Andrea Arman e l?odioamore per i grillini, Il Foglio: faide e ambizioni dei (capi dei) risparmiatori azzerati di BPVi e Veneto Banca

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Delle lotte di Andrea Arman, presidente e non padre ma padrone del Coordinamento Banche di don Enrico Torta, lui dice, per i risparmiatori vittime di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca abbiamo riferito più volte così come abbiamo cercato di capire cosa c’è dietro la sua alternanza repentina di sentimenti che passano dall’adulazione del governo del cambiamento (lui, nella foto con Gianluigi Paragone, fu candidato dal M5S alle ultime politiche ma non convinse neanche i suoi associati visto che non fu eletto) alla sua demonizzazione se non soddisfa tutte le richieste magari anche sue personali e non tutte proprie della gran parte dei veri risparmiatori.

Come esempio della prima fase, direbbe un qualche analista, il 4 ottobre scorso, giorno di S. Francesco, lo ricordano i suoi fan, l’estensore della Bibbia terrena di don Torta santifica Alessio Villarosa dopo un incontro al Mef ma soprattutto, è la sua ossessione, criminalizza le altre associazioni non sue seguaci.

Franco Rocchetta e Andrea Arman al tempo dei bond dela Repubblica VenetaMa il 3 novembre Arman si scatena contro governo e M5S in un assalto all’arma bianca, una vera e propria abiura, dopo una nuova escalation di trasformazioni da dottor Jekyll a mister Hyde, quando proprio quel governo sembra accedere alle richieste dei risparmiatori azzerati ma non può consegnare a lui il vessillo del vincitore visto che sono state più le difficoltà da lui frapposte a rafforzare l’impalcatura della legge 205 che non le proposte costruttive che ora hanno portato pentastellati e leghisti vicino al completamento per lo meno delle mura e del tetto: per interni ed arredamenti c’è ancora un po’ di tempo una volta che i diseredati verranno accolti sotto un tetto.

Di dubbi sulla doppia personalità di Arman è da tempo che ne avanziamo documentandoli: l’uomo deciso nelle piazze ma mite e acculturato nei convegni si trova coinvolto in una vicenda di assunta ma inquietante violenza con un altro amico che sarebbe diventato, al solito, ex per non averlo assecondato: “Giovanni Dalla-Valle e Andrea Arman, dopo un evento pro vittime banche venete scontro legale tra ex amici. Lo psichiatra accusa di tentato omicidio l’avvocato, che non risponde. E don Torta non pacificherebbe“; l’odierno difensore dei soci truffati dalle banche invitava a sottoscrivere sicurissimi bond della costituenda Repubblica Veneta; l’avvocato difensore dell’onestà veneta fu sospeso per tre mesi dall’Ordine degli avvocati di Treviso (che mai ha risposto, perché?, alle nostre Pec al riguardo della notizia qui allegata) per fatti di usura non punibili penalmente all’epoca ma sanzionati per infrazione alle norme deontologiche; e, dulcis in fundo, il danneggiato direttamente dall’azzeramento del valore delle sue azioni della Banca Popolare di Vicenza pretende dal governo del cambiamento, prima del suo niet e del nuovo attacco, che la soglia di ristoro si innalzi a 750.000 euro dopo averci costretto ad informare i lettori e, soprattutto, i suoi “crociati” che Andrea Arman «mentre pubblicamente piange per le 7.000 azioni BPVi, ricevute secondo Francesco Celotto, che ne valuta il danno in non più di 70.000 euro, dal padre come concambio low cost ai tempi dell’acquisizione della “sua” Banca Piva alla BPVi, privatamente sta ancora festeggiando per le 8.000 azioni, della stessa provenienza, che, stando ai libri soci della fu Popolare di Vicenza presso la Procura di Vicenza, ha venduto nel 2012, esattamente il 30 ottobre 2012, al prezzo massimo di 62.50 euro ognuna…».

Altre vicende “strane” si potrebbero raccontare oltre a quelle riscontrate  e prima riportate ma prima si dovrebbero approfondire, come fa sempre chi vi scrive che ha subito violenze mediatiche per fatti poi non rivelatisi degni neanche di una richiesta di rinvio a giudizio ma rimasti nell’immaginario collettivo così tanto che poco tempo fa ho dovuto querelare, poiché dava per certi quei fatti mai avvenuti, Lorenzo Cracco, un associato di Noi che credevamo nella BPVi, il cui presidente Luigi Ugone, su “mandato” di don Torta, provò anche ad impedire fisicamente una nostra conferenza stampa (qui il nostro esposto) , e che con Arman è tra i “promotori” del governo del cambiamento salvo ora rivoltarglisi contro solo perché non asservito ai loro sconosciuti disegni.

Disegni sconosciuti che ieri, però, almeno in parte e per uno di questi due leader alla Sansone (col prete di Dese a benedirli) ha rivelato Valerio Valentini su Il Foglio con questo titolo tutto fuorché ambiguo: “Gli appetiti dei “truffati” delle banche irretiti dal M5s. Andrea Arman e l’odioamore per i grillini. Faide e ambizioni dei risparmiatori rimasti scottati dal fallimento delle banche venete, sedotti e abbandonati da Di Maio“.

Non sappiamo quanto sarà contento di questa, apparente, pubblicità negativa Luigi Di Maio, che ha dovuto ricevere l’altro giorno chi, irato, gli rinfacciava “voti di scambio“, ma di certo, se il vice premier e il suo sottosegretario del Mef ora sapranno meglio soppesare il loro interlocutore a giorni alterni, magari ringraziando i giornalisti che provano a far loro aprire gli occhi, l’ira potrebbe essere molto più funesta per Arman, che vede svelato, non solo da noi, il suo mortale tallone: l’egocentrismo che sfocia, secondo Il Foglio, nella richiesta di prebende personali, alla Bramini…

Leggete e riflettete tutti, dai soci azzerati ai politici considerati degli “usa e getta” per certe personalissime ambizioni.

 

Gli appetiti dei “truffati” delle banche irretiti dal M5s
Andrea Arman e l’odioamore per i grillini. Faide e ambizioni dei risparmiatori rimasti scottati dal fallimento delle banche venete, sedotti e abbandonati da Di Maio 

di Valerio Valentini, da Il Foglio del 17 novembre

Per lui che sognava uno scranno a Montecitorio, un post su Facebook, seppure sulla bacheca di Luigi Di Maio, non può certo bastare. “Ma è l’inizio di un dialogo che finora non c’è stato”, spiega Andrea Arman l’avvocato trevigiano, classe ’59, presidente del Coordinamento Don Torta, l’associazione dei risparmiatori rimasti scottati dal fallimento delle banche venete che ora, dopo avere visto dissolversi le sue velleità da parlamentare, spera quantomeno di far valere il malcontento di cui si è fatto portavoce per ottenere un qualche incarico.

Ed è così che, a seconda dei giorni e delle contingenze, Arman amplifica o silenzia la protesta dei suoi corregionali travolti dal crac di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza, con intenti che non è detto che non siano nobili – fare in modo che i “truffati” ottengano il massimo possibile in termini di risarcimento – ma che di certo non sono solo quelli dichiarati. Elogi e scudisciate sapientemente bilanciati, nei confronti dei grilloleghisti. “C’è tanta buona volontà, in questo governo”, ci garantisce. “Ma c’è anche una notevole inesperienza mista a superficialità”. E non a caso una manciata di giorni prima d’essere ricevuto con tutti gli onori a Palazzo Chigi dal vicepremier grillino, lo stesso Arman era sbottato contro il sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, durante un incontro al Mef: “Non ascoltate nemmeno chi vi ha portato i voti”. Il tutto ripreso col cellulare e fornito in pasto al Moloch della stampa.

D’altronde i voti glieli aveva portati davvero, Arman. Lui che, indipendentista con un passato nella Liga veneta, dopo aver perso quasi 700 mila euro come azionista della Popolare di Vicenza, il 4 marzo aveva accettato di candidarsi nel collegio uninominale della sua Montebelluna sotto le insegne del M5s. A chiederglielo, in una riunione improvvisata al termine di un convegno a Mestre, nel dicembre del 2017, era stato proprio il capo grillino. A lui, infatti, Arman confessò il suo progetto: “Stiamo mettendo su una lista coi truffati delle banche di tutta Italia”. E fulminea, allora, la proposta di Di Maio e Gianluigi Paragone, che s’accingeva ad arruolarsi nella truppa grillina: “Uniamo le forze: dateci una decina di nomi e io ve li candido negli uninominali”, disse Di Maio. Delegato a gestire la trattativa fu David Borrelli, potente europarlamentare veneto già in rotta di collisione col M5s e presente pure lui all’incontro.

Solo che le cose si complicano subito: di gente da accontentare, di associazioni da irretire e voti da accalappiare, Di Maio ne ha troppi, e insomma i posti liberi scarseggiano. Si va avanti due mesi: quando si arriva al dunque, della decina di collegi promessi ne restano appena quattro, e tutti pessimi. Perché in Veneto è scontato il trionfo della Lega: e infatti anche Arman prende meno della metà dei voti della salviniana Ingrid Bisa. E poi c’è chi, come Angiolino Cirulli, “vittima di Banca Etruria”, viene offerto come vittima sacrificale nel collegio romano di Paolo Gentiloni. Ma è quando, alla vigilia della definizione delle liste, dall’uninominale di Castelfranco Veneto scompare il nome di Giuliano Giuliani, altro attivista del Don Torta, per far spazio a Eva Liberalato, avvocato 44enne ben voluta da Riccardo Fraccaro, nella Marca deflagra la rabbia. Ma Arman non demorde, sa che il tempo della contrattazione arriverà. E arriva, infatti. All’incontro con Villarosa e Massimo Bitonci, l’altro sottosegretario, leghista, al Mef, l’8 novembre scorso, ci arriva agguerrito. “Ci convocate a cose già fatte, ci proponete un ristoro del 30 per cento del perduto e ci obbligate a rinunciare a ogni azione legale contro le banche fallite? E’ una truffa”. Bitonci e Villarosa parlano di un errore tecnico: “E’ scomparsa una parte del testo in corso d’opera”. Arman non ci sta. “Le ?manine’? S’intrufolano solo nelle tasche degli sprovveduti”, dice ora al Foglio. “La verità è che ci hanno provato. O che, peggio, non hanno il controllo della macchina ministeriale”. Ieri è arrivato l’emendamento leghista che pone, in parte, rimedio al guaio. “E’ qualcosa, ma ancora tutto troppo nebuloso”, ci dice Arman. Che nel frattempo, però, forse un obiettivo l’ha centrato: nel gran tourbillon di associazioni e comitati di “truffati”, quasi tutti in guerra con tutti gli altri, l’interlocutore privilegiato del governo, ora, pare essere proprio lui. Qualcuno, a Montebelluna, già lo paragona a Sergio Bramini, l’imprenditore brianzolo fallito e adottato da Di Maio prima come simbolo delle vittime dello stato, poi come consulente al Mise. Il problema è che Bramini è finito presto per lamentarsi: “Usato e dimenticato dai gialloverdi, col contratto che mi è stato fatto non mi resta in tasca un euro”. E anche questo, a Montebelluna, lo tengono ben presente.