Lettere simili di Bankitalia a Popolare di Bari e Veneto Banca: eppure la prima ancora vive. Mentre anche il fondo maltese Methorios accomuna Bari e Popolare di Vicenza

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Pubblicata il 15 ottobre, aggiornata il 17 alle 13. Dopo l’articolo di Nicola Borzi su Il Fatto Quotidiano del 10 ottobre, dal titolo “Popolare di Bari, lo scandalo bancario a scoppio ritardato” e col sommario “Dopo anni di denunce, le autorità di vigilanza ora contestano irregolarità nella vendita di azioni e operazioni ‘baciate’. Ma ormai per i 70.000 soci il salasso è già arrivato“, siamo in grado di aggiungere qualche particolare di non poco conto specialmente se lo riferiamo, come più ci interessa qui, a quanto avvenuto per Veneto Banca con un “episodio” inizialmente simile ma poi alla fine conclusosi in maniera drammaticamente diversa per l’ex Popolare di Montebelluna e a delle similitudini (diaboliche?) con la Banca Popolare di Vicenza


Ebbene, se la Banca Popolare di Bari, come scrive Borzi, “risolveva i problemi alla Vigilanza” visto che “Banca d’Italia nel 2009 autorizzò la Popolare ad acquistare Cassa di Orvieto e nel 2014 diede via libera all’acquisizione della Casse di Teramo (Tercas) e di Pescara (Caripe), in grosse difficoltà“, c’è da riferire di quell’episodio iniziale e della sua diversa evoluzione in Puglia rispetto a quello analogo e immediatamente successivo in Veneto.

Nell’ottobre 2013 la “banca governata dalla famiglia Jacobini“, come ci confermano ambienti vicini agli allora vertici di Veneto Banca, ricevette una lettera molto dura di Banca d’Italia che, dopo l’ispezione iniziata il 23 gennaio dello stesso anno, di fatto le imponeva di confluire in un altro Istituto di standing adeguato con il vincolo aggiuntivo che nel cda dell’eventuale acquirente non ci sarebbe stato posto per alcun membro del cda barese dell’epoca.

Una lettera dai toni e dai contenuti che ci ricordano pedissequamente quella che fu, poi, inviata il 6 novembre 2013 proprio a Veneto Banca. A quel punto un dirigente dell’Istituto trevigiano, secondo le nostre fonti Cataldo “Dino” Piccarretta, ex vice direttore della Popolare di Bari arrivato in Veneto Banca come dg di Banca Meridiana (poi Bancapulia), consiglia i suoi capi (ne sono a conoscenza anche il condirettore generale Mosè Fagiani e il vicedirettore generale Mauro Gallea), di mettersi in contato con Roberto Sommella, un ex funzionario di Banca d’Italia (omonimo ma non correlabile a quello operante in BPVi) che assisteva anche Popolare Bari per le sue contro deduzioni alla lettera di Bankitalia e che viene incaricato di fare altrettanto per il rilievo ispettivo a Veneto Banca col supporto anche dallo studio legale della figlia Mirella.

Proprio Sommella, infatti, letto l’ultimatum di Banca d’Italia a Vincenzo Consoli & c, li avrebbe tranquillizzati affermando che la lettera arrivata a Montebelluna fosse di fatto addirittura “più morbida di quella ricevuta da Bari” (ne verrebbero informati varie volte anche il condirettore generale Mosè Fagiani e il vicedirettore generale Mauro Gallea). Ma a Bari tutto si risolse grazie ai contatti con l’organo di vigilanza di Banca d’Italia, di cui da maggio 2013 era divenuto direttore generale al posto di Saccomanni il suo vice barese Salvatore Rossi. Quei contatti tra Marco Jacobini e la struttura di vigilanza guidata da Carmelo Barbagallo portarono nei fatti a modificare le indicazioni a Bari di Bankitalia che, successivamente, ne autorizzò pure l’acquisizione di Tercas e Caripe, due problemi per Bankitalia risolti anche con le risorse del sistema… Infatti la miracolata Popolare di Bari per l’operazione Tercas riceve un sostanzioso anch’esso miracoloso contributo da parte del Fondo interbancario di garanzia (265 milioni di euro a fondo perduto) e riesce a far scucire un po’ di euro ai propri soci con un sostanzioso aumento di Capitale autorizzato dagli organi di controllo per 300 milioni di euro. 

Angeli o demoni? Fatto sta che Bari diventa, per la vigilanza, un campione aggregante mentre Veneto Banca avrà decisamente tutt’altro destino forse perché Jacobini ha bussato alla porta degli angeli che storicamente risiedono a Roma. A Montebelluna, invece, bussano i demoni perché, nonostante la consulenza di Sommella, è l’inizio della fine la lettera con i rilievi di solo un mese successiva a quella recapitata a Bari, il cui bubbone pare stia scoppiando solo oggi.
Se, poi, sono sempre più evidenti altre stranezze, che questa volta accomunano la Popolare di Bari con Banca Popolare di Vicenza come le sue operazioni con fondo Methorios, i cui gangli vitali sono a Malta…, crescono i dubbi ogni giorno e ogni sanzione (postuma?) in più.
Ma anche in questo caso è solo a Palazzo Koch chi potrebbe dissolverli o confermarli, riscrivendo magari la storia per lo meno della banca trevigiana, che ricordiamo, nonostante il “colpo” subito da Bankitalia, superò quasi un anno dopo, il 26 ottobre 2014, lo stress test della Bce a differenza di BPVi, la banca di “adeguato standing” individuata da Visco e Barbagallo per i montebellunesi, che fu bocciata da Francoforte per poi salvarsi, provvisoriamente, convertendo di notte un bond da 250 milioni di euro e poi sciogliersi, definitivamente, nell’acido istituzionale in cui trascinò con sé anche i cugini “cattivi”.