Prima del Ponte Real Ferdinando: la Turris Gareliani e la Turris Ad Mare, dove il Garigliano segna i confini tra Lazio e Campania

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La Turris Gareliani e la Turris Ad Mare in un dipinto di Jacob Philipp Hackert.
La Turris Gareliani e la Turris Ad Mare in un dipinto di Jacob Philipp Hackert (1803). Fonte.

I confini possono essere fumosi, a volte complicati da individuare e gestire, ma questo non succede ovunque: la linea che segna il passaggio tra la Regione Campania e la Regione Lazio, infatti, altro non è che il solco naturale in cui scorre il fiume Garigliano. Oggi, su quel tratto compare l’imponente Ponte Real Ferdinando, voluto da Francesco I di Borbone, padre di Ferdinando II; non tutti sanno, però, che quella stessa parte di territorio era in precedenza abbellita da due torri: la Turris Gareliani e la Turris Ad Mare.

Le torri aurunche – Le torri furono costruite in momenti diversi ma entrambi collegati alla fase storica che seguì la caduta dell’insediamento musulmano nella cittadina di Traetto, l’agglomerato indipendente che, per oltre mille anni, ha identificato una comunità a sé stante nel centro storico collinare di Minturno.

Siamo, quindi, sicuramente oltre il 915: nella battaglia del Garigliano, la Lega Cristiana organizzata da Papa Giovanni X ha scacciato i Saraceni e Giovanni I (ipato) di Gaeta ha conquistato il titolo di patrizio, diventando Duca ed espandendo il feudo. Suo è il merito dell’edificazione della Turris Gareliani, detta anche “Bastia di Traetto“, sorta sulla riva destra del fiume (quindi in territorio laziale) proprio a ricordo di quel sanguinoso conflitto che era stato così arduo vincere.

La torre, nel corso del tempo, è passata di mano in mano ma è riuscita ad essere testimone di tantissimi eventi storici e ad imprimersi nell’immaginario collettivo al punto da restare immortalata anche in dipinti di diversi artisti. Conservò a lungo la sua funzione difensiva (per gli avvistamenti e in quanto bastione a difesa della scafa di Traetto); almeno fin quando – quasi mille anni dopo, tra il 1828 e il 1832 – venne demolita proprio per far spazio al Ponte Real Ferdinando.

scafa e bastia di Traetto sul Garigliano, primo Ottocento.
Scafa e bastia di Traetto sul Garigliano, primo Ottocento.
Fonte: Mario Mirco Mendico.

La Turris Ad Mare, invece, sorgeva sulla sponda sinistra, in area campana, e venne fatta erigere da Pandolfo Capodiferro, principe di Benevento e Capua prima e di Salerno poi, che ebbe un ruolo di primaria importanza nella guerra tra bizantini e musulmani per il controllo del Mezzogiorno. Utilizzata per secoli come torre di guardia e faro, al contrario della “compagna” è riuscita a vedere l’epoca moderna e ad essere ristrutturata negli anni ’30 grazie all’impegno del Ministro Pietro Fedele (originario proprio di Traetto) che realizzò al suo interno anche un piccolo museo del territorio aurunco.

Purtroppo, tutto questo lavoro venne vanificato dal passaggio dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale: la struttura venne depredata di tutti gli oggetti che custodiva e fatta saltare in aria, insieme al Ponte Real Ferdinando. Quest’ultimo venne ricostruito tempo dopo; della torre, ormai, non resta più traccia se non qualche fotografia in bianco e nero.

Entrambe le torri sono passate sotto la giurisdizione di Montecassino: un particolare dedotto dalle formelle che compongono la porta bronzea che elencano tutte le proprietà dell’Abbazia.

Le due torri nel dipinto di Hackert – Jacob Philipp Hackert, vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, fu pittore di corte presso Ferdinando IV a Napoli e ha realizzato una lunghissima serie di capolavori di ispirazione neoclassica che raffigurano i panorami del Regno delle Due Sicilie. In particolare, come scovato dalla pagina Facebook “Terra Aurunca”, in un dipinto conservato al Gothe Museum di Düsseldorf che raffigura una vista verso il golfo di Gaeta e il Garigliano (probabilmente realizzato da una collina vicina nel 1794), spuntano sullo sfondo proprio le due torri scomparse, antiche custodi del territorio.

Una curiosità: la Turris Ad Mare viene qui rappresentata con una sagoma circolare che pare non fosse quella reale. Una sorta di “licenza poetica visiva” dell’artista.