Nel cuore del Parco Nazionale della Maiella non si trovano, come ci si potrebbe aspettare, solo bellezze naturalistiche. Nel piccolo comune di Serramonacesca, in provincia di Pescara, è possibile passeggiare nella natura e raggiungere l’Abbazia di San Liberatore Martire, un complesso monastico immerso nel verde del Parco, il cui fascino è dato anche da alcune misteriose tombe rupestri.
L’Abbazia – splendida rappresentante dell’architettura romanica abruzzese, l’Abbazia si presenta all’esterno con una tipica facciata a salienti e un campanile a base quadrata. La costruzione del monastero è databile, secondo le fonti, al 1007, mentre non è chiara la natura della struttura preesistente: si parla di un monumento o di un’abbazia fondata da San Benedetto stesso o da Carlo Magno in seguito alla sua vittoria sui Longobardi nel 781. L’interno, particolarmente luminoso, è suddiviso in tre navate e ha un aspetto particolarmente sobrio, sebbene sulle pareti e nell’abside sia possibile notare i resti di alcuni pregiati affreschi risalenti al XIII secolo.
Lo stato di usura in cui si trovano gli affreschi è dovuto in larga parte all’esposizione agli agenti atmosferici permessa dall’assenza, per lungo tempo, del tetto. Attorno al XV secolo, infatti, l’abbazia visse un periodo di decadenza, e nel 1706 un terremoto la danneggiò pesantemente. Anche il pavimento racconta una storia molto antica, con i suoi mosaici cosmateschi del XII secolo a motivi geometrici e policromi, insieme con i fini bassorilievi floreali dell’ambone, databili anch’essi allo stesso periodo.
Le tombe rupestri – C’è un’altra fermata particolarmente interessante nel sentiero naturalistico che circonda l’Abbazia di San Liberatore. Su una parete lunga 20 metri, posta sul lato destro del fiume Alento, è possibile osservare tre tombe rupestri, scavate quindi nella roccia. Si sa poco su queste tombe, delle cui lapidi di copertura non vi è traccia; non solo il tempo, ma anche l’umidità ha contribuito a cancellare molte delle testimonianze della storia di queste affascinanti sepolture, come gli affreschi sull’edicoletta adiacente, di cui restano solo pochi frammenti. Una datazione successiva al X secolo è poco probabile: l’aspetto delle tombe, con la loro struttura “ad arcosolio” (in cui la sepoltura è incassata in una nicchia) ricorda le catacombe cristiane. L’ipotesi più probabile è che il luogo, come molti altri in Abruzzo, fosse utilizzato come eremo da un gruppo di religiosi devoti a San Giovanni, in un periodo a cavallo tra i secoli VIII e IX.
L’ambientazione suggestiva, il connubio tra natura e storia e l’aura di mistero data dalle origini lontane e poco conosciute di questi meravigliosi luoghi rendono questa parte del Parco Nazionale della Maiella un vero e proprio tesoro, che merita l’interesse congiunto degli appassionati di camminate nei boschi e degli amanti della storia, dell’arte e della cultura.