Stress da lavoro correlato, nelle Bcc del Veneto è superiore alla media nazionale

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Stress Lavoro Correlato Veneto
Stress Lavoro Correlato nelle Bcc del Veneto parlano: i sindacati di categoria

Nelle Bcc del Veneto, lo stress da lavoro correlato, ovvero la percezione di squilibrio che un lavoratore avverte quando le sue capacità non sono commisurate alle richieste dell’ambiente lavorativo, è superiore alla media nazionale. A sostenerlo il Sindacato di categoria regionale (Fabi – First Cisl – Fisac Cgil – Uilca del Veneto).

Quest’ultimo, lo scorso anno, ha promosso unitariamente, in collaborazione con le università “La Sapienza” e “Mercatorum” di Roma, uno studio per la valutazione dello stress lavoro correlato, e della qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro settore bancario.

“La rilevazione – recita un comunicato stampa – è stata effettuata mediante la somministrazione di 1.506 questionari on line, rigorosamente anonimi, ai dipendenti delle Banche di Credito Cooperativo del Veneto. Hanno risposto al questionario il 38% dei destinatari, di cui il 58% uomini e il 42% donne, con un’età media di 45 anni. Il 72% appartiene alla categoria delle Aree Professionali e il 28% è inserito fra i Quadri Direttivi. Due terzi del campione ricopre un ruolo commerciale (66%), il 25% lavora presso agenzie o uffici di piccole dimensioni (con meno di 4 dipendenti), il 39% presso agenzie o uffici di medie dimensioni (da 4 a 7 dipendenti), ed il restante 36% presso agenzie o uffici di grandi dimensioni.

Gli elaboratori del test hanno individuato alcune criticità, definite tecnicamente “stressori di contesto”:

  • “il mancato raggiungimento degli obiettivi di budget può comportare problemi di mobilità territoriale e/o cambio di ruolo e questo crea ansia”;
  • “il ritmo dei cambiamenti sul luogo di lavoro è eccessivo rispetto alle proprie capacità di adattamento”;
  • “le richieste avanzate nelle vendite e/o consulenze sono in conflitto con ciò che ritengono moralmente giusto”;
  • “i colleghi o i superiori sollecitano ad essere “elastici” nell’esecuzione dei propri compiti e questo crea disagio”.

È evidente che si tratta di condizioni legate alla cultura organizzativa, alle possibilità̀ di sviluppo di carriera, all’autonomia decisionale e al controllo accordato ai lavoratori.
Fra i cosiddetti “stressori di contenuto” è ricompresa invece la difficoltà nel sostenere il ritmo di lavoro. I risultati della rilevazione, che ha misurato un elevato distress (stress negativo) sul 24,3% delle lavoratici e dei lavoratori, si possono così riassumere:

  • i lavoratori con elevato livello di stress sono maggiormente presenti nel gruppo che fa uso o ha fatto uso in passato di antidepressivi (32%), in chi occupa ruolo da impiegato (27%) rispetto ad una qualifica direttiva (16%), in chi ricopre ruoli di tipo commerciale (28%) rispetto al resto (20%);
  • la probabilità di essere stressati è significativamente maggiore nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di budget, cosa che può comportare problemi di mobilità territoriale e/o cambio di ruolo, e questo crea ansia;
  • i lavoratori per cui il ritmo di cambiamenti sul luogo di lavoro è eccessivo rispetto alle loro capacità di adattamento hanno una probabilità del 62,5% in più di rientrare nella categoria con elevato stress negativo;
  • i soggetti che concordano con l’affermazione che “Le richieste avanzate nelle vendite e/o consulenze sono in conflitto con ciò che ritengono moralmente giusto” hanno un rischio significativamente maggiore di essere stressati;
  • i lavoratori che concordano sul fatto che “I colleghi o i superiori sollecitano ad essere “elastici” nell’esecuzione dei propri compiti e questo crea disagio” hanno il 77,6% in più di probabilità di far parte della categoria con elevato grado di stress;
  • risultano invece “protetti” dallo stress (e quindi meno interessati dal fenomeno) i lavoratori con impiego di tipo direttivo o comunque con più autonomia decisionale.

Interessante è anche la conclusione dei rilevatori secondo cui “l’essere stressato” sembrerebbe non dipendere dal genere, dall’età, dallo stato civile del lavoratore o dall’avere figli.

L’indagine registra una qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori del Credito Cooperativo del Veneto significativamente inferiore rispetto alla media nazionale.
Queste risultanze dal punto di vista epidemiologico forniscono spunti per improntare indagini mirate a comprendere in modo analitico il nesso causale tra fattori di stress e la salute, e favorire l’introduzione di interventi di miglioramento della qualità di vita e di gestione dello stress.

Per quanto ci compete, sarà nostra cura invitare le singole aziende interessate ad un confronto per approfondire la problematica, al fine di mettere in campo tutti i possibili interventi per alleggerire lo stress fra le lavoratrici e i lavoratori del settore”.