La Vicenza del passato. La Venetia mai provincia di Roma e Vicenza è “passata” da villaggio a urbs, da “oppidulum” a “municipium”

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La ricostruzione della pavimentazione della Via Postumia
La ricostruzione della pavimentazione della Via Postumia

La Venetia non è mai stata una provincia di Roma perché non è stata conquistata militarmente (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, ndr). È stata provincia, invece, la Gallia Cisalpina che confinava a ovest con il territorio veneto e lì sì che i Romani hanno dovuto usare le armi. Con i Veneti no, perché c’è sempre stata alleanza e se ne sono avvantaggiate entrambe le parti: i Veneti perché hanno avuto la protezione delle armate alleate contro vicini piuttosto invadenti (Galli, Reti), i Romani perché – grazie all’enclave veneta nella pianura padana – hanno potuto concentrarsi sull’espansione in territori ostili (primo lancio il 7 ottobre, aggiornamento del 9 ottobre, ndr).

La piccola Vicenza riceve tutti i benefici che le arrivano dall’alleanza: pace, sviluppo, ricchezza e autonomia. Furbi e bravi i Romani con la loro strategia di impossessamento a lungo termine: ci mettono quasi due secoli a incamerare il Veneto nel territorio della Repubblica prima e dell’Impero poi. E quando si tratta di perdere davvero l’indipendenza, ai Veneti va bene così e nessuno ha niente da dire. Giulio Cesare li fa diventare “civites” romani a metà del I secolo e un sano pragmatismo prevale sulla perdita di un’identità millenaria.

Vicenza è lungo la Via Postumia, opera pubblica regalata da Roma giusto un secolo prima ma non senza tornaconto, visto che è una strada costruita per scopi militari, per far transitare le legioni negli spostamenti lungo l’asse centrale della pianura. Ma, ovviamente, serve anche ai centri urbani il suo percorso per l’import-export. Per proteggere la via consolare, poi, i romani centuriano le campagne ai suoi lati, il che significa disboscamento, bonifica, irrigazione di territori prima selvatici e anche fortificazione delle città.

Vicenza si trasforma un po’ alla volta da villaggio di case di legno in “urbs” con cinta muraria, edifici pubblici, foro, ville. Resterà sempre un “oppidulum” (Vitruvio), un “municipium dalle modiche vires” (Tacito) ma questa era la dimensione-tipo delle città dell’epoca.

Il centro cresce, aumenta la popolazione, l’economia non è solo quella “intra moenia” perché anche il territorio fa affluire i suoi prodotti e i commerci s’indirizzano verso e provengono dai centri vicini ma anche che da paesi lontani. I soldi ci sono nelle tasche dei vicentini, che non devono pagare tasse a Roma (almeno finchè non arriva la piena cittadinanza con i relativi onori e oneri) e che sono “padroni a casa loro”. Sembra che l’unico incombente sia contribuire con proprie truppe alle imprese belliche dell’alleato.

Il benessere si deduce dalle ville di cui si è trovata traccia sotto i palazzi del Centro Storico, case da ricchi di dimensioni ragguardevoli, abbellite da criptoportici e decorate con mosaici.

Si vive bene a Vicetia, la pace regna e gli unici problemi sono quelli con le città confinanti per la violazione dei “fines”, dei confini. E allora ci si appella a Roma affinché faccia da arbitro. Si vive bene anche perché Roma lascia vivere: conferma le magistrature preesistenti, rispetta l’urbanistica originale, concede libertà di culto e di cultura. Il santuario della dea Reitia, in pieno centro e confinante con il tratto urbano della Postumia, è ancora attivo nel I secolo avanti Cristo. Non ha solo funzioni religiose perché ospita anche una scuola di scrittura

Una visione satellitare di Google Maps di Corso Palladio, il tratto urbano della Via Postumia
Una visione satellitare di Google Maps di Corso Palladio, il tratto urbano della Via Postumia

Le fonti non riferiscono su natura e qualità dei rapporti interetnici fra vicentini e romani. Erano morfologicamente piuttosto diversi: i Veneti (riferisce Strabone) “d’ordinario di statura alta e robusta e ben proporzionata, … biondi i capelli, ma presto canuti e radi”. I Romani erano invece piuttosto bassi e scuri. Ma l’integrazione non dev’essere stata un problema, la contaminazione c’era già stata in passato con altri popoli (celti, etruschi) e anche quella con i Romani non dev’essere stata mai traumatica.

Le condizioni sono quindi le migliori quando, nel 49 avanti Cristo, Vicenza diventa ufficialmente una città romana.

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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.