Spesso si commette l’errore di sintetizzare l’Unità d’Italia nella sola data del 1861 mentre, in realtà, si è trattato di un processo molto lungo e articolato. La vera rivoluzione, d’altronde, fu quella avvenuta 9 anni dopo con la breccia di Porta Pia, quando lo Stato Pontificio cessò di esistere in quanto entità storico-politica di potere e dominio – posizione che aveva mantenuto per oltre un millennio – e Roma fu presa per diventare, l’anno seguente, la nuova capitale, spodestando Firenze. Per non parlare della gestione che necessitarono tutti i territori che, fino a quel momento, rientravano sotto la giurisdizione della Santa Sede, tra cui proprio l’ex feudo del Circeo.
Quali furono le conseguenze di questo sconvolgimento geopolitico?
Analizzando quanto accaduto soprattutto al centro-sud, molto spesso ci si rende conto di quanto alcune regioni abbiano “perso” in questo frangente o, perlomeno, delle grandi difficoltà che si sono ritrovate ad affrontare. Ma per il Circeo questo contesto ha talmente tanto aggrovigliato le cose su se stesse che ancora oggi se ne risentono gli strascichi; preoccupando la vita di tanti cittadini a noi contemporanei.
Breve storia del Circeo – Il territorio che oggi ricade sotto il nome di San Felice Circeo è stato, innanzitutto, una colonia romana; nel Medioevo, poi, è entrato a far parte di Terracina, fin quando Papa Lucio II lo cedette ai Frangipane (antica famiglia baronale romana). Da qui sono cominciati vari passaggi di mano nel contesto della nobiltà locale, per poi rientrare a far parte della città di Terracina che, in questa fase, si occupò di rimettere in piedi tutte le strutture in rovina. A San Felice sono passati addirittura i Templari (XIII secolo): a testimonianza, l’antica torre da loro costruita che ancora oggi è visibile nel centro storico della città.
Successivamente subentrò la famosa famiglia Caetani, la più importante di Gaeta, che mantenne il possedimento per ben 400 anni (dal 1301 al 1713, fatta eccezione per una parentesi del dominio Borgia nel XVI secolo). In seguito si sono avvicendate diverse famiglie per via ereditaria: prima i Ruspoli e poi gli Orsini, che vendettero il feudo alla Camera Apostolica nel 1720. Proprio per questo, il territorio è diventato parte dello Stato Pontificio; fino a quando il principe polacco Poniatowski, innamorato dei panorami del basso Lazio, lo acquistò (1808) diventando reggente del feudo per una quindicina d’anni; periodo dopo il quale ci fu il ritorno alla Camera Apostolica.
All’epoca del dominio francese, San Felice venne inclusa nel dipartimento del Circeo, cantone di Terracina, in una continua oscillazione di annessioni tra dipartimenti (anche di Roma), circondari, delegazioni e amministrazioni varie. Una instabilità che si è conclusa soltanto con l’annessione al Regno d’Italia, avvenuta nel 1870 (con un plebiscito testimoniato da un processo verbale). Da questo momento in poi, fino al 1934, la città venne inserita nella provincia di Roma (prendendo il nome di San Felice Circeo nel 1872) per, infine, passare alla (nuova) provincia di Latina.
La questione mai risolta dei livelli baronali – Quando il Circeo passò dalla Camera Apostolica a Poniatowski, per ritornare infine sotto l’amministrazione pontificia, ci furono i primi sconvolgimenti riguardanti il pagamento del nummus che, inizialmente, veniva elargito in natura (attraverso i prodotti coltivati sui campi) e, dal regno del principe polacco in poi, in denaro. Il tutto avvenne in maniera più che ufficiale, tanto che i canoni vennero aggiornati ed uniformati per tutti i terreni coinvolti. Con il subentro dello Stato Italiano ci fu la vendita al Barone Ottavio Giacchetti che, a sua volta, cedette i suoi diritti ad un’altra persona, cominciando un passaggio di mano che si sarebbe concluso nel 1898 con James Aguet, barone svizzero e imprenditore (tra i soci fondatori della Cirio). I livelli baronali, così, sono riusciti ad arrivare nel nostro tempo attraverso la successione ereditaria: quando Elena Aguet, nipote di James, sposò il noto paleontologo Alberto Carlo Blanc (proprio quello che scoprì i resti Neanderthal nelle grotte del Circeo), gli eredi di questo antico accordo che sembra così anacronistico ai giorni nostri sono diventati gli Aguet-Blanc.
Ma cosa implica, esattamente, tutta questa storia?
I livelli baronali rappresentano il “vecchio” contratto con cui si concedeva un terreno in cambio di un affitto pagato, come detto, in un primo momento in natura e, in seguito, in denaro. In pratica, per affrancare questi beni dalla servitù è necessario versare una tassa piuttosto alta (può arrivare al 30% del loro valore commerciale) agli eredi Aguet-Blanc; ed è stato proprio così che molti proprietari di ville e case, in zona, hanno scoperto di non essere realmente proprietari a causa di questo antico vincolo. Soltanto gli immobili venduti – e, quindi, affrancati – direttamente dal barone sono stati “liberati”. Si è stimato che il problema riguardi circa tremila possedimenti del Circeo. Parliamo, quindi, di enfiteusi, cioè di quell’accordo che permette il godimento di un fondo di proprietà altrui (agricolo o meno), con l’impegno di migliorarlo e di pagare al proprietario un canone annuo (in denaro o in derrate alimentari).
Ma ci sarebbe anche dell’altro.
Negli ultimi anni si è costituito un Comitato con l’obiettivo di informare i cittadini disorientati e fornire supporto a 360 gradi. Da alcune ricerche condotte internamente sono sorti molti dubbi: in primis, la nobiltà di alcuni dei personaggi coinvolti (da Aguet a Giacchetti) non apparrebbe suffragata da alcuna prova concreta, tanto che il titolo di barone – secondo il Comitato – in questi casi rappresenterebbe un vero e proprio falso storico. Da qui si potrebbero muovere tutta una serie di obiezioni a cascata, ma la questione è molto delicata ed è ancora in corso. Uno strascico della storia che chissà quali altre evoluzioni si porterà dietro.