Spiagge concesse illecitamente, Libero Giulietti (legale, consulente Aduc): basta illudere i balneari

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Spiagge, concessioni balneari illecite
Spiagge, concessioni balneari illecite

Fin dal 2006 la Direttiva Bolkestein (1) prevede che le concessioni per gli stabilimenti balneari non possono essere date con rinnovi automatici, ma a seguito di “una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento” – scrive nella nota sullo sfruttamento delle spiagge che pubblichiamo Libero Giulietti, legale, consulente Aduc  (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr) –.

Dunque, da circa 15 anni chi governa sa, o dovrebbe sapere, che non gli è consentito confermare automaticamente le concessioni balneari.

A dispetto di ciò, le proroghe automatiche sono state date a ripetizione come se non ci fossero problemi. Addirittura nel 2018 è stata disposta una proroga di quindici anni delle concessioni esistenti, fino a dicembre 2033 (2). E dopo questa legge c’è stato il D. L. 34/2020 che, non soltanto ha riaffermato quella proroga, ma ha impedito esplicitamente l’effettuazione delle gare fino a tale scadenza in contrasto frontale con la regola europea.

L’Antitrust e la giurisprudenza, a tutti i livelli – comprese Corte di Giustizia

europea, Corte Costituzionale e, seppure con qualche oscillazione, Tribunali Amministrativi – hanno cercato di attirare l’attenzione e mettere in guardia sulla incompatibilità fra queste proroghe e la regola comunitaria.

Le conseguenze di questa incompatibilità non erano da poco perché comportavano che le Amministrazioni non potevano concedere proroghe anche se le leggi italiane lo consentivano; e se, adeguandosi a quelle leggi italiane, le avessero concesse, i Giudici avrebbero potuto dichiararle invalide.

Questo “metodo” di disporre rinnovi automatici – tra l’altro raro nell’assegnazione di beni e servizi pubblici – è stato, da ultimo, spazzato via dal Consiglio di Stato che, in Adunanza Plenaria, ha deciso formulando questi principi:

1) le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono in contrasto col diritto eurounitario. Dette norme nazionali, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione;

2) le eventuali proroghe rilasciate in violazione dalla P.A. non danno alcun diritto agli attuali concessionari che, in pratica, finiscono per diventare abusivi;
3) le concessioni demaniali in essere sono, tuttavia, prorogate al 31 dicembre 2023 per “
evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere” e per “tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste”. “Oltre tale data” dice ancora la sentenza “anche in assenza di una disciplina legislativa, esse (le concessioni) cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.”.

Questa – a dir poco – sfavorevole situazione, era nota da tempo, e per questo aver disposto una proroga per un periodo lunghissimo (15 anni) non può che apparire come una sfida nei confronti di Bruxelles, dell’Antitrust e dei Giudici. Sfida destinata all’insuccesso. E quindi non è corretto far credere ai concessionari che, con una lotta, magari durissima, le cose possano restare come stanno.

Sembra evidente che le cose non resteranno così e non accadrà che ”Spiagge e mercati italiani non sono in svendita, si rassegnino i burocrati di Bruxelles e i loro complici” (twitter del segretario della Lega) perchè prima o poi le spiagge verranno “vendute”.

Se questo è vero, sarebbe forse più costruttivo pensare di ridurre il trauma economico e sociale dovuto al cambiamento che attende gli stabilimenti balneari e le famiglie che vivono di essi.

Non sembrano molte le cose fattibili ed utili a questo fine. Tanto per cominciare, si potrebbe avviare lo studio di metodi e procedure di gara che non dando valore predominante alla parte economica dell’offerta – sulla quale molti degli attuali concessionari risulterebbero perdenti – possano valorizzare la loro esperienza e la qualità del servizio e dell’investimento che possono garantire. Non avrebbero la sicurezza di riprendersi le spiagge – sicurezza che non avranno più – ma, quanto meno, il riconoscimento di un giusto vantaggio competitivo.

NOTE

1 – Direttiva 2006/123/CE, art. 12

2 – legge 30 dicembre 2018 n. 145 art. 1 commi 682/683

Libero Giulietti, legale, consulente Aduc