Binari abbandonati, ma forse non per sempre: la linea degli Aurunci Sparanise-Gaeta

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Il percorso della linea degli Aurunci (via National Geographic Map).
Il percorso della linea degli Aurunci (via National Geographic Map).

Ci si abitua facilmente alle comodità e, oggi, per i napoletani sarebbe impossibile pensare di raggiungere il Lazio attraverso continui cambi di treno, non solo perché è altissimo il numero di persone che guida e possiede un’automobile, ma anche e soprattutto grazie alla rapidità della direttissima Napoli-Roma che consente un collegamento quotidiano praticamente immediato.

Quando tutto questo era poco più che un sogno fantascientifico, però, c’era la linea degli Aurunci ad unire il casertano con Gaeta e a fare da ponte.

Meno di un secolo di attività – La ferrovia Sparanise-Gaeta è stata inaugurata, dopo due anni di lavori, nel 1892: la sua realizzazione si inserì nell’ambito di quella rete di ferrovie complementari volute dalla Sinistra storica e dal Ministro Alfredo Baccarini, ma il suo fine era anche strategico a livello militare; non bisogna dimenticare, infatti, l’importante ruolo del tempo della fortezza di Gaeta, che necessitava di continuo approvvigionamento di materiali.

Inizialmente, le alternative prese in considerazione per questo collegamento erano state due: un progetto più economico che attraversava la pianura costiera passando per zone che, però, all’epoca erano piuttosto paludose ed una seconda idea che, invece, prevedeva di attraversare la Ciociaria, raccogliendo molti più centri abitati anche se tramite un percorso più tortuoso. Con Pio IX (1846) si decise di seguire l’itinerario interno, cominciando la Roma-Napoli via Cassino che venne inaugurata nel 1865. A questo punto, alzarono la voce istituzioni locali e cittadini che necessitavano di un collegamento con il territorio costiero alternativo alla Via Appia. È da qui comincia, di fatto, la storia di questa ferrovia.

Nota fra il popolo anche come “linea degli Aurunci”, nei suoi circa 59,2 chilometri di percorso toccava diverse città, come Teano, Carinola, Sessa Aurunca, Minturno e Formia, assumendo anche un importante ruolo a livello commerciale: a Gaeta, infatti, oltre ad una rimessa e ad una piattaforma girevole per l’inversione di marcia delle locomotive, era presente un intero fascio di binari utilizzato soltanto per il trasporto merci.

Viadotto del Pontone. Credits: pagina Facebook "Come eri bella Formia":
Viadotto del Pontone. Credits: pagina Facebook “Come eri bella Formia”.

La Sparanise-Gaeta si strutturava attraverso un binario singolo e superava agevolmente i dislivelli presenti sull’itinerario grazie alle opere edili correlate che vennero portate avanti nel frangente della sua costruzione, tra cui l’imponente Viadotto del Pontone (detto “i 25 Ponti”).

Inserita nella Rete Mediterranea, la linea prevedeva inizialmente tre corse giornaliere (poi aumentate a quattro) della durata di circa 3 ore; con il passaggio, nel 1905, alle Ferrovie dello Stato, la sua importanza crebbe sempre di più: dopo l’inaugurazione del primo tratto della direttissima Roma-Napoli (1922), infatti, si scoprì che l’itinerario provvisorio Roma-Formia-Sparanise-Caserta era persino più veloce dell’altro! Ma questa piccola “conquista” fu il suo canto del cigno. Con il completamento della linea diretta nel ’27, la aurunca finì per perdere il suo ruolo primario e cominciarono le soppressioni di alcuni suoi tratti che, poco più tardi, sarebbero state definitive e complessive. Tuttavia, i binari della Sparanise-Gaeta riuscirono a trasportare anche le automotrici diesel Fiat ALn56 (dal 1936), vivendo l’innovazione post treni a vapore.

Da ricordare anche le contingenze legate al secondo conflitto mondiale: per ostacolare la risalita degli alleati lungo la Penisola, infatti, i tedeschi distrussero parte della linea, contestualmente abbattendo anche ben 21 delle 25 arcate del Viadotto del Pontone.

La fine di un’era – Insomma, la storia di questa ferrovia è stata breve ma molto intensa, tanto da caratterizzare la sua epoca.

Dopo la guerra iniziarono una serie di ricostruzioni e razionalizzazioni dei vari percorsi: in particolare, venne ripristinata (1954) la sezione Formia-Gaeta che rappresentava un asse importantissimo per il traffico merci legato alla vetreria e ad un’azienda di sanitari. Intanto, cominciava anche la modernità con il trasporto via autobus, che consentiva un servizio più lento ma molto più capillare che, in breve, sostituì completamente il ruolo di questa tratta. Nel 1981, infine, venne sospeso anche il servizio merci.

Oggi e domani – Per quanto riguarda il segmento di linea Sparanise-Formia, sono state avanzate diverse richieste di riattivazione, prevedendo persino un prolungamento fino a Baia Domizia, ma la situazione è ancora in stallo.

La tratta Formia-Gaeta, invece, nel 2005 è stata oggetto di lavori di ricostruzione per la prima parte del tracciato (per diventare raccordo industriale per il servizio merci) ma, nonostante l’annuncio dello stanziamento di fondi per rimettere in piedi anche il resto dei binari, nulla avvenne: l’opera è rimasta a lungo incompiuta, tanto che la stazione di Formia è diventata Formia-Gaeta. Il tratto finale, in effetti, non poteva essere utilizzato al netto di interventi importanti, poiché l’asfalto aveva in più punti ricoperto i binari e non mancava la vegetazione spontanea a fare il resto.

Perse molte tracce tra Minturno/Scauri e Formia, risultano ben conservati un ponte in ferro e i fabbricati di stazione, ad esclusione del Cellole-Fasani, oramai demolito.

Le notizie più recenti partono dal 2015, quando è uscito il bando per l’acquisizione di alcune automotrici usate; nel frattempo è stata realizzata una stazione intermedia, la “Bevano“. Nel giugno 2020, infine, sono finalmente partiti i lavori per il ripristino della tratta nel piazzale della stazione di Gaeta.

D’altronde, offrire un percorso alternativo via treno per i pendolari ed i turisti, soprattutto nella stagione estiva, potrebbe essere risolutivo per problemi di congestione del traffico della litoranea e di differenziazione del servizio di trasporto. Non è, insomma, soltanto una questione di nostalgico romanticismo.