Continuando l’analisi degli interventi al convegno “Il secolo della giustizia: una promessa da concretizzare” organizzato a Roma il 26 marzo dall’associazione Meritocrazia Italia (alias L’Italia che Merita) spunti interessanti sono giunti dalle riflessioni dei politici intervenuti, l’onorevole Anna Rossomando, Vicepresidente del Senato e Responsabile Giustizia PD e il responsabile giustizia di Italia Viva, l’onorevole Catello Vitiello.
L’onorevole Rossomando ha innanzitutto ringraziato Meritocrazia Italia per l’attenzione costante al tema della giustizia, “un tema sempre caldo ma su cui l’attenzione è molto a corrente alternata”. Per Rossomando la questione dei tempi della giustizia va affrontata sfruttando le nuove risorse che tuttavia “bisogna saper utilizzare avendo un’idea di giustizia e di organizzazione della giustizia”. A suo parere quest’idea deve includere la consapevolezza che i tempi della giustizia italiani non sono adeguati rispetto ai tempi europei e che “nel penale la ragionevole durata del processo è il presupposto dello stato di diritto”.
La Vicepresidente del Senato e Responsabile Giustizia PD si è quindi dichiarata concorde con la Presidente del CNF Maria Masi per quanto concerne la necessità di una certa prudenza e di uno studio chirurgico quando si toccano le regole processuali (“se si cambiano tutti i momenti non necessariamente si cambia il rito”) e sul bisogno di porre attenzione all’ufficio del processo che ora viene impiegato “per smaltire l’arretrato”, ma che in realtà era nato per una causa molto più ambiziosa, per essere una sorta di concentrato di diversi livelli di professionalità ed esperienza (“a me piacerebbe molto che non ci siano solo i Giuristi nell’ufficio del processo”).
Poi una lancia spezzata a favore dell’impiego di giovani e l’appello a raccogliere la sfida del digitale che impone di ripensare l’organizzazione della giustizia. “Sui tempi – ha continuato Rossomando – inciderà molto la questione dei riti alternativi che consentono anche di anticipare misure alternative alla detenzione già nella fase del processo”. Per l’onorevole infatti è prioritaria l’effettività della pena, anche se occorre introdurre più giustizia riparativa.
“Il grande problema della Giustizia – ha poi dichiarato in maniera secca Rossomando – è che per venti o trent’anni è stata terreno di scontro politico dimenticando il merito”. “Solo stare molto al merito aiuta a trovare delle soluzioni” ha aggiunto. Sull’abuso d’ufficio il gruppo della Rossomando ritiene che “la sospensione dalla carica dopo una condanna non definitiva per reati come l’abuso d’ufficio che arriva alla condanna definitiva in percentuali minime è un tema che deve assolutamente essere affrontato”. Infine per Rossomando è ormai inderogabile anche una riforma dell’ordinamento Penitenziario e, sulla questione degli appalti, “non si possono bloccare le opere per paura delle infiltrazioni”.
Sul tema della legge elettorale del CSM ( Consiglio Superiore della Magistratura) l’esponente del Pd ritiene che “quello che va sconfitto sono gli accordi di potere, non le idee” e il sorteggio, oltre ad avere profili di incostituzionalità, non affronta il problema. Per l’onorevole la riforma non ostacola gli accordi di potere oltre a essere intrisa di “un pessimismo che culturalmente induce ad affidarsi alla Sibilla Cumana”.
Sulla partecipazione degli avvocati ai consigli giudiziari l’onorevole si è espressa positivamente, per “l’apertura e la circolarità” che determinerebbe. Per concludere, Rossomando ha espresso cautela sui fuori ruolo (“su questo tema non dobbiamo essere troppo talebani nel senso che su alcune materie il contributo che danno è importante”) e si è dichiarata contraria alle porte girevoli (“dove eserciti non vai a raccogliere il consenso devi andare da un’altra parte”). Sostanzialmente per l’onorevole l’equilibrio tra i poteri dello Stato deve essere “a tutela del cittadino che sta al centro di tutto”.
Il responsabile giustizia di Italia Viva, l’on. Carrello Vitiello, è invece partito dalla riforma del CSM nella convinzione che sia prioritaria rispetto a quelle dei processi perché “rischiamo di non garantire le elezioni del prossimo CSM”.
Per l’onorevole, l’unico modo per arginare il problema delle correnti sta nella separazione delle carriere: “quando non c’è più un rapporto di interdipendenza carrieristico fra giudicante e requirente noi risolviamo i tre quarti dei problemi del disallineamento dei poteri dello Stato”. Per Vitellio, infatti, “oggi ricostruire la giustizia significa riequilibrare i poteri dello Stato e rettificare quello che dovrebbe essere uno stato di diritto, ma non lo è”. Sostanzialmente per Vitiello, in accordo con Rossomando, “il problema è dell’uomo e non di chi fa politica, è di chi interpreta male la politica perché all’interno di ogni consesso compreso quello della magistratura è doveroso fare politica”. A questo proposito Vitiello ha aggiunto che il suo partito di appartenenza ha proposto una sorta di sorteggio temperato.
Riguardo alla partecipazione degli avvocati nei consigli giudiziari Vitiello è favorevole e lancia una provocazione: “nel ruolo ci dobbiamo ricordare che inevitabilmente abbiamo funzioni diverse. Se noi abbiamo il voto positivo o negativo di un magistrato allora diciamo che questa interdipendenza è salvaguardata e quindi la terzietà è rispettata, se invece è degli avvocati…”. A tal proposito l’onorevole ha ricordato che la responsabilità indiretta già non ha funzionato e che a suo parere “la statistica nella giustizia dimentica che dietro ai numeri ci sono persone che a casa non torneranno più come erano”.
Poi un invito a una maggiore attenzione al problema del deficit delle Corti di Appello, da cui la sua proposta: “rimettere nella carriera dei magistrati l’obbligo di fare la verifica di merito prima ancora che della legittimità”. Infatti, oggi, “se vuoi fare carriera nella magistratura non ci devi andarci per forza”. Infine una monito indirizzato ad amici e colleghi in merito al cambiamento dell’udienza preliminare: “con la ragionevole condanna rischiamo un precipitato cautelare diretto al dibattimento con il pericolo di inficiare fortemente la parità delle parti, il giusto processo, il modello accusatorio. Il risultato sarebbe un modello inquisitorio vestito da accusatorio”.