Il presidente della Cop26, il ministro britannico Alok Sharma ha spiegato il motivo del groppo in gola mostrato a Glasgow a conclusione del summit – afferma nel comunicato che pubblichiamo l’Aduc (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr) –: ho quasi pianto perché ho sentito il peso del mondo (1). Comprendiamo l’accumulo di tensione e lo leggiamo come rappresentazione del risultato: un pianto.
L’obiettivo dei 195 Paesi riuniti in Scozia era l’eliminazione graduale dell’energia prodotta col carbone. Quasi tutti d’accordo, ma Cina e India che rappresentano più o meno 2,8 miliardi di persone su un totale di quasi 7,9 miliardi del Pianeta, hanno detto di no. Alimentare il quasi 70% delle loro centrali elettriche a carbone, è più importante dell’ossigeno che respiriamo, tutti (2). L’accordo c’è stato cambiando una parola: invece di “eliminazione graduale”, hanno scritto “riduzione globale”. Con il premier britannico Boris Johnson che, nella conferenza stampa conclusiva, ha parlato di “accordo che rappresenta l’inizio della fine del cambiamento climatico”; la stessa brillantezza con cui Johnson ha interpretato la pericolosità del covid… prima che lui ne fosse contagiato (3).
A questo punto, visto che dalla Cop26 ci dovrebbe essere una svolta sulle tendenze delle economie, che succederà? Sicuramente nulla a breve, e non è detto che questo non-intervento a breve, oltre ad aggravare il già tragico esistente non condizioni un futuro sempre rimandato.
La mancanza oggi di un piano globale, e il procedere a singhiozzo e rimandi, comporta che:
– la crescita di domanda energetica post-pandemica crei un rialzo stellare dei prezzi del gas e, a ricaduta, del petrolio;
– continuino gli investimenti sul fossile e le energie rinnovabili siano finanziate dai proventi di questi investimenti (4).
Per finanziare il nuovo abbiamo bisogno del vecchio… che invece di eclissarsi, continuerà a splendere.
I prossimi periodi saranno caratterizzati da ondate di rialzi, così come stiamo vivendo per energia, alimentazione, tecnologia, materie prime… ondate che andranno di pari passo con gli investimenti che, invece di essere quasi esclusivamente sulla green economy, continueranno e prolificheranno sul fossile.
“Fossile” che continuerà a dare lavoro, prodotti e servizi da cui dipenderanno consumi e ricchezze… a cui difficilmente in tanti vorranno rinunciare.
La mancanza di radicalità nelle scelte della Cop26 ci porta a continuare l’esistente auto-distruttivo. Per comprendere questo deficit è proprio necessario aspettare vari tsunami che spazzino le nostre metropoli?
NOTE
1 – Nota 1
2 – Il persistere della pandemia del covid sembra che non abbia insegnato nulla: la “minoranza” che non si è ancora vaccinata [di fatto (Paesi poveri) o per scelta/sciatteria (no-vax)], condiziona tutto.
3 – forse, per capire, gli ci vuole uno tsunami che distrugga Londra…
4 – Emblematico il caso Norvegia: il petrolio è il 14% del PIL e il 40% delle sue esportazioni. Malgrado faccia passi da gigante verso le rinnovabili, nel programma di governo dei prossimi quattro anni la Norvegia ha trivellazioni nel Baltico per la ricerca di fonti di energia fossile.