Caro direttore, da tempo l’informazione, quando è scomoda al potere, viene osteggiata. Lei lo sa bene per tutto quello che ha subito attraverso querele e condanne. Un tentativo di cancellare il dissenso, o meglio, le voci libere, lo stesso pensiero. Si indicano i colpevoli in chi denuncia, informa, pubblica notizie indesiderate, esprime critiche e opinioni che vanno contro il “sentire comune” (che poi è quello dei potenti).
Vorrei cogliere l’occasione della notizia sul rifiuto di accettare il ricorso contro l’estradizione di Julian Assange per una riflessione che vuole essere, certamente, una riflessione della persecuzione attuata da anni contro Julian Assange ma anche una denuncia contro le vessazioni, le intimidazioni, le querele pretestuose, le condanne che anche Lei ha subito in questi anni di dura battaglia perché si conosca e si sappia quello che il potere mediatico spesso e volentieri nasconde. Ultima la recente condanna in primo grado (e non definitiva come pareva leggendo articoli apparsi sulla stampa locale) nel “processo Dalla Pozza”.
Ad Assange, a Lei, Giovanni Coviello, a tutta l’informazione veramente libera va la massima solidarietà, mia e quella del PCI che rappresento. Lo faccio anche se conta e servirà a poco. Lo faccio perché ritengo sia giusto farlo.
Siamo convinti che la parte del mondo nella quale viviamo sia la culla della democrazia e della libertà? Ci assicurano che siamo fortunati perché possiamo dire quello che vogliamo mentre in Russia, in Cina, a Cuba, in Venezuela ecc. stanno massacrando chi si discosta dalle decisioni del potere. Un potere brutale che soffoca ogni dissenso e tutti i dissidenti. Con notizie martellante ci fanno “credere” che la giustizia e la libertà sia solo la nostre, quella delle “grandi democrazie” occidentali.
Poi uno legge una notizia come questa: “nuova sconfitta legale per Julian Assange. La giustizia britannica gli ha negato il ricorso alla Corte Suprema contro il via libera all’estradizione negli Usa dato nei mesi scorsi in appello. Con questa decisione si spalanca la strada alla consegna oltre oceano, dove il fondatore australiano di WikiLeaks rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati contenenti anche informazioni su crimini di guerra commessi dalla forze americane in Iraq e Afghanistan.” (fonte lastampa.it 14 marzo 2022 ore 18.19) e tutto risulta una tragica burla.
Perché la verità è un’altra, perché chi diffonde informazioni vere ma scomode rischia di rimanere in carcere a vita (175 anni per quanto riguarda Assange) anche nel “mondo libero”, perché la libertà di stampa e di opinione non è che un’utopia anche (o soprattutto) nelle “nostre belle democrazie”.
Adesso vediamo se i grandi opinionisti, i giornalisti che pontificano sempre e su ogni cosa puntando il dito contro le “dittature”, se i politici che fanno grandi dichiarazioni sulla nostra superiorità rispetto ad altri paesi in fatto di democrazia e libertà diranno qualcosa sulla persecuzione nei confronti di Julian Assange. Vediamo se i vari capi e capetti dei vari gruppi parlamentari andranno davanti alle ambasciate statunitense e britannica a pretendere che Assange sia liberato. Vediamo se lo faranno. Vediamo se, nella UE, presenteranno e voteranno mozioni di condanna nei confronti di chi vuole Assange in carcere, vinto, spento o se, invece, come sarà probabile, si schiereranno dalla parte dei persecutori.
La realtà, però, è questa: Assange viene dichiarato “nemico” perché ha diffuso la verità sulle nefandezze delle guerre promosse da USA e NATO e, per questo, non potrà vivere libero … anzi, non dovrà vivere.
Giorgio Langella, responsabile Dipartimento Lavoro Pci nazionale
Ringrazio il Pci Nazionale tramite Giorgio Langella anche se l’accostamento con Assange può sembrare forte, ma corretto in nome della libertà di stampa.
Della sua latitanza o insufficienza il Italia e, soprattutto, per quel che mi riguarda a Vicenza, pago da anni le conseguenze per giunta senza alcun atto concreto da parte di chi, almeno a livello cittadino e regionale, politici, ordini e sindacati professionali vari, quella libertà dovrebbe tutelarla, salvo poi invocarla quando la sua insufficienza si ritorce contro di loro o, quando, la evocano solo per i “grandi nomi”.
Perciò, sia pure conservando la mia modestia, penso che associare il mio nome a quello di Assange non sia eccessivo, perché in ballo c’è sempre e ad ogni livello la libertà di stampa, che, se minata alle fondamenta, per acquiescenza o anche solo per pigrizia, fa crollare anche il vertice.
Giovanni Coviello
Direttore responsabile di ViPiu.it