CSM, Walter Mauriello (presidente Meritocrazia Italia): una riforma necessaria per restituire fiducia ai cittadini

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Una seduta del CSM
Una seduta del CSM

Lo scorso 26 aprile, con 328 voti favorevoli, 41 voti contrari e 25 astenuti, la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario e l’introduzione di nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, nonché in tema di costituzione e funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) – afferma nella nota che pubblichiamo Walter Mauriello, presidente di Meritocrazia Italia (qui le altre note su ViPiù.it dell’associazione, ndr) –.

Il testo passa ora al Senato per l’approvazione definitiva.

A fare discutere maggiormente sono proprio la composizione e il sistema elettorale interno al CSM.

Il numero dei consiglieri viene innalzato a 30 membri, dei quali 20 togati e 10 laici, da eleggersi con sistema maggioritario, in collegi binominali, con un recupero proporzionale.

La composizione dei collegi, invece, cancellata in ultima istanza l’ipotesi del sorteggio, avverrà con decreto del Ministro della Giustizia, sentito il Consiglio Superiore della Magistratura, emanato almeno quattro mesi prima del giorno fissato per le elezioni.

La novità più rilevante è che le candidature avverranno senza alcun tipo di lista; ciascun candidato potrà presentarsi nel proprio distretto senza necessità di raccogliere un numero minimo di firme. Inoltre, l’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi avverrà in base all’ordine cronologico delle ‘scoperture’, onde evitare le c.dd. ‘nomine a pacchetto’. L’obiettivo è dar maggior valore a merito e formazione. Per il rispetto del principio di trasparenza, poi, le procedure di selezione che i vari curriculum dei candidati saranno resi pubblici sul sito del CSM.

Viene inoltre introdotto il divieto delle c.dd. ‘porte girevoli’: non si potrà esercitare contemporaneamente funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, sia a carattere nazionale che locale. All’atto dell’accettazione della candidatura, i magistrati, a differenza di quanto previsto attualmente, dovranno essere posti in aspettativa, obbligatoria per l’intero periodo di svolgimento del mandato, con diritto alla conservazione del posto e computo del periodo trascorso ai soli fini pensionistici. Allo scadere del mandato, i magistrati che avranno ricoperto cariche elettive o incarichi di governo, con un mandato di almeno un anno, non potranno più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. I magistrati candidati in competizioni elettorali, ma non eletti, per i tre anni successivi non potranno tornare a lavorare nella Regione che ricomprende la circoscrizione elettorale in cui erano candidati né in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano; inoltre non potranno assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate.

Il progetto di riforma introduce anche la separazione delle funzioni. È previsto un solo passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante nel penale, entro dieci anni dall’assegnazione della prima sede; limite che, tuttavia, non opera per il passaggio al settore civile o dal settore civile alle funzioni requirenti nonché alla Procura generale presso la Cassazione.

Viene infine previsto che il fascicolo di ogni singolo magistrato sia aggiornato annualmente e non ogni quattro anni, come avviene attualmente in occasione della valutazione di professionalità, con tutti i dati relativi all’attività svolta. L’istituto, già disciplinato, viene quindi implementato.

Si è, infine, disposta la partecipazione, con diritto di voto, degli avvocati all’interno dei consigli giudiziari che si occupano di valutare la professionalità dei Giudici, con possibilità per i componenti dell’avvocatura di sollecitare una delibera del Consiglio dell’Ordine

Tale disegno di legge, che rappresenta un passo avanti ma meriterebbe di essere integrato, non ha incontrato il parere favorevole dell’Associazione Nazionale Magistrati, secondo la quale tale riforma non sarebbe in grado di sopire il carrierismo che ha animato gli scandali degli ultimi tempi, ma soprattutto rischierebbe di travolgere il ruolo del Giudice, così come delineato dalla Costituzione, riportando la giurisdizione a un «assetto precostituzionale» nel quale i magistrati sarebbero asserviti ai capi degli uffici, introducendo ‘una logica aziendalistica’ del processo, tesa più ad un modello di  efficientismo che a una soluzione equa e giusta della controversia.

I magistrati si sono espressi negativamente anche in merito alla separazione delle funzioni, ritenendo che in tal modo si sopprimerebbe «la fisiologica osmosi di esperienze» tra giudici e pubblici ministeri.

I tempi sono maturi per un rinnovo del sistema giurisdizionale che restituisca dignità e credibilità a una delle funzioni più alte dello Stato.

L’obiettivo deve essere quello di restituire dignità e credibilità a un sistema istituzionale non equilibrato, incapace di assicurare davvero imparzialità e autonomia. Su questo convergano le energie di tutte le categorie interessate, senza conflitti, perché la riforma più giusta non è mai quella che accontenta una parte politica o una categoria professionale, ma è quella capace di favorire il bisogno di giustizia dei cittadini, che hanno diritto di tornare ad avere fiducia.

L’introduzione di un sistema di elezione che premi il merito rispetto all’appartenenza è necessaria. L’associazionismo interno è importante momento di confronto e crescita condivisa, ma è essenziale eliminarne il risvolto politico in sede di elezione e di nomina per gli incarichi direttivi. La politicizzazione della Magistratura ha eroso la vera funzione della Giustizia, mettendo al margine il serio impegno quotidiano di tantissimi magistrati.

Per questo, alcuni cambiamenti necessari sono:

– l’elezione a sorte dei componenti del CSM, tra soggetti rientranti in una lista di selezione per meriti, sui seguenti requisiti: anzianità di servizio continuativa minima di 10 anni; aver ricoperto ruoli semi direttivi e direttivi; aver ottenuto una percentuale di riforma delle proprie sentenze non superiore al 20% del totale dei provvedimenti emessi in un anno giudiziario (per la magistratura giudicante), con medesimo, speculare meccanismo per le percentuali di assoluzione del presunto reo con formula piena (per la magistratura inquirente); non aver ricevuto negli ultimi 5 anni sanzioni disciplinari;

– l’aumento del numero degli elettori e dei delegati al fine di caratterizzare l’organo quale vero Istituto di rappresentanza del merito, escludendo a tal fine coloro che risultino di estrazione parlamentare;

– la separazione delle carriere dei magistrati (giudicante e inquirente) sin dalla fase concorsuale;

– l’introduzione, per magistrati e operatori della giustizia, dell’obbligo di astensione dal partecipare e rendere dichiarazioni in trasmissioni televisive, per evitare inutili spettacolarizzazioni e svilimento della funzione giudiziaria;

– l’introduzione del divieto dell’assunzione di incarichi politici da parte dei magistrati;

– la ridefinizione dei meccanismi di progressione della carriera, con maggiore valorizzazione del Merito e applicazione di parametri oggettivi (ad esempio, numero di sentenze prodotte e non riformate nei gradi successivi rispetto alla media distrettuale).

Stop war.               

Meritocrazia Italia 

Il Presidente Walter Mauriello