Luc Thibault in memoria di Michele Michelino che diceva che “le morti sul lavoro non sono una fatalità ma un crimine contro l’umanità”

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Il 7 aprile 2012, quando denunciare le morti sul lavoro non era mediaticamente frequente (di moda?) come da pochi mesi a questa parte, eravamo presenti per darne conto a convegno “Morti bianche: un convegno a Schio per non chiudere gli occhi. Come fa certa stampa locale“.

I relatori, sxcriveamo, erano “Cesca”, rappresentante della Tricom Pm Galvanica di Tezze sul Brenta, Luigi Pacchiano (qui il video), tra gli ammalati di cancro alla Marlale Marzotto che da anni girava l’Italia per ricordare decine di colleghi morti dopo atroci agonie, Maria Chiara Rodeghiero, presidente della locale sezione l’AIEA, associazione nazionale che raggruppa le migliaia di lavoratori esposti all’amianto e al famigerato Eternit, Giorgio Langella, che, ringraziato da Pacchaino per la sua lotta per la giustizia per il caso Marlane Marzotto, di fatto interpretò la protesta comune ai presenti verso chi, partiti e sindacati, nascondeva quel dramma e dava poco rilievo ai tanti altri.

Tanti altri erano stato gli intervenuti tra cui un giovane operaio del Picchetto di Padova, un anziano lavoratore lombardo (tracheotomizzato per effetto dell’amianto), Silvestro Capelli, che, emozionatissimo, chiese un minuto di silenzio per Raffaele Sorgato, un operaio di Treviso iscritto alla Cgil, che si lamentò anche della scarsa attenzione a questi problemi dei sindacati confederali, Silvio, figlio di uno dei morti della Tricom…

Tra i relatori di peso, poi, c’era anche Michele Michelino, responsabile del comitato di vigilanza nella medicina del lavoro a Sesto S.Giovanni, hinterland milanese ricco di aziende metalmeccaniche, e noto in Italia per aver costantemente seguito e denuncoato le morti per amianto: «tra il 2003 ed il 2006 i morti sul lavoro accertati in Italia sono stati 5252, più di quanti ne ha causati la Guerra del Golfo nell’intera coalizione occidentale, con età media del lavoratore coinvolto attorno ai 36 anni».

A chiudere il convegno, avendolo organizzato, c’era, infine, Luc Thibault, molto impegnato anche in Greta (ora Ava di Schio) nelle sue battaglie per la sicurezza, che si appellava alla necessità di «cancellare quella solitudine con l’unico metodo possibile, la partecipazione e l’unione per far sì che non siano sempre i lavoratori a pagare con la salute e con la vita il profitto degli imprenditori e per questo ci vuole un’altra società!».

Ora che Michele Michelino ha dovuto interrompere le sue lotte perché, si usa dire, “passato a miglior vita”, affidiamo, proprio il 25 aprile, che vorremmo fosse anche la festa della Liberazione dalle morti criminali sul lavoro, al servizio di Tg Rai Regione Lombardia, al nostro video del 7 aprile e a una lettera di Thibault il suo e nostro commosso ricordo.

Il direttore di ViPiu.it


Ho saputo giovedì 21 aprile stesso della morte di Michelino, non ci volevo credere, non era possibile! Michele era uno di questi compagni che lasciano un tale segno nella vita del movimento operaio, che sembrano quasi immortali!

Ho conosciuto Michele all’inizio degli anni 90 in una manifestazione a Milano, per caso.

Quando ha saputo che ero francese mi aveva subito chiesto la traduzione di una brochure sugli effetti dell’amianto. Conoscendo un medico francese che seguiva la questione dell’amianto avevamo poi organizzato un’assemblea con gli operai della Breda.

Quel giorno avevo sentito davvero il peso della mano criminale del capitale su di noi, sulla nostra classe. Questo capitale che assassina, giorno e notte, che parla di morte sul lavoro, quando si trattata di morte di lavoro. Tanti di questi compagni che avevo conosciuto, non ci sono più, l’asbesto (amianto) li ha portati via da noi, dalle loro famiglie, dei loro cari.

Dal quel giorno con Michele, non si siamo più lasciati, anzi siamo diventati degli veri amici, dei veri compagni di lotta. Spesso mi prendeva in giro e mi diceva “ti ho fatto crescere”!

Michele aveva delle idee diverse dalle mie sul cosiddetto socialismo cinese o sullo stalinismo. Ma discutevamo sempre con mutuo rispetto, Il perché sembra strano ma in realtà è molto semplice. Michele era un lottatore, un combattente, uno che ha dato sua vita per la nostra causa, senza risparmiare mai il suo tempo e la sua vita privata.

Lui era in tutte le battaglie. Aveva la tempra dura di un lottatore ma una umanità da vero compagno comunista.

Quando un giovane collega di 25 anni, Raffale Sorgato, spazzino di Schio, perse la sua vita sulla lavoro a Schio, avevamo organizzato io e lui una assemblea piena di gente per parlare di tutti questi morti di lavoro, fu davvero commovente gli interventi di Michele e di Silvano Capelli operai della Breda colpito di asbesto.

I lavoratori devono tanto a Michele.

Michelino ci ha insegnato a mai mettersi in ginocchio, ma piegare la testa, ma ad alzare il pugno e combattere, sempre ed in ogni luogo in ogni situazione di ingiustizia.

Michelino ci ha fatto capire l’ipocrisia di questa infame società capitalista, questa società che non giudica mai i padroni, come per l’amianto, come per la Thyssen Krupp, come a Viareggio o come nel 2021 per le oltre 1400 famiglie che sono state colpite dalla morte di un proprio caro.

Il capitalismo divora la vita degli operai per fare profitto, quando noi protestiamo per questa vita di merda, la borghesia ci manda i manganelli, i gas o i decreti Salvini della Lega o di Minniti del Pd, uniti per la difesa della repubblica borghese!

Le morti sul lavoro non sono una fatalità ma un crimine contro l’umanità, diceva spesso il compagno Michelino.

Non tanto tempo fa, il 14 marzo, Michelino scriveva questa frase, che dobbiamo stampare nei nostri cuori:

“Ogni giorno come in tutte le guerre ci sono esseri umani che perdono la vita. Ci sono operai e lavoratori assassinati sui posti di lavoro di cui non conosciamo neanche i nomi. Carne da macello, proletari ed esseri umani sacrificati sull’altare del profitto e a nulla servono i sermoni istituzionali sulla “pace” sulla sicurezza se rimangono semplici parole di circostanza. Questa è la realtà, ecco cosa contano gli sfruttati nella “democrazia borghese” dei campioni dei diritti umani”.

Bisogna restaurare l’odio di classe. Perché loro ci odiano, dobbiamo ricambiare. 

Loro sono i capitalisti, noi siamo i proletari del mondo d’oggi: non più gli operai di Marx o i contadini di Mao, ma “tutti coloro che lavorano per un capitalista, chi in qualche modo sta dove c’è un capitalista che sfrutta il suo lavoro”. 

A me sta a cuore un punto. Vedo che oggi si rinuncia a parlare di proletariato. Credo invece che non c’è nulla da vergognarsi a riproporre la questione. E’ il segreto di pulcinella: il proletariato esiste. E’ un male che la coscienza di classe sia lasciata alla destra mentre la sinistra via via si sproletarizza. 

Bisogna invece restaurare l’odio di classe, perché loro ci odiano e noi dobbiamo ricambiare. 

Loro fanno la lotta di classe, perché chi lavora non deve farla proprio in una fase in cui la merce dell’uomo è la più deprezzata e svenduta in assoluto? 

Recuperare la coscienza di una classe del proletariato di oggi, è essenziale.

Michelino lottava per una società diversa, per una società liberata dallo sfruttamento capitalistico, la sua scomparsa è un momento doloroso per tutti, ma la sua vita ci lascia un insegnamento: mai rassegnarsi.

Addio compagno Michelino

Luc Thibault