Stipendi docenti italiani più bassi d’Europa: le proposte irricevibili di Enrico Letta e Andrea Gavosto

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Enrico Letta e Andrea Gavosto sulla scuola pubblica
Enrico Letta e Andrea Gavosto sulla scuola pubblica

Nel clima elettorale rovente di un agosto perlopiù torrido non mancano le genialate di alcuni partiti in evidente calo di consenso, i quali fanno disperatamente incetta di voti, arraffando il possibile tra le diverse fasce della popolazione. Tra questi tentativi vi è quello patetico del Partito Democratico di Enrico Letta, al quale poi fa da sponda la Fondazione Agnelli di Andrea Gavosto, con un intervento scomposto e alquanto distante dalla realtà.

Partiamo dal presupposto che il centrodestra marca ormai da decenni una distanza a nostro avviso incolmabile tra sé e la scuola pubblica, per cui è normale che nei suoi programmi elettorali non ci siano specifici punti dedicati all’istruzione. Perlopiù la strategia elettorale del centrodestra è un miscuglio ben architettato di populismo e neoliberismo, in grado di pescare voti tra la popolazione di fascia bassa di reddito, per mezzo delle solite promesse irrealizzabili, ma soprattutto tra la fascia di popolazione medio-alta, o quella che ambisce berlusconianamente ad esserlo nell’ubriacatura del self made man, per mezzo di proclami su flat tax – del resto incostituzionale – e abolizione di reddito di cittadinanza.

In questo disinteresse totale del centrodestra liberista per la scuola, il PD cerca di recuperare quel migliaio di voti del mondo dell’istruzione, voti che negli ultimi anni sono migrati verso il Movimento 5 Stelle, verso la sinistra più radicale, lo stesso centrodestra, ma, soprattutto, sono confluiti nel grande partito dell’astensionismo. E così il segretario Enrico Letta, ricordandosi della scuola, mette insieme una serie di gaffe che non possono che sortire l’effetto opposto a quello sperato, cioè l’allontanamento ulteriore della popolazione scolastica da un presunto centrosinistra.

Nella sua uscita ufficiale sul mondo della scuola, ovviamente con tutta la sua credibilità del periodo elettorale, Enrico Letta annuncia una grande riforma dell’istruzione, dimenticando che quella voluta da Patrizio Bianchi e varata dal governo Draghi, con strascichi legislativi anche in regime di ordinaria amministrazione (essendo dimissionario), è stata una riforma pensata dal PD, con un ministro, lo stesso Patrizio Bianchi, incontrovertibilmente in quota PD.

Non solo, Enrico Letta, guardando tra le scartoffie del Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe – 2020/2021 realizzato dall’agenzia europea Eurydice, si accorge che gli stipendi dei docenti italiani di scuola secondaria di secondo grado sono nettamente inferiori rispetto a tutta l’Europa occidentale (peggio solo il Portogallo), accanto a Malta, Cipro, Slovenia e Grecia e così, il geniale segretario del PD annuncia di voler aumentare gli stipendi dei professori, come se nel mondo della scuola vi fossero solo i professori e le professoresse e non, invece, anche personale ATA e maestri e maestre, i quali, ovviamente, sono insorti.

Stipendi degli insegnanti in Europa, fonte Repubblica
Stipendi degli insegnanti in Europa, fonte Repubblica

E, tuttavia, come se non bastasse, nella promessa farlocca di Enrico Letta vi è la netta consapevolezza della stronzata, infatti l’equiparazione degli stipendi medi annuali dei docenti italiani di 26.000 euro lordi (circa 20.000 netti), a quelli di Francia, Spagna e Irlanda (dai 5 a 10.000 più alti) non arriverà subito, ma – se il mondo della scuola si decidesse a votarlo – solo a fine legislatura, cioè nel 2027, e non per tutti, bensì solo per chi è a fine carriera, proposta che ha lo stesso sapore agrodolce dell’aumento per il docente esperto previsto da Bianchi per il 2032. Il fatto è che attualmente non abbiamo abbastanza soldi per aumentare gli stipendi del personale della scuola, infatti ci sono docenti precari che da diversi mesi non percepiscono soldi, tuttavia il 5 agosto il governo dimissionario di Draghi ha firmato un accordo per inviare 200 milioni di euro in prestito a tasso zero all’Ucraina per pagare i suoi insegnanti, mentre i nostri rimangono alla canna del gas (inteso letteralmente).

Ora, la miseria economica in cui versa il personale della scuola, nella sua interezza, senza distinzioni tra amministrativi e docenti e tra gradi e ordini di scuola, è ormai sotto gli occhi di tutti, basti dire che il contratto collettivo nazionale è fermo al 2018 (dopo un altro stallo di dieci anni), cioè precisamente prima che l’economia italiana subisse uno scossone imprevisto causato da un pandemia mondiale e da una guerra con ripercussioni sui prezzi dell’energia e dei generi alimentari e un’inflazione che nel mese di luglio ha raggiunto il 7,9% su base annua.

E proprio sulla questione degli stipendi da fame del personale della scuola ritorna, il 13 agosto dalle colonne di Repubblica, Andrea Gavosto, già Chief economist di FIAT e di Telecom Italia, attualmente direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, ormai (non si capisce per quale motivo!) una voce da tenere in debita considerazione per le riforme che riguardano l’istruzione. È il caso anche di far notare che Gavosto, oltre ad aver scritto per Laterza un volume sulla scuola[1], è anche consigliere della Scuola di Alta Formazione al Management di Torino, un’istituzione che ci ricorda molto da vicino il modello della Scuola di Alta Formazione proposta dal ministro Bianchi.

Ecco, Gavosto riconosce, giustamente, che gli stipendi dei docenti italiani siano bassi, ma – dice – se lo meritano, perché, rispetto agli altri colleghi europei, gli italiani (professori e professoresse) lavorano poco, infatti occorre subito una riforma che porti le famigerate 18 ore settimanali di lezione a 35, da svolgere tutte nelle scuole (perlopiù diroccate), in modo da poterle effettivamente rendicontare, che è il modo per rendere più efficiente ed efficace la pubblica istruzione secondo il modello taylorfordista.

Lasciamo le considerazioni sulla irricevibile proposta di Andrea Gavosto alla nostra collega Galatea Vaglio, pubblicate su ValigiaBlu, alle quali ci associamo incondizionatamente, mentre noi vorremmo solo far notare la progettualità scriteriata della politica del PD di Enrico Letta e Patrizio Bianchi che, mentre afferma di voler difendere la scuola pubblica a scopi puramente elettorali, contribuisce inesorabilmente al suo declino culturale, prona alle ridicole proposte dei vari General manager e Chief economist ai quali abbiamo dato la patente di Maître à penser con delega all’istruzione e alla formazione di governi ombra senza spina dorsale.

[1] Cfr. A. Gavosto, La scuola bloccata, Laterza, Roma-Bari 2022.


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a cura di Michele Lucivero

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