di Michele Lucivero e Andrea Petracca. L’idea di perfezione corrisponde filosoficamente ad un’immutabile ed eterna stasi; ciò che è perfetto non abbisogna di aggiunte, non dipende da altri che da sé stesso, è cristallizzato una volta e per sempre in quanto definitivamente completo, non manchevole di nulla. Da questo punto di vista, è il caso di rasserenare gli animi di chi si scalda intorno al tema, giacché è piuttosto evidente che la scuola del 2022 non sarà una scuola perfetta, non risolverà, molto probabilmente, i problemi legati alla mobilità sociale e non diventerà, forse, né più né meno democratica rispetto a quanto già non lo sia, con buona pace di Luca Ricolfi e Paola Mastrocola[1], dalla cui narrazione la scuola ne esce con le costole completamente rotte.
La scuola del 2022 non potrà ancora essere perfetta, certamente, perché la pandemia, che non è per nulla superata e incombe sulla nostra società, la costringerà al centro di moltissime tensioni, la renderà oggetto di discussioni e di decisioni intorno a ciò che provvisoriamente, ma inderogabilmente, sarà ritenuto imprescindibile per far fronte a nuove ondate di contagi, a nuove emergenze.
La scuola del 2022 aprirà, forse, nuovamente in Didattica a Distanza perché i contagi della variante Omicron hanno numeri e dinamiche da capogiro che non possono essere ormai più controllati e, nonostante i proclami ufficiali e la buona volontà di Draghi e Bianchi, nel cercare di garantire il ritorno tra i banchi il 10 gennaio, anche facendo ricorso alla distribuzione delle mascherine ffp2 tra il personale scolastico, studenti e studentesse, c’è da dire che durante le vacanze sono davvero in pochi quelli che si sono risparmiati nell’incontrare amici, amiche, familiari e congiunti del terzo, quarto e quinto grado.
La scuola del 2022 non potrà ancora essere perfetta perché non passa giorno, in verità, in cui questa istituzione non sia soggetta a continui aggiustamenti normativi ministeriali, ma anche regionali, che è la novità alla quale gli esperti ci vogliono abituare, insieme all’ingresso massiccio di genitori e privati, i cosiddetti stakehoders; così come è sottoposta a continui ripensamenti e successivi adattamenti, discutibili e sacrosanti al contempo, ma che immancabilmente ne minano la credibilità e ne destabilizzano l’altissima funzione sociale, politica e culturale, quantomeno nella percezione pubblica.
Quella che ci aspetta nel 2022 sarà, dunque, ancora una scuola imperfetta, perché vedrà, nuovamente, moltissimi studenti e moltissime studentesse abbandonare prematuramente il loro percorso di studi e vedrà nei fatti, perciò, tradito il principio di uguaglianza e smentito il paradigma dell’inclusione, veri perni su cui ogni pratica educativa dovrebbe poggiare;
La scuola del 2022 sarà imperfetta in quanto andrà in scena, di nuovo, all’interno di aule troppo piene, all’interno di istituti, quelli sì, vetusti, pericolanti e pericolosi, spesso inagibili, con aule recuperate all’interno di sgabuzzini con muri in cartongesso, purché però ci siano le LIM e gli schermi interattivi, i tablet per la scuola digitale 2.0, 3.1 e 4.7, come se poi vi fosse stato uno studio condiviso e accettato in maniera definitiva da tutto il personale docente che avesse cantato il requiem per la scuola 1.0, quella delle lezioni frontali urlate dai docenti entusiasti e carismatici in piedi vicino alla cattedra, quella dei libri cartacei sfogliabili, delle lavagne scarabocchiate con conseguente polvere di gesso vagante.
La scuola del 2022, purtroppo, sarà una scuola che poggerà ancora sul lavoro precario di decine di migliaia tra docenti e personale ATA, che continueranno a spingerla innanzi da veri e propri eroi, nonostante tutto, nonostante le differenze contrattuali rispetto ai docenti a tempo indeterminato, e lo faranno in silenzio perché i loro compagni coetanei precari degli altri settori economici del nostro paese stanno peggio e, pur di non morire schiacciati sotto una gru, loro accetteranno di farsi staccare i contratti durante le vacanze per ricorrere alla disoccupazione, risparmiando anche sulle tessere dell’inutile sindacato, salvo poi contattarli nel momento del bisogno.
Ecco, di fronte a queste criticità noi ci sentiamo in dovere di augurare buon lavoro a tutti e a tutte coloro che con la scuola dovranno, in un modo o nell’altro, averci a che fare, e, nel frattempo però vorremmo ricordare pure che, certo, la scuola del 2022 non potrà essere perfetta, in primo luogo, perché essa è un’istituzione costitutivamente incompleta, ma questa sua incompletezza, come un’imperfezione originaria dettata della sua multiformità sostanziale, non è un difetto, ma è forse il suo pregio maggiore.
Se, infatti, la perfezione è indice di chiusura e completezza sferica, la scuola che ci ostiniamo a difendere è in sé aperta ed è questa apertura pluralistica democratica ma spigolosa a farne il volano della creatività e non solo il luogo in cui si apprende la conformità.
L’apertura, che richiede la vigilanza costante, la curiosità, la capacità di ascolto e la disponibilità rispetto ai movimenti, ai desideri, alle ambizioni delle ragazze e dei ragazzi, che hanno ancora, come Martina, Alessandro e tanti e tante altre qualcosa da dirci, è ciò che deve caratterizzare chi vive e lavora nella scuola, chi lo fa con passione e ostinazione, credendo profondamente che la scuola pubblica statale, laica, democratica e pluralista del 2022 o sarà inclusiva e interculturale oppure non sarà affatto scuola.
[1] P. Mastrocola, L. Ricolfi, Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza, La nave di Teseo, Milano 2021.
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a cura di Michele Lucivero
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