In Tabernae Saturnalia: iniziativa della Sinus Formianus nell’area Archeologica Caposele di Formia

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In Tabernae Saturnalia nell'area Archeologica di Caposele a Formia - foto di Pietro Zangrillo
In Tabernae Saturnalia nell'area Archeologica di Caposele a Formia - foto di Pietro Zangrillo

“In Tabernae Saturnalia” è una manifestazione in cui gli operatori culturali della Sinus Formianus, nell’Area Archeologica di Caposele, nel cuore della Riviera di Ulisse e del Parco naturale dei Monti Aurunci, hanno ricostruito una vera e propria “taberna” per tutti i partecipanti di una due giorni che si è svolta il 18 e il 19 dicembre.

Lo scopo di questa ricostruzione è stata quella di offrire uno spaccato, un tuffo nel passato dell’Antica Roma e, in questo caso, dell’antica Formia romana, di come i comuni cittadini vivevano i Saturnalia, ovvero i giorni di festa dedicati al dio Saturno, dal 17 al 23 dicembre, che corrispondono grosso modo ai nostri giorni di festività del Natale.

Brindisi - foto di Pietro Zangrillo
Brindisi – foto di Pietro Zangrillo

Le festività dedicata al dio Saturno erano feste di luce, dove le candele erano d’obbligo, come i falò accessi nelle varie tabernae disseminate lungo tutto il territorio governato dai romani per sconfiggere le tenebre, che in quel periodo facevano veramente paura, e non solo in senso figurato, visto che la malavita esisteva anche allora (in duemila anni e più di storia nulla è realmente cambiato, persino il crimine).

I miti dei Saturnalia erano strettamente collegate ad altri due miti religiosi, ovvero il culto del dio Mitra (di origine ellenica venne praticato nell’Impero romano, a partire dal I secolo d.C., per raggiungere il suo apice tra il III e il IV secolo) con una serie di riti purificatori che replicavano in qualche modo il percorso dell’iniziazione cristiana al Battesimo e all’appartenenza alla Chiesa, ed il mito del Sol Invictus, il “sole invincibile” che segnava il passaggio ufficiale dall’autunno all’inverno, prendendo, poi, come data di riferimento quello della nascita del Redentore.

L'archeologo Gianmatteo Matullo - foto di Pietro Zangrillo
L’archeologo Gianmatteo Matullo – foto di Pietro Zangrillo

Ma cosa trovavano gli antichi romani nelle “tabernae”? Un po’ di tutto: cibo in abbondanza, con una alimentazione abbastanza variegata con carne, pesce, uova, pane, cucinati secondo i dettami dell’antica cucina popolare e non quella raffinata che i libri di cucina del celebre Apicio descrivevano con dovizia di particolari. Ma soprattutto vino, del buon vino come il Falerno, oppure vino di scarsa qualità allungato spesso con acqua.

Nelle tabernae si poteva giocare a dadi o con altri giochi dove l’azzardo era d’obbligo o quasi. Ma soprattutto erano anche presenti dei luoghi dove si potevano passare delle ore piacevoli con delle donne, dei veri e propri “lupanari” con tanto di riservatezza.

Banco di cibo romano - foto di Pietro Zangrillo
Banco di cibo romano – foto di Pietro Zangrillo

Il tutto è stato ricostruito alla perfezione nella manifestazione/ricostruzione formiana “In Tabernae Saturnalia” riprendendo anche degli affreschi della antica Pompei per far rivivere quelle emozioni anche dal vivo, degustando dei manicaretti preparati dalle archeo cuoche a disposizione dell’associazione culturale, così come il “mustum” caldo e speziato per dare vigore a due giornate in cui il freddo si è fatto sentire, per ricordare i Saturnalia prima delle feste nostre del Natale e per riprovare quella ebbrezza di vivere per un’ora come un’antico romano.