La Corte di giustizia europea, in seduta plenaria, ha respinto i ricorsi proposti dall’Ungheria e dalla Polonia contro il meccanismo di condizionalità, che subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto, da parte degli Stati membri, dei principi dello Stato di diritto.
In sintesi: se volete i soldi europei dovete rispettare le regole europee.
Ripercorriamo le tappe della vicenda.
Il 16 dicembre 2020, il Parlamento e il Consiglio adottarono un Regolamento che istituisce un regime generale di condizionalità in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. Per realizzare tale obiettivo, il Regolamento consente al Consiglio, su proposta della Commissione, di adottare misure di protezione, quali la sospensione dei pagamenti a carico del bilancio dell’Unione o la sospensione dell’approvazione di uno o più programmi a carico di tale bilancio.
Nella sentenza, la Corte ricorda che “il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda, che sono stati identificati e condivisi dai medesimi, e che definiscono l’identità stessa dell’Unione, quale ordinamento giuridico comune a tali Stati, tra i quali lo Stato di diritto. Poiché tale rispetto costituisce, quindi, una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati a uno Stato membro, l’Unione deve essere in grado di difendere tali valori”.
Ora, Polonia e Ungheria dovranno modificare la propria legislazione per rispettare lo Stato di diritto, se vorranno usufruire dei fondi comunitari. Altrimenti, niente soldi o, in alternativa, possono imboccare la porta di uscita dalla Ue.
Primo Mastrantoni, Aduc