Processo Veneto Banca, Costabile difensore di Consoli: “smonto le accuse parlando per bocca dei testimoni”. Sentenza il 4 febbraio

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Processo Veneto Banca: Ermenegildo Costabile difensore di Vincenzo Consoli
Ermenegildo Costabile e Vincenzo Consoli

Dopo gli interventi, venerdì 21 gennaio, al Processo Veneto Banca delle parti civili pubbliche (Banca d’Italia e Consob) e di quelle private, i soci che si sono costituti parte civile per l’azzeramento delle loro azioni, sabato 22 a Treviso, nell’ultima udienza del processo per il crac della banca popolare di Montebelluna, ha preso la parola l’avv. Ermenegildo Costabile, difensore dell’unico imputato, Vincenzo Consoli (per tutte le udienze e notizie sul processo Veneto Banca clicca qui).

Nel corso della discussione, che ha impegnato l’intera giornata, l’avv. Costabile ha cercato di smontare le accuse mosse dai Pubblici Ministeri, Massimo De Bortoli e Gabriella Cama, da cui è nata la loro richiesta di condanna a sei anni per Consoli che per l’accusa sarebbe il responsabile unico di quanto accaduto a Montebelluna.

Eppure non si può non ricordare come De Bortoli sia stato proprio il magistrato che ha proposto il poi ottenuto il dissequestro dei beni dell’ex ad della banca, disposto dal tribunale di Roma, perché, sintetizzava Il Gazzettino, “gli importi delle operazioni sotto osservazione (in particolare delle cosiddette baciate, ovvero l’acquisto di azioni dell’istituto, finanziato dalla banca stessa) come accertato anche da una perizia affidata a Gaetano Parisi, esperto di Bankitalia, erano troppo limitati per avere un effettivo impatto sui due miliardi di patrimonio di vigilanza, rendendo non sostenibili le accuse di ostacolo agli organi di vigilanza“.

L’avv. Costabile, citando puntualmente – ha ribadito con forza – le prove acquisite  durante le udienze del processo Veneto Banca e “parlando per bocca dei testimoni”, ha sostenuto che Consoli non era di certo il “dominus” della banca e che le accuse legate alle baciate e al credito deteriorato sono del tutto infondate.

L’arringa, durata più di 8 ore, si è conclusa con la richiesta di assoluzione per insussistenza non solo dei reati di ostacolo e falso in prospetto ma anche di quello di aggiotaggio, peraltro già prescritto.

La sentenza dei giudici Umberto Donà, presidente del collegio, Alberto Fraccalvieri e Carlotta Briseganè, giudici a latere, è attesa per il 4 febbraio 2022.

Nell’attesa del pronunciamento della corte fa riflettere, aggiungendo altri dubbi a quelli più che numerosi che fin dall’inizio avvolgono il “caso Veneto Banca”, quanto dichiarato sempre dal pm De Bortoli all’inizio dell’arringa del 20 gennaio (fonte TrevisoToday) in cui ha formulato la sua richiesta di condanna “Questo non era un processo facile: ci siamo dovuti confrontare (io e Cama, ndr) con una documentazione molto copiosa con reati che normalmente non vengono trattati, nozioni e concetti che non sono di facile comprensione. Personalmente non avevo sentito parlare, ad esempio, di patrimonio di vigilanza, abbiamo dovuto imparare queste cose. E mi rendo conto che non è facile neppure per i giudici…“.

Il 4 febbraio vedremo cosa i giudici avranno imparato e, soprattutto, capito magari aiutando anche noi a dissolvere almeno alcune delle tante ombre che su questa testata abbiamo segnalato (e più di una volta documentato) senza, bisogna dirlo, una grande eco sui media e nelle varie commissioni di inchiesta.

Forse perché toccavano (e toccano) centri di potere che ruotano intorno a Banca d’Italia e al suo azionariato di riferimento?