Quello di “libertà” è un concetto che, più di ogni altro, si presta a diversi significati, buoni per ogni occasione e suscettibili di essere invocati (molto spesso a vanvera) a sostegno di quasi tutto e di qualsiasi idea. Di conseguenza, libertà è una parola troppo spesso abusata, che finisce per denotare il pressapochismo culturale di quanti la invocano anche per giustificare ogni tipo di aspirazione alla sopraffazione dei diritti altrui.
Non sembra, quindi, inutile, una riflessione (pur modesta, in questo limitato contesto di spazio espositivo) per tentare uno sforzo chiarificatore che valga a rendere possibile un più appropriato uso di questa locuzione, la cui portata è stata oggetto di diatribe fin dall’antichità per i suoi diversi ambiti di riferimento: per quello fisico, quello politico, economico, religioso, di pensiero ecc.
In linea di massima, per libertà si intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, di esprimersi e di agire senza costrizioni esterne e unicamente per propria libera scelta. Ma qui, volendo riferirmi alla libertà invocata da coloro che hanno deciso di non vaccinarsi e che contestano l’obbligo di esibire il green pass, credo che, nell’ambito della molteplicità delle diverse e possibili accezioni semantiche di tale vocabolo, sia più appropriato e pertinente il riferimento alla cd libertà personale.
Nel diritto costituzionale di ogni moderno Stato di diritto (Italia compresa), essa viene descritta come la possibilità di disporre, in via esclusiva, del proprio essere fisico. Una libertà, dunque, con significato negativo (come assenza di sottomissione e costrizione), ma anche positivo (con riferimento all’autonoma determinazione del cittadino). Ma la libertà personale non può essere confusa con un presunto diritto di fare sempre ciò che si vuole, senza limiti esterni, perché, essendo tutti i cittadini, come ognuno di noi, portatori di altrettante libertà personali, la civile e pacifica convivenza collettiva è resa possibile dal rispetto delle regole comuni e delle libertà personali altrui, nonchè di quella necessariamente attribuibile alla comunità alla quale si appartiene, per il solo fatto di essere deputata all’organizzazione sociale. Un tradizionale e saggio insegnamento è che “la nostra libertà (quella personale NDR) finisce dove comincia la libertà di un altro”
Ed è questa la ragione per la quale tutte le libertà (non solo quelle personali) devono essere compresse se collidono con i principi dell’ordinamento dello Stato o con interessi collettivi o con quelle personali degli altri cittadini.
E’ in questo quadro di riferimento, necessariamente sommario, che deve essere evidenziata l’assurdità dell’invocazione di una non meglio precisata libertà (si suppone, quella personale, appunto) per giustificare le persistenti diffuse resistenze di alcuni cittadini (spesso organizzati in gruppi contestatori) a sottoporsi alla vaccinazione contro il COVID 19 (non resa obbligatoria per legge, ma fortemente suggerita dallo Stato italiano per combattere il dilagare della pandemia).
Posso anche comprendere le perplessità di coloro che hanno paura degli effetti collaterali che la vaccinazione potrebbe comportare, ma non riesco proprio a capire come possa la loro resistenza essere spiegata con un’asserita lesione della loro libertà personale.
Non sono un virologo e non ho alcuna cognizione di questa materia specialistica, né intendo ricercarla. Ho, quindi, accolto l’invito a vaccinarmi non per autonoma determinazione ma solo per la fiducia nelle istituzioni e per senso del dovere e di rispetto verso gli altri. Non ho, dunque, alcun titolo per contraddire, sul piano tecnico-scientifico, i convincimenti altrui.
La mia convinta posizione critica sull’orientamento no vax si riferisce solo alle improprie e mistificatorie invocazioni di libertà perché, se è pur lecito che ognuno la pensi come crede e tenti altresì di convincere gli altri, non è certo lecito che la libertà (personale) di alcuni prevalga su quella (sempre personale) degli altri.
Un esempio chiarirà meglio il concetto: frequento quotidianamente un’ottima palestra che, in ossequio ad una disposizione normativa cogente, impone ai suoi iscritti e frequentatori l’esibizione del certificato verde. In una situazione come questa coesistono tre libertà: 1) quella mia, di entrare in palestra esibendo il certificato (con l’aspettativa che altrettanto facciano gli altri, per ridurre il rischio di diffusione dell’infezione 2) quella dell’ ipotetico no vax, di entrare senza l’obbligo di esibizione (disinteressandosi delle preoccupazioni degli altri); 3) quella del gestore della palestra, di svolgere il proprio lavoro, fonte del suo guadagno, senza rischiare di pagare le sanzioni per inosservanza dell’obbligo del controllo del certificato.
Perché mai la mia libertà (di svolgere attività motoria in un luogo chiuso, ma sicuro) dovrebbe cedere a quella di chi pretende di bypassare le regole, senza rispettare i problemi sanitari temuti dagli altri?
E’, quindi, agevole rispondere che quel tale individuo, pur libero di continuare a pensarla secondo i suoi personali convincimenti, dovrebbe – lui – scegliere se rimanere fuori (non vaccinandosi) oppure rientrare (vaccinandosi o dimostrando di non essere infetto).
Siamo nel pieno di una emergenza sanitaria nazionale, annunciata anche per legge: cosa c’entra la libertà?