La capacità di programmare, oltre l’urgenza
Alla luce del mutato quadro economico e in considerazione delle sopravvenute difficoltà, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non sembra più del tutto adeguato alle esigenze e agli obiettivi strategici indicati dal NGEU, nella direzione del definitivo superamento della crisi economica, sociale, ambientale e sanitaria ancora in corso. Presentano contraddizioni anche le particolari modalità attuative.
Costruire un futuro sostenibile è possibile solo per le vie di un radicale cambiamento del modello di sviluppo finora adottato, che ha condotto all’attuale desolante scenario.
In concreto, significa orientare la base produttiva in modo da garantire allo stesso tempo equità sociale e sostenibilità ecologica.
Queste le intenzioni; seguano azioni coerenti.
Continuare a puntare all’obiettivo prioritario della crescita economica infinita, a fronte di un Pianeta con risorse che invece sono finite, è irrealistico quanto inefficace, visti anche i limiti imposti dalla crisi ecologica. Ugualmente poco sincero è sventolare la crescita economica come necessità ineludibile per generare occupazione e benessere.
L’emergenza sanitaria, il collasso climatico e l’altissimo rischio di povertà che tocca 18 milioni di italiani sono gli ‘effetti collaterali’ di un sistema economico insostenibile socialmente e ambientalmente. Non sono problemi separati, ma conseguenze prevedibili e già annunciate da chi da più di mezzo secolo mette in guardia l’umanità sulla pericolosità dell’incontrollato liberismo economico.
Uscirne è un imperativo anche morale, almeno a voler puntare a vincere le sfide del prossimo futuro.
Diversamente, le risorse del PNRR non serviranno a sconfiggere disuguaglianze, povertà e crisi ecologica, ma finiranno per servire solo a una ridefinizione degli assetti produttivi di grandi interessi privati, spesso distanti dall’interesse pubblico e altre volte opachi.
Per raggiungere due dei tre obiettivi principali del Ngeu, ossia sconfiggere le disuguaglianze e promuovere la transizione ecologica, occorre un’altra strategia economica, sociale, culturale e relazionale.
Non basta parlare di sviluppo sostenibile, puntando su termini à la page come ‘transizione’, ‘green economy’ e ‘inclusione’, se poi questi non vengono accompagnati da obiettivi, interventi, fondi, strategie efficaci e azioni coerenti.
Il PNRR presenta a oggi problemi sia nel metodo che nel merito dei progetti presentati.
Gravissima l’assenza di qualsiasi partecipazione dei cittadini e delle reti sociali alla realizzazione del piano e dei progetti. Partecipazione prevista dall’art. 3 del Codice di Partenariato europeo, ritenuta indispensabile per ottenere risultati effettivi soprattutto per gli interventi nei territori marginali. La riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica, ad esempio, non può essere promossa dal centro e dall’alto, ma deve avvenire in maniera decentrata, distribuita e partecipativa.
A questo si sommano incoerenze tra quanto indicato nel Piano e quanto previsto nei Bilanci ordinari.
Non solo. Mancano investimenti sufficienti a garantire la riforma del welfare.
Con riferimento al diritto all’abitare, manca un ‘piano casa’ che garantisca alle centinaia di migliaia di famiglie in emergenza abitativa una casa di qualità e sostenibile in termini energetici.
Mancano investimenti volti a potenziare il diritto allo studio e contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa.
Troppe le contraddizioni.
Ma quello che più emerge è l’incapacità di programmare, pianificare e mobilitare la società verso un futuro più giusto, equo, coeso e sostenibile.
È ormai prassi il ricorso alla decretazione d’urgenza, quando sarebbe necessario programmare sulla base di bisogni che si conoscono già.
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Fonte: PNRR: ANCORA TROPPE LE CONTRADDIZIONI