Stavamo peggio ma ce lo siamo dimenticato, Primo Mastrantoni (Aduc): il passato come un presente che va compreso

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Passato, presente e futuro
Passato, presente e futuro

Scrive lo scrittore e saggista spagnolo, Javier Cercas Mena, che “Il passato è il presente. Il passato di cui esiste ancora memoria e testimonianze non è passato, ma fa parte del presente e, se proviamo a farne a meno, il nostro presente risulta mutilato, non si spiega e non si comprende” – si legge nel comunicato che pubblichiamo a firma Primo Mastrantoni di Aduc  (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr).

Se ne fa a meno del passato per capire il presente?

Vediamo.

Era un suono lungo, cupo e lamentoso quello delle sirene che annunciavano una imminente incursione aerea nemica. Oggi non le sentiamo più perché è da tre quarti di secolo che non abbiamo una guerra in casa. Sembra un fatto scontato, che al suono delle sirene, non si corra più verso i rifugi antiaerei e può, del pari, sembrare strano, come riporta l’Enciclopedia Italiana dell’Istituto Treccani, che nel secolo scorso non ci sia stata una crescita costante della qualità e quantità dei consumi alimentari. Durante il fascismo, gli italiani mangiavano peggio che nella tanto esecrata Italia giolittiana e, come si può facilmente immaginare, durante la II Guerra Mondiale, l’Italia si ritrovò drammaticamente impoverita. Chi ricorda più la tessera annonaria, ribattezzata “tessera della fame”, con la quale si acquistavano generi alimentari razionati?

Solo dagli anni ’50  si cominciarono a sperimentare i primi fenomeni della società del benessere che prosegue fino ai giorni nostri.

Nel 1960 la vita media era di 70 anni, arrivata a 83 anni nel 2019. Se vogliano andare indietro nel tempo, cento anni fa l’aspettativa di vita era di 42 anni, circa la metà di quella odierna.
Siamo uno dei Paesi più longevi al mondo e i meriti li conosciamo: progressi nella medicina, migliori condizioni di vita, cibo più sano e istruzione. Le vaccinazioni hanno debellato malattie persistenti da secoli, il 75% degli italiani vive in una casa di proprietà, gli alimenti sono vari e controllati. Negli anni sessanta solo il 30% degli alunni arrivava a terminare la scuola media, oggi la stessa percentuale possiede un diploma di scuola superiore. Nel 1960 c’erano 645 mila automobili, arrivate a 39 milioni nel 2019; troppe per i problemi cui danno origine, ma rendono l’idea della disponibilità alla spesa, infatti, il Pil procapite, utilizzato come indicatore del livello di ricchezza per abitante, era di 8.640 euro nel 1960 e di 28.923 euro nel 2019. Più del triplo, cioè il 300% in più! L’insicurezza attuale la si attribuisce agli immigrati, ma nel 1991 c’erano 625 mila stranieri, aumentati a 5 milioni nel 2019. Contestualmente gli omicidi sono diminuiti del 74%. In sintesi, aumentano gli immigrati e diminuiscono gli omicidi.
Tutti i problemi sono stati risolti? No, ovviamente, tant’è che, vivendo il presente, solo il 35% degli oltre 75enni esprime soddisfazione per le proprie condizioni di vita, ma è un ricordo della giovinezza perduta o si rincorrono miti e periodi che è bene rammentare per non riviverli? E’ cosi, o è solo il rimpianto per i tempi passati, dei quali non si ha memoria e quindi “il nostro presente risulta mutilato, non si spiega e non si comprende”?
Ma un popolo senza memoria è un popolo privo di sè, senza storia e senza e futuro.

(Dal quotidiano LaRagione del 18.11.2021)

Primo Mastrantoni, Aduc