Lorenzo Parelli: morire per imparare un mestiere, venire feriti per manifestare contro un’ingiustizia

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Manifestazione a Roma per Lorenzo Parelli
Manifestazione a Roma per la morte di Lorenzo Parelli. Fonte: Contropiano.

Uscire per andare a scuola e non tornare a casa. Non tornarci mai più. Sembra impossibile anche da immaginare una cosa del genere: l’anzianità, una malattia, un tragico evento naturale sono tutti contesti in cui impariamo – si fa per dire – a prepararci, a familiarizzare con la possibilità che la morte possa sopraggiungere. Ma quando si tratta di giovani, giovanissimi, questi episodi diventano intollerabili da metabolizzare, accettare, interiorizzare.

Non ci sono risposte, ci sono soltanto tante domande: perché Lorenzo Parelli è morto durante lo svolgimento di un’attività legata al suo percorso scolastico? Perché un ragazzo di 18 anni che si stava specializzando per quel che, chissà, forse sarebbe stato il suo lavoro futuro ha dovuto perdere la vita in questo modo, lasciando familiari, amici, un Paese intero in un baratro di incertezze e dolore?

I fatti – Il 21 gennaio Lorenzo Parelli si trovava presso la sede di Lauzacco (Pavia di Udine) della Burimec. Era il suo ultimo giorno di stage previsto per il PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) legato al suo percorso di studi, anche se persino su questa versione ci sono dei dubbi da chiarire. Secondo Gabriele De Simone – presidente della rete ATI del Friuli-Venezia Giulia (EffePi, formazione professionale) che coordina l’offerta formativa dei 13 enti della Regione, tra cui l’istituto frequentato dallo studente, il “Bearzi” -, l’alternanza scuola-lavoro non c’entrerebbe nulla. Il quarto anno si struttura in maniera duale, prevedendo metà della formazione in azienda, sottoscrivendo un piano formativo tra datore di lavoro, allievo ed ente, e metà all’interno del Centro di formazione, con la possibilità di attivare un contratto di apprendistato di primo livello.

Non c’entra niente il Pcto – ha assicurato De Simone – l’obiettivo dei centri di formazione professionale è proprio quello di avviare i giovani a una professione pratica. Quando i ragazzi entrano in azienda per i primi stage, devono essere formati, quindi l’unico vantaggio delle aziende è conoscerli, vedere come si approcciano al lavoro ed eventualmente assumerli dopo la formazione“.

Lorenzo Parelli
Lorenzo Parelli

La dinamica esatta dell’incidente è ancora da chiarire ma, al momento, quello che si sa è che Lorenzo stava operando su un macchinario oltretutto a lui già noto quando una putrella – una grossa trave d’acciaio a forma di T di circa 150 Kg – si è staccata e l’ha schiacciato. Diversi operai hanno assistito alla scena e sono intervenuti per cercare di salvarlo, ma a nulla sono valsi i soccorsi; il ragazzo è morto sul colpo. Ora restano infiniti dettagli su cui fare luce. Si attendono i risultati dell’autopsia che verrà eseguita nei prossimi giorni.

In un momento storico in cui si discute di sicurezza sul lavoro e di troppe e assurde morti bianche, quello che è successo a Lorenzo ha instillato riflessioni ancora più grandi da fare: perché questa non è una morte bianca, ma non è nemmeno una morte “a scuola”, è un mix delle due cose in cui trovare il bandolo della matassa per stabilire tutte le responsabilità non sarà affatto facile.

Le manifestazioni – Sono passati solo pochi giorni da questa tragedia ma sono state tantissime le dichiarazioni pubbliche fatte da diverse persone, coinvolte direttamente e non, dalla madre di Lorenzo (“È triste che un ragazzo di 18 anni esca per andare a scuola e non torni a casa“) all’istituto che il ragazzo frequentava (“Sognava un futuro nel settore meccanico“) al sindaco Ivan Petrucco (“Morire così, a 18 anni, sul lavoro, quando un lavoro ancora non ce l’hai, è tremendo. (…) La sicurezza troppo spesso viene messa in secondo piano“). La voce che ha alzato di più il tono, però, è stata sicuramente quella dei coetanei di Lorenzo, che si sono riuniti a Roma in una manifestazione svoltasi nei pressi del Pantheon e del Miur per mettere al centro dell’attenzione la morte di uno studente durante uno stage scolastico mentre, tutto intorno, il fermento è completamente dedicato all’imminente elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Un’iniziativa che prosegue sul filo di quanto già accadeva da settimane nella capitale, dove molte scuole sono state occupate per protestare contro i tagli al sistema scolastico e l’abbandono in cui si sentono piombati molti studenti con l’arrivo della pandemia.

E c’è un altro dato drammatico da riportare: la manifestazione si è conclusa con tre studenti feriti che hanno avuto bisogno di ricorrere ai punti di sutura, perché sono volate violente manganellate per “proteggere” i palazzi delle istituzioni da… un gruppo di ragazzi a mani nude che gridavano la propria rabbia.

Per questo, l’Unione Sindacale di Base ha richiesto l’apertura di un’inchiesta per individuare eventuali responsabilità. Intanto, i Cobas invocano la soppressione del PCTO.

Una scia di sangue che si allarga e che ci lascia con più domande di quelle che pensavamo di avere.