Emilia-Romagna, terra di Lambrusco e Sangiovese. “Wine Specialists Journal”: l’Italia centrale dei vini rossi

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Lambrusco, credits Vinitaly
Lambrusco, credits Vinitaly

Nonostante l’enorme estensione territoriale dell’Emilia-Romagna e una superficie vitata che non è assolutamente trascurabile nel panorama enologico italiano, questa regione annovera tra le DOCG soltanto due denominazioni, vale a dire Colli Bolognesi Classico Pignoletto e Romagna Albana, entrambe prodotte da uve a bacca bianca. Tuttavia, a pensarci bene, in realtà, nell’immaginario collettivo italiano, e non solo, gli emiliani sono noti per la loro convivialità associabile all’inconfondibile Lambrusco, che nella varietà Lambrusco Salamino di Santa Croce rappresenta una delle dieci DOC della regione.

Otello,  Edizione 1813 Nerodilambrusco DOC, Tenute Ceci,  11% vol.

Otello, Lambrusco, Cantine Ceci
Otello, Lambrusco, Cantine Ceci

Il nonno Otello dev’essere stato un meraviglioso e ospitale oste, ma soprattutto dev’essere stato molto lungimirante se ad oggi, dopo due generazioni, la Cantina Ceci si fregia di essere tra le più rinomate nel contesto della produzione di lambrusco parmense. Nella vasta gamma di prodotti assolutamente interessanti della cantina emiliana, noi abbiamo degustato un lambrusco Otello Edizione 1813. Il vino si presenta dal colore porpora intenso, omogeneo, limpido e compatto, con una leggera bollicina che lo rende vivace. Al naso è fruttato con un primo diretto impatto di ciliegia, mora e susina, con un floreale che evidenzia una leggera nota di geranio. Nella famiglia delle erbe aromatiche riconosciamo il rosmarino, mentre tra le spezie riconosciamo la curcuma e poi una nota minerale con delle tostature da mallo di noce. Assaggiandolo, la bollicina viene percepita chiaramente e si presenta secco, anche se con un residuo zuccherino. L’alcool è leggero, mentre le morbidezze sono rotonde, spinte proprio dai residui zuccherini, anche se i tannini sono astringenti. Sicuramente sapido con un corpo esile, si tratta di un vino ruffiano, molto beverino, come gli ottimi lambruschi. L’equilibrio all’assaggio è garantito perché resta la frutta rossa e l’acidità, che pian piano ci ripulisce la bocca, spegne la sensazione fruttata iniziale. Lo definiamo un vino persistente, con una qualità definita, che si accompagna volentieri a salumi e formaggi e che si beve volentieri in compagnia, ma attenzione: si rischia anche di finirne una bottiglia da soli!!!

Appassimento Sangiovese, Tenuta Santodeno 2020, 14,0 % vol.

Santodeno, Sangiovese appassimento
Santodeno, Sangiovese appassimento

Questo caratteristico Appassimento Sangiovese della Tenuta Santodeno si presenta alla vista con un colore rubino e un’unghia porpora, colori che ci trasmettono, insieme alla limpidezza e alla compattezza, chiari segnali di gioventù. Al naso ci appare fruttato con sentori di lampone, ciliegie, fragola, mora, prugna e frutti rossi di bosco, ma anche floreale con una piena nota di viola e poi una nota leggera di peperone arrosto nel vegetale. Nella famiglia delle erbe aromatiche riconosciamo l’origano, mentre emerge anche una nota minerale di grafite. Tra le spezie si avvertono i chiodi di garofano, la china calissaia, il rabarbaro, la radice di liquirizia e la cannella, mentre tra le tostature si percepisce il tabacco biondo di sigaretta, il caffè ad alta tostatura, robusta. Nel balsamico si avverte, inoltre, la caramella club e, infine, nell’etereo è evidente una nota di inchiostro. Sicuramente è un vino intenso e leggermente complesso al naso con una qualità definita. Assaggiandolo, risulta secco, con alcool caldissimo e morbidezze avvolgenti. È fresco con tannini astringenti e una sapidità che dà corpo alla struttura. Lo definiamo persistente, da abbinare indubbiamente ad un prosciutto crudo di Parma e gustosi prodotti locali, purché siano abbastanza delicati di sale.

Di Erika Lumento e Michele Lucivero.


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a cura di Michele Lucivero

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