L’avv. prof. Rodolfo Bettiol, autore di “Banca Popolare di Vicenza. La cronaca del processo” (qui come e dove acquistarlo on line o fisicamente, ndr) fondamentale per conoscere gli atti e i passi successivi) prosegue col ricorso dei pm contro l'assoluzione di Massimiliano Pellegrini (nella foto mentre ascolta l'arringa del suo difensore, avv. prof. Vittorio Manes, qui il nostro video, a breve su Bankikeaks.com l'atto di appello completo, ndr) l’illustrazione degli appelli presentati e motivati dai legali dei 5 condannati (Zonin, Giustini, Piazzetta e Marin oltre alla BPVi in Lca) e dai pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori anche avverso le assoluzioni di Zigliotto e Pellegrini (qui tutti gli articoli, ndr).
Lo fa dopo l'articolo sull’appello di Gianni Zonin, l’ex presidente della Banca Popolare di Vicenza, avverso la sua condanna a sei anni e mezzo in primo grado (giudici Deborah De Stefano, Elena Garbo e Camilla Amedoro),
Le accuse mosse al Pellegrini si sostanziano nell’aver agito in qualità di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili della Banca, cooperando concretamente nell’attuazione dei predetti reati anche per il tramite di strutture aziendali alle proprie dipendenze, particolarmente nella gestione degli adempimenti contabili, nella predisposizione dei bilanci d’esercizio, delle segnalazioni e comunicazioni all’autorità di vigilanza, nonché partecipando alla redazione dei prospetti relativi alle operazioni di aumento di capitale della BPVI.
Il Tribunale di Vicenza ha assolto il Pellegrini concludendo che non vi è prova del coinvolgimento dell’imputato nella strutturazione dell’operatività delle baciate, nella programmazione e nell’attuazione delle condotte di manipolazione del mercato, nè vi è prova univoca che egli fosse a conoscenza di quell’illiceità operatività frutto della concertazione di Zonin, Sorato e dei vertici ad essi allineati. Per la sentenza gli indizi sono idonei e dimostrare solo uno stato di dubbio circa l’esistenza e la consistenza dei finanziamenti correlati, o tuttalpiù una vaga e generica conoscenza dell’esistenza del fenomeno, ma non delle caratteristiche specifiche delle operazioni di capitale finanziato né tanto meno della diffusità delle pratiche illecite e delle conseguenti ricadute sul patrimonio della banca.
Pellegrini Massimiliano aveva la responsabilità della Divisione Bilancio e Pianificazione e ricopriva l’incarico di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili e societari di Banca Popolare di Vicenza.
I dati affluivano da parte dei servizi di contabilità sezionale (filiali e varie direzioni). La dissimulazione di un dato non era riscontrabile dalla ragioneria generale. La ragioneria generale svolgeva i cosiddetti controlli di primo livello che consistevano nell’assicurare la continua corrispondenza tra i dati della contabilità riassuntiva ed i dati analitici immersi nei legacy e nei partitari.
I Pubblici Ministeri condividono l’affermazione della sentenza che il modello di contabilità adottato dalla banca non prevedeva che la ragioneria generale svolgesse un controllo della correttezza dei dati immessi dalle strutture periferiche.
Nondimeno, questi per i P.M. sono aspetti e profili irrilevanti rispetto all’affermazione della responsabilità di Pellegrini Massimiliano.
L’atto di appello (lo pubblicheremo a breve su Bankileaks.com, ndr) censura la sentenza sotto il profilo dell’omessa o erronea valutazione delle prove rilevanti rispetto alla posizione soggettiva dell’imputato, sotto lo specifico profilo della sua consapevolezza in ordine all’esistenza e alla rilevanza del capitale finanziato.
A prova del dolo del Pellegrini, l’atto di appello sottolinea la e-mail inviata in data 10/06/2011 da Romio Filiberto a Pellegrini e ad altri con allegata tabella. I dati della tabella dimostrano un sorpasso di richiesta di vendita di azioni inevase di circa 110 mln. di euro.
Non vi è dubbio dunque che il Pellegrini partecipasse alla seduta del comitato di direzione del 08/11/2011 ben consapevole al pari di Giustini della crisi del mercato secondario, del difetto di negoziabilità del titolo BPVI e del cospicuo pacchetto di azioni proprie detenute dal portafoglio della banca.
Lo svolgimento del comitato è ricostruito dagli appunti manoscritti da uno dei partecipanti Sommella Mariano.
Il manoscritto dimostra varie cose.
Giustini Emanuele rappresentava ai colleghi presenti che rispetto all’obiettivo di fine esercizio di un sufficiente patrimonio in termini di TIER1 e ratio, pari al 8, 30 %, sussisteva un Gap, posto che considerata l’entità del fondo acquisto azioni proprie del periodo, il TIER1 ratio al 30/09/2011 era pari al 7,52%.
Pellegrini comunicava ai presenti che per raggiungere un livello di TIER 1 RATIO del 8 % era necessario un decremento dell’ammontare delle azioni proprie detenute in portafoglio per un controvalore di circa 110 milioni di euro.
Gli intervenuti Tonato Franco ( Cassa di Risparmio di Prato) e Umberto Seratti (Banca Nuova) sottolineavano la necessità di ricorrere a operazioni baciate, vale a dire a operazioni di finanziamento correlate all’acquisto delle azioni. Il Direttore Generale Sorato tirava le fila del discorso, e quindi indicava la necessità di un monitoraggio giornaliero delle operazioni baciate, incaricando del compito Fagnani Antonio, e, stabiliva che questa operatività fosse oggetto di programmazione, con la clientela retail e la sua estensione alla clientela corporate con il coinvolgimento di controparti credibili. In effetti alle parole di Tonato seguivano i fatti con la conclusione di operazioni baciate.
Per i Pubblici Ministeri è dimostrato che Pellegrini Massimiliano già a partire dal 2011 fosse consapevole del sistematico ricorso da parte della Banca ad operazioni di finanziamento correlate all’acquisto di azioni proprie e alla rilevanza della conseguente quota di capitale finanziato. Nel corso degli anni seguenti vi furono riunioni di direzione formali e non formali e vi partecipò il Pellegrini, come da più testimoni affermato.
In tali riunioni si è trattato in modo ricorrente delle operazioni correlate rese necessarie per lo squilibrio del mercato secondario e al mantenimento dei requisiti patrimoniali necessari.
Altri elementi a carico vengono individuati nei risultati di intercettazioni telefoniche tra altri soggetti e in sms scambiati.
L’atto di appello poi prosegue illustrando la problematica delle baciate così come vissute dagli altri attori della vicenda per indicare come fosse impossibile l’ignoranza di Pellegrini sul fenomeno, dal momento che doveva fornire informazioni su come superare le problematiche.
L’atto di appello prosegue poi con l’affermazione che le prove a discarico ritenute dal Tribunale non siano in realtà tali.
L’atto d’appello richiama il fenomeno del capitale finanziato, e la sua diffusità. L’imputato ha per i pubblici ministeri svolto le sue funzioni nella piena consapevolezza della natura mendace delle informazioni che egli stesso, anche per mezzo delle strutture da lui dirette, continuava a fornire al mercato e alle autorità di vigilanza.
L’atto di appello si conclude chiedendo la condanna del Pellegrini alla pena di anni 8 e mesi 2 di reclusione come richiesto nelle conclusioni in primo grado.
Va segnalato come i Pubblici Ministeri formulino richiesta di partecipare al giudizio di appello quali sostituti del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello.
La richiesta è spiegabile attesa la complessità delle questioni processuali.
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