Economia della Cultura, Walter Mauriello (presidente Meritocrazia Italia): sviluppo sociale e sviluppo artistico

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Cultura ed economia
Cultura ed economia

In Europa, il settore culturale e creativo rappresenta il 4,2% del Pil ed è il terzo con più impiegati, dopo edilizia, ristorazione e comparto alberghiero, con circa sette milioni di persone impiegate (il 3,3% della popolazione attiva) – afferma nella nota che pubblichiamo sul economia e cultura Walter Mauriello presidente di Meritocrazia Italia (qui le altre note su ViPiù.it dell’associazione, ndr) -.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo le stime effettuate, la gestione del patrimonio artistico e culturale pesa per il 17% all’interno del macro-settore cultura e imprese creative generanti l’1,65% del Pil.

La questione è stata tuttavia solo recentemente oggetto di studio e attenzione da parte degli economisti.
Per la verità, i primi tentativi di collegare tra loro sviluppo della Società e sviluppo di arte e cultura sono da ricondurre a quello che è stato definito il materialismo culturale. Secondo questo approccio, sarebbero arte e cultura a influenzare la crescita di ogni comunità, e non il contrario.
L’economia della cultura è una disciplina ancora più recente. La prima presa di coscienza che prezzo e denaro non fossero fattori di svilimento della cultura ma strumenti per promuoverla e nobilitarla come fertile terreno di sviluppo economico e sociale si posiziona a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. L’evidente disinteresse da parte degli economisti non era tuttavia generato da una scarsa conoscenza dei fenomeni di produzione e conservazione dei beni culturali, quanto dalla convinzione che le dinamiche e le relazioni sviluppate in quest’ambito non fossero riconducibili a un modello economico e dunque scientificamente misurabili. Solo recentemente si sono fatti passi importanti volti a definire i beni economici prodotti dalla cultura, i suoi attori e il mercato, per arrivare infine alle stime dell’impatto economico del patrimonio culturale in generale.

Secondo la Commissione europea, vi sarebbe una stretta associazione tra patrimonio culturale e industrie culturali e creative. Infatti, molto spesso gli edifici storici rappresentano il luogo ideale per lo sviluppo di imprese che operano nel settore.

Un Report inglese elenca i motivi per cui la rigenerazione di un bene culturale può rappresentare un fattore di sviluppo sostenibile.
Tra questi, il fatto che il restauro e la rigenerazione di un edificio storico creano lavoro e contribuiscono all’economia locale, ma, a differenza di altri tipi di costruzioni, producono anche un ambiente attrattivo per le altre attività economiche, quelle dell’industria turistica, ma anche, per esempio, quelle dei trasporti locali. Inoltre, il mantenimento di edifici storici contribuisce al miglioramento delle qualità della vita della zona e il senso di appartenenza.

Per una migliore comprensione del fenomeno è opportuno dare conto di alcuni sviluppi teorici volti a meglio definire la c.d. economia della cultura.
Senza parametri precisi in merito ai principali attori e prodotti di questo comparto non sarebbe possibile immaginare una valutazione dell’impatto economico di incentivi fiscali nel c.d. circuito di scambio culturale e artistico, e dei relativi ritorni in termini di gettito fiscale.
Le difficoltà incontrate nel rilevare tali processi sono tuttavia tante, soprattutto quando si tratta di identificare degli indicatori capaci di misurare i flussi economici e i suoi attori.

La rilevanza dei fenomeni di produzione artistica in senso lato e più specificamente culturale e creativa è determinata anche dalla sempre maggiore consapevolezza dell’importanza del mercato della cultura, sostenuto da una serie di fattori venutisi a creare in questi ultimi decenni. Il primo di questi è dato delle innovazioni tecnologiche, che hanno aperto la strada a strumenti di comunicazione sino a poco tempo addietro assolutamente inimmaginabili in termini di numero e di tipologia. Si pensi, per fare un esempio tra tutti, allo smart museum, al museo diffuso e al talent garden.

Si è aggiunta anche la maggiore diffusione dell’istruzione, che ha abilitato un sempre maggiore numero di cittadini alla fruizione di prodotti culturali in precedenza riservati a pochi. Cittadini che per numero e eterogeneità richiedono strategie di mercato sempre più complesse.
In uno studio condotto alcuni anni fa sono stati analizzati i distretti creativi in 250 Regioni in ventiquattro Paesi europei ed è stato dimostrato che l’aumento dell’1% di industrie creative è correlato con un aumento dello 0,6% nel Pil pro capite.

Ora, il passo successivo sarà verificare se le attività economiche attinenti alla gestione e valorizzazione del patrimonio storico artistico e culturale possano ripercuotersi positivamente su altre attività e quindi generare altri benefici fiscalmente imponibili. In questo ambito, entrano in gioco due fattori: l’effetto moltiplicatore insito nella filiera di produzione culturale e il fenomeno attrattivo di determinati beni culturali posizionati in certe realtà locali.

Secondo le stime riportate nel Rapporto Symbola, la cultura ha sul resto dell’economia un effetto moltiplicatore pari a 1,8: in altri termini, per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,8 in altri settori. Gli 89,7 miliardi prodotti, quindi, si traducono in altri 160,1, per arrivare a quei 249,8 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 17% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano
Ecco perché è importante monitorare l’indice di attrattività culturale, determinato utilizzando i dati disponibili in tempo reale da Google Trend, che rilevano la frequenza di ricerche Google che, per ciascun Paese, mettono in relazione lo stesso con parole chiave riconducibili a diciotto indicatori come arte, letteratura, innovazione, cultura, design, cinema, teatro, etc.

Un aspetto molto interessante nell’indagine sulla misurazione dell’impatto della cultura sullo sviluppo economico è il potenziale occupazionale del settore.

Si assiste all’avvicinamento tra due mondi per lungo tempo separati e non comunicanti: la cultura diventa sempre di più una questione commerciale e l’economia è sempre più influenzata dalla cultura. In una società basata sulla conoscenza, si stanno sviluppando nuove forme di lavoro per il momento non ancora perfettamente definite e riconosciute e una nuova classe sociale, la c.d. creative class, nuovo fattore di sviluppo economico che permette di creare un ambiente caratterizzato da tolleranza, tecnologia e talenti. Sarebbero proprio questi tre elementi a rappresentare il fattore decisivo per la crescita economica.

Il settore culturale produce, poi, anche degli ‘effetti non-economici’, che devono essere tenuti in debito conto nel momento in cui ci si appresta a delineare degli interventi pubblici a favore di questo settore. Per esempio, la cultura ha impatto in termini di coesione sociale e integrazione; nella formazione di nuovi talenti ed eccellenze; nello sviluppo delle diversità culturali; ma anche nella creazione di condizioni favorevoli alla creatività e all’innovazione.

In conclusione, vi sono ora tutte le condizioni e conoscenze sociali, giuridiche e finanziarie affinché il grande patrimonio culturale italiano possa davvero essere considerato una leva fondamentale per la ripresa e la spinta propulsiva di tutto il sistema economico, dell’Italia e dell’Europa intera.                      

Meritocrazia Italia 

Il Presidente Walter Mauriello