Se, a fronte dei tentativi di rinvio del decreto per legge 205 a favore dei soci Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca e 4 risolte, Franco Conte (Codacons Veneto) ha rivolto un appello a Rucco, Zaia e ai parlamentari veneti per far ritirare l’emendamento di rinvio è sempre lui a ricordare che «martedì 10 e mercoledì 11 saremo a Roma (le Associazioni Unite per il Fondo, ndr) a spiegare che non possiamo tornare indietro su quanto predispone la legge 205. In sintesi non possiamo accettare un ristoro in percentuale e con massimale… mentre chiediamo al Governo di alimentare il Fondo con soldi già presenti nel cassetto del Ministro Tria derivanti dai conti dormienti».
E oggi si è aggiunta l’accelerazione di Patrizio Miatello, presidente di Ezzelino III da Onara Associazione Giustizia Risparmiatori portavoce delle Associazioni Unite per il Fondo.
A loro nome, infatti, Miatello ha scritto al sindaco Francesco Rucco, che è stato costretto a fissare un incontro per il 10 settembre in Comune con Noi che Credevamo nella BPVi dall’atto di forza del suo presidente Luigi Ugone e alcuni seguaci suoi e del Coordinamento Banche di Don Enrico Torta (le due associazioni boicottano con ogni mezzo tra cui la disinformazione la 205), contro i quali abbiamo presentato un esposto presso i carabinieri di Vicenza, e gli ha chiesto un incontro, già sollecitato in passato così: «Illustre, sindaco di Vicenza Francesco Rucco, a seguito della nostra precedente richiesta d’incontro, a seguito della conferenza stampa di VicenzaPiù del 20 Agosto, riguardante la bozza del decreto attuativo, a seguito di notizie di ieri che il M5S ha presentato un emendamento che andrebbe a spostare il termine di attuazione del fondo al 31/01/2019 rimborsando sembra inizialmente il 30% solo a chi ha il lodo ACF, notizie che stanno creando sconforto e disperazione ai risparmiatori traditi, con la presente Le chiediamo un incontro urgente possibilmente prima del prossimo 11 settembre, con una delegazione delle associazioni Unite per il Fondo».
Inutile sottolineare che preoccupa le associazini più responsabili la determinazione del nuovo Governo a rinviare e poi, con ogni probabilità, a sterilizzare l’unico strumento, la legge 205, che consente un reale ristoro per decine di migliaia di risparmiatori vittime delle due ex popolari venete e delle 4 banche risolte a cui si rivolge la 205 (in tutto un universo di 330.000 soci di cui gran parte vittime).
Questa determinazione trova plausi sospetti sui media mainstream che non fanno che confermare, tutti dovrebbero rifletterci, che alla fine a prevalere su vecchi e nuovi governi sia sempre il sistema finanziario che non vuole che sia riconosciuto (la 205 lo fissa inequivocabilmente) il principio di ristorare i danni a favore dei «risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto… in ragione della violazione degli obblighi di – informazione, – diligenza, – correttezza e trasparenza», violazione che nasce sempre dal sistema finanziario stesso.
Il confindustriale Sole 24 Ore, ad esempio, già ieri esaltava il rinvio del decreto, il 30% che viene annunciato come liquidabile a breve per poche centinaia di risparmiatori (uno specchietto per le allodole, ma grave precedente per il futuro di chi potrebbe puntare ad avere molto di più se non tutto con la 205 attuata in pieno) e, udite udite don Torta, Arman e Ugone, la possibilità che vengano stanziati non i miliardi dei fondi dormienti disponibili, ma 400 milioni in tutto in 3 anni dopo aver già perso il primo dei 4 fissati per legge dalla solita 205. E esalta questo rinvio e questo esproprio così: «“l’intervento… riempie di contenuti la strada avviata al Senato con il primo rinvio al 31 ottobre del regolamento…” titolando addirittura: “rimborsi sprint per i risparmiatori colpiti dalle crisi bancarie“….».
E oggi, ad esempio non è da meno NordEst Economia, la sezione economica dei quotidiani Finegil (Repubblica – l’Espresso cioè De Benedetti – Elkan), che esulta già nel titolo così «Crac banche venete: entro anno rimborso a oltre 500 risparmiatori» e nel sommario completa l’inchino: «Potranno essere oltre 500 i risparmiatori, per la maggioranza riferiti delle banche venete Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che riceveranno un parziale rimborso dopo che il loro ricorso è stato accolto dall’Arbitro per le controversie finanziarie della Consob».
Come non dar credito, allora, dogmatico don Enrico, candidato 5 Stelle in attesa di seggiola Arman e capopolo Ugone, che con i vostri giochetti “onanisti” non abbiate fatto il gioco del sistema, che una legge che faccia pagare i danni alle banche truffatrici non la vuole, e del governo del cambiamento che promette tutto e di più ai soci truffati pur di rinviare e, per darsi un po’ di credibilità per le altre promesse fatte e non mantenibili giocando pulito, un po’ di flat tax e un pizzico di reddito di cittadinanza, raccatta tutto quel che può togliendo i soldi proprio a chi li ha dati a banche fraudolente e che con la 205 li avrebbe riavuti.
Tornano quindi nel cassetto i sogni di riavere i propri risparmi, indispensabili per gran parte delle vittime, il 65% con più di 65 anni, di questi crac pagati oggi solo da chi è incolpevole?
No, se verranno chiamati a rispondere delle loro responsabilità il governo che non cambia e i suoi supporter di comodo (proprio) e se verranno riaperti non i cassetti dei sogni ma quelli reali del MEF che sono pieni ad oggi di almeno 1.574.000.000 di euro di conti dormienti oltre ai mega importi ad oggi non resi noti (perché?) di polizze e altri strumenti finanziari ugualmente dormienti e rientranti nella legge 266 del 23 dicembre 2005 da cui la legge 205 può attingere.
Se solo lo vorranno i partiti di maggioranza, dimostrando di non essere ugualmente servi del sistema finanziario, spinti, però (i numeri li spaventano sempre) da tutti gli ex soci inclusi quelli che ci si augura che si “convertano” all’evidenza dei fatti dopo essere stati fedeli ai dogmi senza prove, come sono tutti i dogmi, del prete di Dese e dei suoi sodali.
I dogmi hanno portato a questa evidenza: legge 205 non applicata, decreto attuativo rinviato, primi rimborsi solo percentuali, fondi promessi (da chi le promesse non le mantiene) di 400 milioni in tre anni dopo aver già perso il primo.