“Alla ripresa lunedì, in gran parte d’Italia, di un anno scolastico pieno di incognite, è sconfortante vedere la facilità con la quale si pensa di poter ‘chiudere le scuole’ per un mese, in un paese in cui sono regolarmente aperte tutte le attività produttive anche non essenziali”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
“Non parliamo delle giuste e concrete preoccupazioni espresse da dirigenti scolatici e docenti che operano sul campo affrontando problemi serissimi – aggiunge Raffaela Milano –, ma della difficoltà che ancora oggi hanno molti rappresentanti istituzionali nel comprendere la portata della catastrofe educativa che la pandemia sta comportando al livello globale – con più di 10 milioni di bambini, e soprattutto di bambine che, nel mondo, rischiano di non tornare mai più a scuola – e che colpisce anche il nostro Paese”.
I dati Invalsi hanno già registrato un aumento del numero di ragazzi e di ragazze che alla fine del percorso di istruzione non raggiungono in Italia il livello mimino di competenze in italiano e in matematica, passato su base nazionale dal 7 al 9,5% degli studenti, con punte in Calabria e in Campania del 22,4% e del 20,1%.[1]
Al calo di apprendimento si associa la perdita di socialità con gravi problemi di carattere psicologico e relazionale che affliggono gran parte degli adolescenti.
In una consultazione promossa da Save the Children qualche mese fa, coinvolgendo oltre 1.000 docenti, in maggioranza della scuola primaria e secondaria di primo grado[2], la metà degli insegnanti interpellati ha rilevato nella classe una generale perdita degli apprendimenti (55,3%), 1 su 4 ha notato l’emersione di disturbi psicologici in almeno un caso tra i suoi studenti, e 1 su 5 constata un forte impatto della povertà su famiglie e bambini che frequentano la scuola, mentre il 6,5% segnala nella propria scuola almeno un caso di abbandono scolastico.
Occorre ricordare che nei periodi di interruzione della didattica in presenza, tra aprile e giugno 2020, secondo l’Istat, sarebbero stati circa 600.000 i ragazzi delle scuole primarie e secondarie che non hanno partecipato alle video lezioni, con un minimo di esclusi al Centro (5%) e un massimo nel Mezzogiorno (9%) e un picco del 12% (più di 1 su 10) degli iscritti alle primarie. E tutto questo in un Paese che ha uno dei tassi più elevati, in Europa, di dispersione scolastica, con più del 13% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato la scuola senza conseguire un diploma di scuola superiore. Un quadro che si fa ancora più critico se si considera l’impressionante aumento del numero dei giovani “NEET”, più di due milioni di ragazzi e ragazze, tra i 15 e i 29 anni che oggi in Italia sono fuori da ogni percorso di studio, formazione e lavoro, quasi il doppio dei loro coetanei nella medesima condizione in Europa.
“Ogni giorno di scuole chiuse provoca danni, e questi danni si moltiplicano per i bambini, le bambine e gli adolescenti che vivono nei contesti più svantaggiati, allargando le disuguaglianze. L’interruzione della scuola in presenza va dunque considerata come l’ultima opzione da assumere, in modo circostanziato e puntuale, solo quando tutte le altre strade siano state percorse – a partire dalla informazione e dalla sensibilizzazione a tappeto delle famiglie sui vaccini – per tutelare contemporaneamente il diritto alla salute e il diritto all’educazione di tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti”, continua Raffaela Milano.
Considerando la gravità del quadro sanitario, con la consapevolezza che i prossimi mesi saranno in ogni caso difficili e che molte scuole sono e saranno chiuse per periodi più o meno lunghi per limitare i contagi, l’Organizzazione chiede al Governo il varo di un piano straordinario di sostegno all’educazione che preveda, sin da subito, il monitoraggio nazionale di tutte le aperture/chiusure degli istituti scolastici disposte ai diversi livelli e la messa a punto, per i bambini e gli adolescenti che hanno visto la loro frequenza scolastica interrompersi a causa della pandemia, di una “dote educativa”, rappresentata da un monte ore di sostegno allo studio gratuito fruibile in gruppo o individualmente durante l’anno scolastico e per tutto il periodo estivo e che comprenda non solo il recupero delle materie scolastiche, ma anche opportunità culturali e relazionali. È urgente, infatti, mettere in campo un serio piano di “ristoro” educativo che, al pari di quanto si è fatto per le attività produttive, intervenga per limitare i danni di lungo periodo che rischiano di colpire intere generazioni e interrompere definitivamente i percorsi educativi dei bambini, delle bambine e degli adolescenti che vivono nei contesti più poveri e svantaggiati.