Argentina. Rifugio del riciclaggio da narcotraffico

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 Basta leggere i giornali di questi giorni per capire il grado di confusione e superficialità con cui le autorità riferiscono la piaga del narcotraffico. Il ministro della Difesa, Agustín Rossi, sorprende tutti affermando che l’Argentina è ormai un paese produttore di droga. Quasi all’istante, il segretario alla sicurezza, Sergio Berni, e il capo di stato maggiore, Jorge Capitanich, hanno affermato esattamente il contrario: che l’Argentina continua a essere un paese di transito e consumo di droga, ma non di produzione. A loro volta, i legislatori dell’opposizione giungono al bivio e suggeriscono la depenalizzazione del consumo di droga in privato. E, infine, la massima ritorsione finisce per essere data dallo stesso Berni mostrandosi favorevole alla legalizzazione della produzione e vendita di marijuana; posizione messa in pratica di recente dall’Uruguay.

Ma quella che risulta essere una verità evidente -e che le autorità omettono nel loro dibattito- è che il nostro Paese è uno dei paradisi economici e finanziari dei cartelli della droga colombiani.

A sostegno di questa affermazione, mi riferirò a due precedenti giudiziari che parlano da soli. Henry de Jesús López Londoño, alias “Mi Sangre”, è stato arrestato dall’Interpol e dal Segretariato dei servizi segreti il ??30 ottobre 2012, a seguito di una richiesta di estradizione richiesta dagli Stati Uniti. Il Segretario alla Sicurezza ha definito “Mi Sangre” il “narco più importante del mondo“. A metà del 2007 si è stabilito nel Paese insieme al suo nucleo familiare. Ha vissuto in sei proprietà in gated community esclusive nelle zone di Pilar, Tigre e Campana. Secondo testimoni confidenziali, una delle case era un palazzo in stile imperiale. Si trasferisce di casa in casa per motivi di sicurezza. Guidava auto blindate di fascia alta e viaggiava con tre o quattro guardie. Secondo l’inchiesta giornalistica di Mauro Federico ne “Il mio sangue: storia di narcotrafficanti, spie e assassini”, quest’uomo ha fatto importanti investimenti agricoli nel nord-ovest del nostro Paese, tra gli altri di natura immobiliare.

Il secondo esempio si riferisce a Ignacio Meyendorff, alias “Grande Fratello”, accusato di essere uno dei maggiori finanziatori del cartello Norte del Valle de Colombia e capo di una banda che trafficava cocaina in sottomarini. Appena arrivato nel Paese nel 2004 con la moglie, la suocera e i due figli, ha fondato una società di costruzioni, un’altra società immobiliare e altre quattro ditte di esportazione di prodotti per la decorazione d’interni (tra cui Cattle de Argentina e San Giuda SA). Si presume che le aziende siano state finanziate con i soldi della droga. Acquistò diversi campi e case importanti nei quartieri chiusi della Grande Buenos Aires. I suoi figli hanno studiato economia e diritto in un’università privata riconosciuta di Puerto Madero. Uno dei suoi figli, Mauricio Álvarez Sarria, aderì al piano fiscale 2009 per il rimpatrio dei beni, con il quale riuscì a “riciclare” 4.453.000 pesos (1.162.000 dollari americani al cambio ufficiale dell’epoca).

Le discussioni a zig zag e vuote di contenuti efficaci contro la criminalità organizzata non fanno altro che agitare il corso di un fiume, e come si suol dire “fiume agitato, pescatori di profitto” (leggi, spacciatori di droga). A questo si riferisce l’accademico Bruce Zagaris quando sostiene che “i politici spesso affrontano dibattiti superflui contro il difficile compito della lotta alla droga, nell’ottica di non esprimere la loro manifesta incapacità in termini di controllo effettivo”.
Mi chiedo: come limitare il successo economico dei gruppi della droga? Seguire e sequestrare il frutto del denaro della droga. Cioè, dare vita ai meccanismi legali contro il riciclaggio di denaro proveniente dal traffico di droga. Tuttavia, lo Stato sembra sedersi su questa questione. Ed è questa la massima critica che la società fa alla leadership politica. Le istituzioni sembrano essere tutte presenti, ma solo in modo apparente. A cosa serve la creazione di polizia municipale, procuratori specializzati o unità antiriciclaggio, se l’applicazione trasparente delle leggi contro il riciclaggio di droga è insufficiente e inefficace?

Come era solito ripetere il cardinale Jorge Bergoglio, è tempo che le autorità “si mettano il Paese sulle spalle”. Insomma, la dirigenza dovrebbe reagire, con urgenza, nell’ottica di fermare l’avanzata economica dei narcotrafficanti.

(CE NoticiasFinancieras del 16/07/2022)
 

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Fonte: Argentina. Rifugio del riciclaggio da narcotraffico

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