Cristian Brocchi messo in croce dai tifosi dopo la sconfitta dell’LR Vicenza a Lecce. I capi d’accusa sono: formazione sbagliata, mentalità perdente, cambi inutili. L’allenatore della squadra che porta la maglia nera del campionato non merita la condanna su tutti i fronti perché sta lavorando in una situazione emergenziale di cui ha responsabilità solo in parte.
Il quadro è questo: il Vicenza è in una posizione di classifica che definire precaria è un eufemismo; per cercare di salvarsi, dopo una prima metà di campionato catastrofica, dovrebbe tenere una media punti da primo posto; una ventina di giocatori sono stati contagiati dal Covid durante la pausa fra Natale e l’Epifania e gli allenamenti sono stati condizionati dalle loro condizioni di salute; il calcio mercato, ritenuto una risorsa imprescindibile per far crescere il rendimento della squadra con un adeguato numero di rinforzi, ha portato a Vicenza giocatori non in condizione-gara perché con poco minutaggio (o, addirittura, a zero) nelle società di provenienza; il calendario riserva ai biancorossi un tour de force pesantissimo perché devono giocare in sei settimane undici partite, per quattro volte con turni infrasettimanali.
Brocchi, quindi, deve fare i conti con tutte queste emergenze per fare delle scelte non solo tecniche e tattiche, che sarebbe la cosa normale, ma anche gestionali. La prima necessità è un utilizzo sensato delle risorse umane perché è evidente che non ha la possibilità di far giocare tre volte alla settimana sempre gli stessi giocatori e, quindi, ha una sola arma, che si chiama turn over.
Tre giorni dopo una partita dispendiosa come il derby con il Cittadella, c’è, però, in programma il recupero in trasferta della partita con il Lecce. Si tratta, in pratica di un testacoda perché la squadra pugliese è terza in classifica e, vincendo, avrebbe la possibilità di ascendere al primo posto. L’altra considerazione che deve fare Brocchi è: dopo altre settantadue ore ci aspetta uno scontro-salvezza probabilmente decisivo con l’Alessandria.
Fatte queste sacrosante premesse l’allenatore, per Lecce, non può che rimandare la formazione migliore alla partita che bisogna vincere a tutti i costi, cioè quella successiva con l’Alessandria. Non è scandaloso bensì professionalmente responsabile far rifiatare gli uomini migliori in una trasferta che presenta, oggettivamente, un altissimo coefficiente di difficoltà.
Assolvo Brocchi, quindi, dalla accusa di mentalità perdente. E, se anche qualcuno lo ritiene invece colpevole, sarebbe giusto riconoscergli le circostanze attenuanti: la rosa, in questo momento, presenta poche alternative perché, a disposizione, ci sono giocatori con pochi allenamenti in quanto negativizzati da poco o appena arrivati, altri che non sono in grado di giocare tre gare alla settimana non avendo preparazione nei mesi precedenti, altri ancora che non si possono schierare perché sono sul mercato. Ma quale sarebbe, alla fine, il turn over possibile a Lecce? La formazione scaturisce da sé per esclusione di questo e di quell’altro per i motivi detti.
Perché le critiche si catalizzano solo sull’allenatore? Ovviamente perché ha anche lui le sue colpe e il bilancio del suo operato a Vicenza è in profondo rosso. Ma il povero Brocchi non è un mago e non può trasformare in un team da primi posti quella che dalla società era stata presentata all’inizio della stagione come una squadra da play off (valutazione ribadita, incredibilmente, anche davanti ad una evidenza di tutt’altro segno). Non riusciva a far giocar bene nemmeno un Monza farcito di ottimi giocatori, figuriamoci un Vicenza malamente composto da veterani, svincolati, prestiti stagionali e presunte promesse.
Le responsabilità vanno estese anche ad altri. Di Carlo e Magalini sono stati individuati dalla società e licenziati di brutto, ma bisognerà pur dire qualcosa di questo calciomercato di gennaio che, ripeto, era l’unica arma a disposizione per cambiare l’andazzo e che invece ha visto l’ingaggio di rinforzi a scoppio ritardato, che saranno cioè in forma adeguata solo più avanti e non da subito, come avrebbe avuto dannatamente bisogno il Vicenza.
Era inadeguato il budget? Le scelte di Balzaretti sono discutibili? La società, dopo gli errori estivi, non ha ancora imparato la lezione? Fatto sta che le partite a disposizione per dar la caccia al mantenimento della categoria continuano a diminuire, la situazione non cambia e comincia ad essere anche matematicamente complicato raggiungere la quota salvezza. A meno che non si conti su un naufragio collettivo delle altre cinque-sei squadre che traccheggiano nella zona rossa, ipotesi – questa – francamente molto improbabile.
Il risvolto meno importante ma che ha fatto molto scalpore nella partita di Lecce è quello delle lacrime di Meggiorini, offeso in campo da un avversario negli affetti familiari. Premessa la doverosa solidarietà al giocatore, mi chiedo dove vivono tutti quelli che si sono sdegnati per l’episodio. Ma cosa credono che i calciatori in campo si scambino complimenti e cortesie? Le offese e le ingiurie sono da sempre il condimento (sbagliato, certo) dell’agonismo, pensiamo al razzismo non solo degli spalti ma anche in campo. Quel che colpisce è la reazione del veterano Meggiorini che, invece di mollare una sgrugna all’avversario o regolare i conti nel tunnel, si è abbandonato a un davvero inconsueto pianto a dirotto. Il sospetto è che sia stato lo sfogo del disagio psicologico con cui vanno in campo i biancorossi.
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