Crisi energetica

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Il conflitto tra Russia e Ucraina ha determinato una crisi umanitaria ed economica senza precedenti, facendo prendere coscienza all’Unione europea della propria debolezza dal punto di vista dell’autonomia sul piano energetico. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, la spiccata dipendenza dal gas russo ha messo in tutta evidenza anche il ritardo nello sviluppo di fonti energetiche alternative e rinnovabili e sta determinando pesanti ricadute sul sistema economico nazionale, già provato dai due anni di pandemia.
Gli aiuti di Stato all’uopo predisposti si stanno rilevando poco incisivi e le previsioni sull’andamento dei prezzi dell’energia sono confortanti. Si considerino l’impatto sul fatturato e la conseguente perdita di competitività sui mercati europei e internazionali.

Per contenere le difficoltà, sarebbe utile procedere alla redistribuzione del gettito fiscale che potrebbe derivare dalla tassazione degli extra profitti di tutte quelle imprese che da questa crisi energetica oggi ricavano guadagni da capogiro. Non c’è più tempo da perdere, altrimenti lo Stato, oltre a dover fare i conti con un sistema economico in continuo declino, che inizia a cronicizzare le chiusure e le perdite, si troverà a dover gestire tutti i dipendenti messi in cassa integrazione e/o il ricorso ad altri ammortizzatori sociali. Con inevitabile collasso dell’intero sistema.

A oggi in Italia circa il 40% di tutta l’energia che serve è prodotta bruciando gas, importato per oltre il 90%.
Le riserve italiane sono molto ridotte: immaginando di attingere a piene mani da quelle certe, si coprirebbero i consumi nazionali per 7 mesi, e, aggiungendo anche quelle probabili e possibili, si avrebbero 11 mesi in più.
In ogni caso, che il gas sia estratto sul territorio italiano o meno, il prezzo lo fa il mercato. Quello olandese per la precisione, attraverso il Title transfer facility (Ttf): è il punto di scambio virtuale che fa da riferimento per il prezzo del gas in tutta Europa. Qui i contratti scambiati sono prevalentemente futures, per consegne (virtuali) di gas che avverranno dopo un tot di tempo, al prezzo fissato; se nel mentre il prezzo del gas sale, però, lo speculatore può rivendere sul mercato secondario e passare all’incasso.
Le cose cambieranno tra un mese, ma non di molto.
L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) ha stabilito che dall’1 ottobre le tariffe del mercato tutelato del gas – che ad oggi riguardano circa un terzo delle utenze domestiche – non avranno più come riferimento il Ttf, ma il suo analogo italiano (l’indice Psv, che sta per Punto di scambio virtuale). L’andamento del Psv però non si distanzia granché da quello del Ttf, in quanto di fatto resta quest’ultimo l’indice di riferimento per tutto il mercato europeo. Al netto delle difficoltà tecniche legate alla possibile introduzione di un tetto al prezzo del gas, il cap potrebbe sì far scendere il prezzo delle bollette, ma l’impatto sulle casse pubbliche potrebbe essere altrettanto elevato. La differenza tra il massimale di prezzo e il prezzo di mercato graverebbe infatti sullo Stato.

Una situazione che si presenta piuttosto chiara anche per i non addetti ai lavori e che richiede interventi strutturati con la massima urgenza.

Eppure, questa crisi potrebbe addirittura dimostrarsi un’opportunità per migliorare l’efficienza energetica, non solo a livello europeo ma anche nazionale. In particolare, le soluzioni alla situazione contingente passano a nostro avviso dal rimodulare le catene di fornitura energetica, investire nelle energie rinnovabili, aumentare l’efficienza energetica, acquistare elettricità “verde”.

Quella con la Russia potrebbe essere una frattura capace di resistere di là del conflitto; ciò comporterebbe, dal punto di vista energetico, un cambiamento rispetto ai contratti a lungo termine finora conclusi; oggi essere al centro del Mediterraneo rappresenta senz’altro un vantaggio per l’Italia, per ottenere approvvigionamenti da Paesi alternativi come l’Algeria e al tempo stesso per diventare un hub europeo per il gas proveniente dal sud. Inoltre, il nostro Paese si è mosso anche con i rigassificatori galleggianti, e ci sono diversi studi in corso su dove collocarli poiché devono essere in luoghi prossimi alla rete già disponibile.

Inoltre, la transizione all’energia pulita adeguatamente gestita è la soluzione agli attuali problemi sul mercato del gas e dell’elettricità. I dati scientifici indicano già chiaramente che la transizione green a scapito dei combustibili fossili dovrà avvenire nel minor tempo possibile per scongiurare le ripercussioni più gravi del cambiamento climatico.
Oggi le rinnovabili rappresentano la fonte più conveniente per l’elettricità in gran parte del mondo con un effetto deflazionistico perché le fonti sottostanti, come vento e sole, sono a costo zero.
Con REPowerEU anche l’Unione europea fissa delle linee guida e spinge sulle rinnovabili come strumento per combattere la crisi energetica. Un piano da circa 300 miliardi di euro di investimenti, di cui non più di 12 miliardi saranno destinati a nuove infrastrutture per il gas e il petrolio per l’aumento della produzione domestica e la diversificazione degli approvvigionamenti e la parte rimanente, ossia circa 290 miliardi, sarà tutta destinata ad accelerare la transizione verso l’energia pulita. La spinta verso la transizione green è quindi netta.

I rischi di una economia fortemente basata sull’import di combustibili fossili sono ormai sotto gli occhi di tutti. Per mettersi al sicuro da questi rischi, oltre che da quelli connessi al cambiamento climatico, un Paese come il nostro non ha oggi altra strada se non quella di puntare su una crescita straordinaria di rinnovabili ed efficientamento energetico.
Nel frattempo tassazione degli extra profitti, strategie di diverso approvvigionamento e interventi statali sul prezzo sono gli strumenti di breve periodo utili ad arginare la pesante crisi energetica in corso.

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Fonte: CRISI ENERGETICA

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