Crediamo che il reddito di libertà (il fondo per aiutare le donne vittime di violenza (1), entrato in vigore solo alcuni giorni fa, sia l’ennesima promessa non mantenuta, l’ulteriore “vorrei ma non posso” – si legge nel comunicato che pubblichiamo a firma Sara Astorino, legale, consulente Aduc (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr).
Chi lo ha creato, pensando alla sua “distribuzione” non ha tenuto in adeguata considerazione, o semplicemente ignorato, alcuni aspetti rilevanti.
Il primo. Molte donne vittime di violenza non hanno la forza o semplicemente la possibilità di denunciare, e quindi non viene considerato il percorso che le vittime devono affrontare prima di riuscire a denunciare abusi e soprusi.
Condizionare la possibilità di accedere al reddito di libertà all’essere seguite da un centro anti-violenza o dai servizi sociali significa escludere da tale possibilità tantissime, troppe, donne.
E’ facile comprendere il perché di questa previsione, ovvero voler scongiurare richieste da chi non ha diritto, ma perché per il reddito di libertà sono stati posti paletti inesistenti per il reddito di cittadinanza?
Il secondo. Ci fa storcere il naso perché per accedervi occorre essere nella fascia d’età tra 18 e 67 anni.
Cosa succede ad una donna che a 68 anni è vittima di violenza? Perché escluderla?
Se lo scopo del fondo è anche quello di consentire alla donna di affrancarsi dal proprio aguzzino, perché tale libertà si ferma a 67anni?
Perché non è stata prevista la possibilità che una minore chieda l’emancipazione e che, quindi, possa accedere anche prima dei 18 anni al fondo?
Il terzo. Che sottolinea la superficialità: perché sono escluse le donne immigrate irregolari, e purtroppo non stiamo parlando di una percentuale infinitesimale.
Parliamo di donne che, soprattutto a causa della loro condizione, sono vittime ideali perché i loro aguzzini sanno benissimo di non poter essere denunciati. Sono le stesse donne che spesso sono costrette a prostituirsi o che, pur rimanendo in casa, vengono trattate come esseri inferiori.
Il quarto. Connesso alla distribuzione delle somme che costituiscono il Fondo su base Regionale.
E’ stato calcolato il numero di donne presente in ogni Regione ed in base a questo calcolo sono state erogate somme maggiori nelle Regioni ove tale numero risultava più elevato.
Criterio che appare del tutto risibile.
In Lombardia, per esempio, ci sono più donne che in Calabria, ma è anche vero che le donne che lavorano in nord Italia sono molte, molte, di più rispetto a quelle che lavorano nel sud.
Ciò comporta che in Calabria sia più facile che un donna dipenda completamente dall’uomo, con la conseguenza che potrebbe essere necessario avere un maggior numero di fondi.
Il quinto. Il reddito può essere erogato e poi sospeso o semplicemente non erogato qualora sussistano motivi ostativi che però non vengono indicati.
Siamo, quindi, a conoscenza della possibilità che il reddito venga negato ma non possiamo conoscerne le ragioni.
Il sesto. E’ quello che maggiormente fa arrabbiare.
In data 08 Novembre si dà accesso ad un contributo ma solo fino al 31.12, il tutto ovviamente in base alla priorità della presentazione delle domande, neanche fossimo in una televendita in cui verranno premiate le prime 10 telefonate!
Chi non sarà tempestiva – ed è praticamente impossibile esserlo visto che occorre essere in possesso di due certificazioni provenienti da enti diversi, andare poi in comune ed attendere che l’impiegato trasmetta la domanda, il tutto ovviamente in uno stato di emergenza sanitaria che ancora non è stata revocata e che incentiva lo smart working – non avrà diritto al reddito di libertà.
Non sarebbe stato meglio utilizzare lo spid e far presentare direttamente la domanda alle interessate così da evitare passaggi?
Non sarebbe stato meglio prevedere che sino al 31.12 sarebbero state assolte tutte le domande che potevano essere garantite col budget a disposizione Regionale e che successivamente si sarebbe tentato di accogliere le successive domande utilizzando il budget avanzato, se sussistente, dalle altre Regioni?
L’impressione è che l’erogazione del reddito di libertà sia uno specchietto per le allodole, una corsa ad ostacoli ove a rimetterci saranno nuovamente le donne.
Un aiuto può considerarsi tale solo se per ottenerlo non occorre affrontare una gara di resistenza.
1 Qui abbiamo spiegato le regole per accedervi
Sara Astorino, legale, consulente Aduc