Gdf, bancarotta e autoriciclaggio: arrestato un imprenditore vicentino

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Un imprenditore vicentino è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Vicenza con l’accusa di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Gli uomini delle fiamme gialle hanno dato esecuzione anche ad un sequestro di beni e disponibilità finanziarie per un valore di 800mila euro. L’operazione rientra nell’ambito di un intensa attività di contrasto alle diverse forme di criminalità economica.

I dettagli nella nota ufficiale della Guardia di Finanza di Vicenza.

“I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale berico nei confronti di un imprenditore vicentino che, nel tempo, ha rivestito la carica di amministratore di diritto e di fatto di cinque società soggette a procedure concorsuali fallimentari. 

La misura cautelare è stata adottata in relazione alle ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta per distrazione dell’attivo patrimoniale, nonché per l’ipotesi di autoriciclaggio in relazione a cessioni, illecitamente finalizzate ad ostacolarne la loro provenienza delittuosa, di beni immobili derivanti da precedenti reati appropriazione indebita. Al termine delle investigazioni il danno patrimoniale è stato quantificato in 290.000 euro; il sequestro della somma, in esecuzione di specifico provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, è stato eseguito su conti correnti riconducibili all’imprenditore in via diretta o per mezzo di società interposte. 

L’autorità Giudiziaria ha anche disposto il sequestro di terreni e fabbricati (ubicati in provincia di Pordenone e di Pavia) per un valore stimato di circa 800.000 euro di cui l’indagato aveva acquisito la proprietà per il tramite di una società di cui egli è risultato amministratore di fatto. Nel corso dell’operazione di servizio sono state altresì eseguite, nella provincia Berica, perquisizioni disposte dalla Procura della Repubblica di Vicenza nei confronti delle abitazioni riconducibili all’indagato e presso la sede della società di cui egli è risultato amministratore di fatto. 

Le indagini svolte dai finanzieri della Sezione di P.G. della Procura della Repubblica di Vicenza e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Vicenza, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno permesso di rilevare che l’indagato ha gestito formalmente, o di fatto, società apparentemente scollegate tra loro nei cui confronti, nel tempo, veniva emessa sentenza dichiarativa di fallimento. 

L’esame del carteggio riveniente dalle instaurate procedure fallimentari ha messo in luce condotte distrattive del patrimonio societario (sia liquido che immobiliare) poste in essere attraverso prelievi di contante, cessione di contratti di locazione in corso di esecuzione (cui seguiva la riduzione del canone di locazione fino alla sospensione del pagamento dello stesso), nonché attraverso cessioni di beni immobili di cui le società avevano la titolarità. Nel corso delle indagini è stato riscontrato come la società cui venivano ceduti i contratti di locazione era riconducibile all’indagato; tale società, tuttavia, pur riscuotendo i canoni di locazione dai singoli affittuari di appartamenti e box, non riversava – come avrebbe dovuto – i canoni percepiti alla società originariamente titolare dei contratti di affitto oggetto di cessione, così causando, in capo alla società originariamente titolare dei contratti di locazione (anch’essa riconducibile all’indagato), un forte depauperamento del suo patrimonio fino ad arrivare al fallimento. 

Nei casi in cui il meccanismo fraudolento si caratterizzava, invece, per le cessioni di beni immobili intervenute tra le società partecipi della frode – tutte riconducibili anche tramite prestanomi all’indagato – è stato riscontrato, nel corso delle indagini, come i prezzi di vendita venissero pagati mediante accolli di debiti; tali posizioni debitorie oggetto di accollo venivano poi azzerate a seguito dell’intervento di accordi transattivi per prezzi irrisori addivenendo così ad una spoliazione del patrimonio delle società portate al fallimento. 

Le società dichiarate fallite si sono tutte caratterizzate per il dato comune dell’occultamento o, comunque, per la distruzione delle scritture contabili e ciò al fine di rendere difficoltosi non solo gli adempimenti in carico ai curatori fallimentari nominati dal Tribunale – creando in tal modo ostacolo e danno anche ai creditori – ma anche allo scopo di dissimulare la reale funzione, fraudolenta, ad esse attribuita e cioè quella di essere svuotate e portate, in serie, verso il fallimento. 

L’operazione svolta si inquadra nella costante azione di contrasto alle diverse forme di criminalità economica ed è stata sviluppata trasversalmente, facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria del Corpo, nella prospettiva di assicurare all’Erario e ai creditori il soddisfacimento delle legittime pretese creditorie anche nell’ottica di tutelare il mercato immobiliare dagli effetti distorsivi e dagli indebiti vantaggi economici derivanti da comportamenti illegali. 

Si rappresenta che le misure cautelari personali e reali sopra descritte sono state adottate su ordine dell’Autorità Giudiziaria e che, comunque, per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza della persona sottoposta ad indagine in relazione alla vicenda sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna”.