Morti sul lavoro, la propaganda dei politici. E tra Paolo VI e Romero, c?è Nunzio: il patrono delle vittime sul lavoro

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Relativamente all’articolo (il primo che riportiamo sotto, dell’Ansa, poi a seguire anche un’altro de Il Fatto Quotidiano su Santi e lavoro ndr) si deve considerare che i numeri dei morti sul lavoro riportati si riferiscono ai dati INAIL che comprendono anche i morti in itinere ma solo gli assicurati INAIL. Secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna, i morti nei luoghi di lavoro sono (dall’inizio dell’anno a questa mattina) 580, che diventano oltre 1100 considerando quelli in itinere. 

Ma non sono i numeri (entrambi spaventosi) che ci devono fare riflettere. La cosa ignobile e inaudita è che le “considerazioni” istituzionali e politiche di chi siede in parlamento si limitano ad essere, appunto, solo “considerazioni”. Slogan, propaganda … qualche lacrima di circostanza e nulla più. Bisogna investire, e tanto, nella sicurezza sul lavoro, impedire il lavoro nero, cancellare il precariato, aumentare stipendi e salari, combattere l’alienazione che il lavoro produce nel sistema nel quale viviamo … si devono diminuire gli orari di lavoro, avere maggiore tempo per riposare, andare in pensione prima e non lavorare fino a un’età che non permette l’attenzione adeguata. In poche parole bisogna “spendere”, fare in maniera che l’innovazione tecnologica vada nella direzione di garantire non il profitto individuale dei padroni, ma la sicurezza e il benessere dei lavoratori. Bisogna impegnare grandi risorse, fare prevenzione e colpire con la durezza e la severità necessarie chi non rispetta le regole di sicurezza. Si fanno “entrare in campo nuovi ispettori”, come dice Di Maio? Bene ma si dica chiaramente quando, quanti e quali sono le risorse che vengono stanziate. Fare annunci non serve niente. Del resto qualunque governo, nelle giornate preposte, dirà di occuparsi di quella che chiamano “emergenza” ma che è la normalità. Poi, abbiamo constatato, tutto tornerà come prima, con i soliti tagli, le prescrizioni nei processi, il non ruolo a procedere, i fatti che non sussistono”.

 

dall’Ansa  

Tre morti al giorno sul lavoro dall’inizio dell’anno. Una strage quotidiana e inaccettabile in un Paese civile: nella 68/ma Giornata nazionale per le vittime di incidenti sul lavoro e di malattie professionali, promossa dall’Anmil, arriva il nuovo richiamo a fare di più sulla salute e la sicurezza del lavoro e sulla prevenzione degli infortuni. Con una “sfida”, lanciata dallo stesso presidente dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, Franco Bettoni: “Dimezzare le vittime” nei prossimi cinque anni. “Il dramma delle vittime degli incidenti sul lavoro ancora oggi ferisce la nostra società. Garantire a tutti la possibilità di lavorare in un ambiente sicuro è scelta di civiltà”, afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio per la celebrazione annuale. Va perseguita prima di tutto “la cultura” della sicurezza, sostiene il vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, che assicura l’impegno a potenziare prevenzione e controlli, anche facendo entrare in campo nuovi ispettori con “un rafforzamento del personale” dell’Ispettorato nazionale del lavoro già previsto in legge di bilancio. Sulla base degli ultimi dati Inail, quest’anno tra gennaio ed agosto sono state presentate 419.400 denunce di infortunio (in leggero calo rispetto allo stesso periodo 2017, -0,6%), di cui 713 casi mortali (31 in più rispetto ai 682 dello stesso periodo 2017, +4,5%). Aumento dovuto soprattutto all’elevato numero di decessi avvenuti ad agosto (92 rispetto ai 51 di agosto 2017), quando ci sono stati il crollo del ponte Morandi a Genova e gli incidenti stradali in Puglia, che hanno provocato la morte di braccianti stranieri a Lesina e Foggia.

Quello della salute e sicurezza è un tema caro ai sindacati, a cui hanno dedicato anche lo scorso Primo maggio. “Dall’inizio dell’anno tre morti al giorno sul lavoro. Bisogna fermare questa strage”, afferma la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, invitando a raccogliere il monito del Capo dello Stato.

 

da Il Fatto Quotidiano di 

 

Domenica di santi in Vaticano. Due su tutti: San Paolo VI – che così s?allinea a San Giovanni Paolo II e a San Giovanni XXIII – e il martire salvadoregno San Romero, indimenticato arcivescovo che venne ammazzato dagli squadroni della morte mentre celebrava messa.

Ma non sono stati i soli. Tra di loro c?è anche un santo di appena diciannove anni. Laico ed operaio, che morì nel 1836. Si chiamava Nunzio Sulprizio ed era nato in Abruzzo, a Pescosansonesco, in provincia di Pescara. Orfano di tutti e due genitori, ancora bambino, a nove anni andò a bottega da uno zio fabbro. L?estrema pesantezza delle mansioni da garzone lo fece ammalare. Una grave patologia alle ossa, alla tibia del piede sinistro. Dopo un ricovero all?Aquila, ritornò a lavorare per altri sei anni, ma il male non si fermò e fu trasferito a Napoli da un altro zio, che lo fece assistere da un colonnello medico. Invano. Quando non restava che l?amputazione della gamba, morì il 5 maggio 1836 a diciannove anni.

Una storia dal sapore dickensiano. Orfano e povero, Nunzio Sulprizio mise insieme lavoro, sofferenza e fede. Leone XIII ne parlò come di esempio altissimo per la ?gioventù operaia?. Diventato beato, il suo culto va dall?Abruzzo a Napoli e Taranto. Gli ex voto dei suoi devoti sono stampelle: il neo santo Sulprizio è ritenuto il protettore degli operai, dei precari e delle vittime sul lavoro. Il miracolo decisivo per la santità lo ha rivelato l?arcivescovo di Pescara, Tommaso Valentinetti: ?Un giovane di Taranto guarito inspiegabilmente per la scienza dopo aver riportato lesioni cerebrali e danni permanenti in un incidente stradale di dieci anni fa?. Ieri, Francesco ha definito Sulprizio ?il santo coraggioso e umile, che ha saputo seguire Gesù nella sofferenza?, a conferma della visione sociale del suo pontificato.

Nella canonizzazione di Sulprizio si scorgono infatti i segni della rivoluzione bergogliana, con l?attenzione costante agli ultimi e ai poveri dei nostri tempi: migranti e precari. Dimostrata anche da un altro nuovo santo vissuto nell?Ottocento: San Vincenzo Romano da Torre del Greco, nel Napoletano, che in vita fu chiamato ?il prete degli operai?.