Domani come Non Una Di Meno Vicenza – è scritto in un comunicato dell’associazione del 9 novembre – saremo a fianco di Donna Chiama Donna, così come in tante altre piazza in tutta Italia, per organizzare dimostrazioni di dissenso al DDL Pillon. Sono 5 i NO che verranno ribaditi nelle piazze il 10 novembre, in una mobilitazione che coinvolge il movimento delle donne, l?associazionismo democratico, tante realtà della società civile, uomini e donne che da subito si sono espressi contro il Disegno di legge Pillon su separazione e affido, con oltre 95.000 sottoscrizioni alla petizione che ne chiede il ritiro lanciata su Change.org da D.i.Re, Donne in rete contro la violenza.NO alla mediazione obbligatoria e a pagamento
NO all?imposizione di tempi paritari e alla doppia domiciliazione/residenza dei minori
NO al mantenimento diretto
NO al piano genitoriale
NO all?introduzione del concetto di alienazione parentale.
Se verranno approvati il Disegno di legge Pillon e gli altri 3 disegni di legge sulla stessa materia attualmente in discussione al Senato, separazione e affido rischiano di diventare un campo di battaglia permanente.
Di fatto si vieta il divorzio a chi è meno ricco perché le separazioni saranno fortemente disincentivate dagli alti costi imposti dalla mediazione obbligatoria e a pagamento.
I figli e le figlie diventeranno ostaggi di un costante negoziato sotto tutela per far funzionare il mantenimento diretto a piè di lista e il piano genitoriale con doppio domicilio.
Le donne, la parte in genere economicamente più debole delle coppie perché su di esse grava il lavoro di cura e perché hanno mediamente stipendi più bassi anche a parità di lavoro, rischiano di restare stritolate in un percorso pensato soprattutto per imporre e arricchire una nuova figura professionale, quella del mediatore familiare, anche disconoscendo la pervasiva violenza maschile che è causa di tante separazioni.
Il 10 novembre in numerose piazze italiane – scrive invece per l’Unione Sindacale di Base Flavia Intallura – si terranno manifestazioni contro il ddl Pillon, indette dalla Rete Di.RE (la rete dei Centri antiviolenza), un primo momento nel quale far sentire forte e chiara tutta la nostra indignazione contro ogni proposta che intenda limitare il diritto all?autodeterminazione delle donne. Il ddl Pillon si inserisce a pieno titolo in un disegno che perpetua l?attacco alle donne, un disegno che passa anche attraverso le mozioni comunali che vorrebbero mettere in discussione la 194 e ridistribuire le risorse pubbliche in chiave di imposizione sull?autodeterminazione delle donne, perimetrandone la morale e giudicandone la vita privata. Un disegno collettivo dove si sommano sistematicamente gerarchie e pulsioni reazionarie che passano dal disconoscere gli spazi di autogestione, al criminalizzare le marginalità sociali a colpi di Daspo, spezzando i nessi della solidarietà sociale, mettendo a tacere chi alza la testa, istituzionalizzando l?apartheid. Un disegno che fa del dominio la sua premessa e delle mura domestiche il suo laboratorio sperimentale. Un progetto contro le donne su affido e mantenimento dei figli per difendere la famiglia tradizionale e ristabilire ruoli e gerarchie di genere che negano l?autodeterminazione delle donne. Un progetto mistificatorio, ideato senza alcuna considerazione della violenza come dato di carattere strutturale e come causa di allontanamento autoconservativo da relazioni affettive dove il dominio maschile va in cortocircuito e il ricatto economico si manifesta in tutta la sua forza. Un progetto di legge che arriva a violare i principi della Convenzione internazionale di Istanbul laddove la mediazione obbligatoria costringe la donna vittima di violenza a frequentare il coniuge maltrattante e di fatto impedisce alle vittime di violenza familiare di sottrarsi al persecutore proteggendosi in una casa rifugio con i propri figli. Un progetto che non tiene in considerazione le condizioni economiche di partenza e avrà impatti differenziati a seconda del reddito e che di fatto abolisce l?assegno di mantenimento per i figli. Un progetto che si muove nell?alveo della sanzione ricattatoria e della paura e che senza alcun fondamento scientifico assurge a teorema la ?sindrome da alienazione parentale?: se la bambina/il bambino non vuole stare con uno dei genitori può essere sottratto al genitore cosiddetto ?alienante? ed addirittura essere posto in una casa famiglia. Un progetto di legge che si innesta a gamba tesa come variabile peggiorativa che si va a sommare alla disparità salariale, alla crescente dismissione del welfare in nome del risanamento del debito e all?istituzionalizzazione del welfare aziendale, alla femminilizzazione del lavoro caratterizzato dai tre parametri di piena disponibilità di tempo, intermittenza e gratuità lavorativa. Il tutto in una cornice internazionale in cui la stessa Commissione Europea ha stimato che le donne guadagnano in media il 16,2% in meno rispetto agli uomini, con enormi disparità fra i vari stati dell?Unione. In Italia la disparità è tale che, a conti fatti, sarebbe come dire che dal 3 novembre scorso le donne lavorano gratis fino alla fine dell?anno perché, simbolicamente, da questa data cessano di essere pagate per il loro lavoro in rapporto ai colleghi uomini. Con l?aggravante che lo smantellamento sistematico del welfare carica sulle spalle delle donne tutto il lavoro di cura. Lo Stato, incapace di garantire un minimo di redistribuzione e protezione sociale (lavoro, salute, istruzione, casa?) si manifesta nella sua funzione di controllo e di pulsione all?ubbidienza e lo fa a partire dai migranti e dai corpi delle donne, usandoli come terreno di ricatto economico cosi come strumento passivo funzionale a legittimare la deriva razzista e securitaria. Il 24 novembre USB sarà in piazza anche nella manifestazione lanciata da Non Una Di Meno nell?assemblea nazionale di Bologna del 6 e 7 ottobre scorsi, che quest?anno si caratterizza, principalmente, proprio contro gli effetti del DDL Pillon e del decreto Salvini.