. All’inizio dell’800, però, un benemerito topo di biblioteca, Carlo Amoretti – prima agostiniano e poi prete secolare, poligrafo e accademico di formazione enciclopedista – scovò in un andito della Biblioteca Ambrosiana di Milano uno scartafaccio che diede alle stampe. Non è l’originale ma è il testo più antico e affidabile che ci sia pervenuto. Sfortunatamente l’Amoretti ne ha fatto una riduzione «in buona ma non ricercata lingua italiana», senza talvolta capire le forme dialettali venete e i termini tecnici. Fu quindi Andrea Da Mosto, direttore dell’Archivio di Stato di Venezia, a curare, nel 1894, una edizione critica intitolata Il primo viaggio intorno al globo di Antonio Pigafetta e le sue regole sull’arte del navigare, che è alla base del volume messo insieme nel 1928 da Camillo Manfroni per le Edizioni Alpes di Milano, e ripreso di recente, in occasione del 500° anniversario dei tre anni di navigazione della spedizione di Magellano (1519-22), dalle Edizioni Ghibli di Milano. Pigafetta è uno scrupoloso documentarista che descrive quel che vede – fiori, frutti e animali sconosciuti in Europa – e che trascrive in un glossario le poche parole necessarie per comunicare con i nativi; ma è anche un inviato speciale ante litteram. Raccoglie informazioni sui costumi delle popolazioni che incontra, – dal Brasile alla Terra del Fuoco e dalle Filippine alle Molucche -, e quando riferisce, per esempio, delle fanciulle che ingravidano per effetto del vento, o degli uccelli di Giava che trasportano bufali ed elefanti sulla cima degli alberi; o, ancora, delle donne della Malesia che hanno orecchie tanto grandi da coprire l’intero corpo, cita sempre la fonte – l’interprete, il pilota o i nativi del luogo – e si avvale di formule generiche come: «ci dissero, mi raccontarono» e simili . Dopo tre anni di perigliosa navigazione, solo una delle cinque caracche, seppur malconcia e rappezzata, fece ritorno a Siviglia. Aveva un carico di 26 tonnellate di spezie. Una fortuna, se è vero – come si legge – che il pepe valeva all’epoca più dell’argento e che con un sacchetto di nemmeno una libbra ci si comprava una casa. Della variopinta ciurma di 256 uomini partiti dalla Spagna solo 19 sopravvissero. E tra questi, per nostra fortuna, Antonio Pigafetta, che pure, mesi addietro, aveva rischiato di perire tra i flutti: «Andai a bordo della nave per pescare, ma me slizegarono [scivolarono] li piedi sopra una antenna, perché era piovesto [piovuto], e così cascai nel mare che niuno me vide». Riuscì comunque a mettersi in salvo, il nostro autore, e nel rendere omaggio al suo resoconto, secoli dopo, lo scrittore colombiano Gabriel García Márquez gli ha addirittura attribuito la patente di padre de «lo real maravilloso de Hispanoamérica».