Come nel Veneto, anche a Vicenza e in provincia stravince le elezioni Fratelli d’Italia. Una vittoria di questa portata in questa regione genera parecchi interrogativi perché, qui, un partito come quello della Meloni non dovrebbe proprio avere successo. Come, infatti, non lo aveva avuto in nessuna delle elezioni più recenti. FdI è, prima di tutto, un partito centralista, l’antitesi cioè della autonomia, il sogno di gran parte dei veneti che si sono schierati in stragrande maggioranza (e trasversalmente) a favore di essa nel Referendum consultivo e hanno incoronato Zaia super presidente della Regione sull’onda emotiva della sua promessa di portarla presto a casa.
È, quindi, lecito chiedersi come sia possibile che un Veneto che, anni fa, minacciava tramite la Lega addirittura la secessione e che pretenderebbe tuttora di ottenere un’autonomia extra large, abbia potuto farsi ammaliare da Fratelli d’Italia che, sul tema, ha sì preso impegni giusto per dovere di coalizione ma che, poi, vedremo come va a finire con la bastonata che ha preso una Lega con peso specifico dimezzato nel Governo.
Cos’ha fatto colpo, in queste elezioni, sugli elettori veneti del programma di Fratelli d’Italia? I temi che tradizionalmente stanno a cuore qui, oltre a santa autonomia, sono pagare meno tasse, l’immigrazione, il sostegno alle imprese. Le risposte Meloni le ha nel suo programma e potrebbe anche esserci il sospetto che il concreto opportunismo veneto abbia sperato che un partito per alcuni filo-putiniano possa ottenere qualche risultato contro il caro bollette. Dalla Russia con amore.
La Lega dimezzata
La Lega dimezzata ha pagato il prezzo della sua tiepidezza su questa benedetta autonomia quand’è stata al Governo? Sì, i suoi affezionati elettori l’hanno punita. Ecco perché l’astuto Zaia se n’è stato alla finestra durante la campagna elettorale concedendo un solo suo vassallo alle liste elettorali leghiste. La mossa potrebbe essere letta come un opportunistico e tempestivo sganciamento dal leader Salvini, per altro mai troppo amato nei territori serenissimi, in vista dello sprofondo del 25 settembre. Subito dopo il quale si è cominciato a sentire il mantra “torniamo sul territorio” da parte dei politici veneti del Carroccio, con vista lunga sul congresso (ma si terrà finalmente?) nazionale che potrebbe sancire un cambio di leadership.
Il Terzo Polo
Alle elezioni in Veneto si registra un altro successo, meno atteso. Quello della coalizione Italia Viva-Azione, Renzi più Calenda, che ha ottenuto una doppia cifra che nel resto del Paese se la scorda. Il merito è tutto del leader azionista che ha fatto una gran bella campagna elettorale in Veneto, conquistando i cuori degli imprenditori e dei moderati che non si riconoscono in Berlusconi né giammai avrebbero votato per un PD alleato con i “comunisti” e con i Verdi.
Renzi, invece, si è visto poco da queste parti (dove anche lui non è mai stato molto simpatico) e ha lasciato il campo al collega di coalizione, come del resto ha fatto anche a livello nazionale.
Calenda è stato eletto nel Veneto ma anche in collegi in altre regioni e potrebbe lasciare il seggio a Daniela Sbrollini di Italia Viva, attivissima sul territorio e nelle grazie del suo capo.
Quale peso avrà in Veneto il Terzo Polo? Starà all’opposizione a Roma e, quindi, ben poco potrà fare per la regione visto che la maggioranza della Destra nei due rami del Parlamento è schiacciante. Potrebbe però avere un suo spazio nelle amministrative del 2023 a Vicenza e a Treviso, dove Calenda ha ottenuto un bel consenso che, nei prossimi otto mesi, potrebbe allargare facendo presa su target di elettori moderati, magari scontenti delle prime mosse del nuovo Governo.
A Vicenza è noto l’endorsement per Calenda di Otello Dalla Rosa e del suo gruppo Per una Grande Vicenza. Si potrebbe pronosticare un loro ruolo decisivo nelle amministrative vicentine.
Il Partito Democratico fa eleggere Letta che non riconquista Vicenza
La crisi identitaria del Partito Democratico si è abbattuta anche sul Veneto e su Vicenza e Provincia lasciando i dem nella palude delle minoranze. A nulla è servita la candidatura del leader Letta proprio nel collegio vicentino per trascinare il partito alla riconquista di voti che non ha più ormai da anni. Non è stato un affare per Vicenza il paracadutismo del segretario nazionale sul territorio berico, anche nella prospettiva che Letta abbandoni fra pochi mesi la nave magari tornandosene a Parigi.
Un Letta in uscita potrebbe essere influente anche in città, perché il candidato sindaco di Vicenza in pectore del PD è Giacomo Possamai, che tutti sanno essere il pupillo proprio di Letta. Venendo a mancare a “Possa” la autorevole sponda romana e, magari, cambiando nel partito locale la corrente di maggioranza, è così scontato che resti il candidato unico del centro sinistra e l’avversario numero uno di Rucco? Correndo il rischio, fra l’altro, di farsi sottrarre nel frattempo una fetta di elettorato centrista da Dalla Rosa?