Si è tenuto oggi il convegno di Fsp Polizia, a Padova, sul tema “La tutela delle forze di Polizia. Aspetti tecnici e legislativi” con la presenza, tra gli altri, di Carlo Nordio, già procuratore aggiunto della Repubblica a Venezia, intervenuto come relatore. Del convegno vi avevamo già parlato da queste pagine.
Nordio nel suo intervento ha toccato diversi temi: L’azione inquirente nei confronti degli appartenenti alle forze dell’ordine che dovrebbe tornare in capo alle procure generali, il risarcimento totale di ogni spesa realmente sostenuta per gli operatori in divisa che si vedono assolti e una preparazione specifica dei magistrati che si trovano a giudicare personale in divisa e che non possono assolutamente mostrarsi politicizzati su questo terreno.
Carlo Nordio ha ricordato come “nel vecchio codice Rocco esisteva la cosiddetta garanzia amministrativa, parallela alla garanzia politica che veniva data ai parlamentari. Così come non si poteva inquisire un parlamentare senza l’autorizzazione della camera di appartenenza, inquisire un poliziotto o un altro appartenente alle forze dell’ordine non poteva farlo un giovane pubblico ministero ma poteva farlo soltanto il procuratore generale presso la corte d’appello, quindi con una garanzia molto solida di professionalità e di esperienza. Questo non perché i poliziotti non siano uguali agli altri di fronte alla legge” ha spiegato Nordio il quale, in precedenza, ha invece sottolineato come un reato compiuto da un operatore della sicurezza o da un magistrato sia da considerarsi più grave proprio per la funzione svolta da questi soggetti, “ma perché coloro i quali vestono la divisa, come anche chi veste la toga, non sono uguali agli altri in termini di responsabilità che hanno”, perché limitare la libertà di una persona è una delle cose più difficile e importanti, in quanto la libertà come la salute è un bene primario, e assumere decisioni in questi ambiti richiede maggiori garanzie.
“Noi – ha concluso il magistrato – dobbiamo essere grati alle forze dell’ordine perché tutelano la nostra scurezza, ma dobbiamo anche stare molto attenti affinché queste persone che rischiano la vita non rischino anche il posto di lavoro, la loro incolumità e la loro professionalità individuale. Perché talvolta devono difendersi non solo dalla delinquenza, ma anche da una legislazione sbagliata, e anche da una certa aggressività da parte della magistratura che, invece di tutelarne la funzione, cerca di comprimerne l’esercizio del loro dovere. E’ difficile trovare il giusto equilibrio, ma bisognerebbe che anche i magistrati, soprattutto quelli inquirenti, fossero educati a mettersi nei panni dei poliziotti quando li devono giudicare”.