La virata a (centro)destra dell’Italia: vincono Meloni attesa da un duro compito e astensionismo, perdono Lega e sinistra, tiene il M5S

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Giorgia Meloni (foto da Micromega)
Giorgia Meloni (foto da Micromega)

La coalizione di centro destra “intorno” a Giorgia Meloni ha raggiunto il 44% dei voti sia alla Camera dei deputati che al Senato, a fronte del 26% conquistato da quella di centro sinistra. La Lega è letteralmente crollata e il Movimento 5 Stelle, pur ampiamente superiore alle previsioni, è dimezzato rispetto al 2018.

Una prima analisi del risultato elettorale non può, comunque, prescindere dal sempre più crescente astensionismo degli elettori: l’affluenza alle urne già bassissima nel 2018 (74%) è passata al preoccupante 64% di ieri. Soprattutto questo mi sembra il dato più inquietante, che non può non allarmare le forze di governo, sempre più lontane dall’interesse reale e dalle aspirazioni dei cittadini italiani, che non si sentono coinvolti nel dibattito politico e non sanno più per chi votare.

Per il resto, mi pare evidente che il successo della Meloni sia avvenuto, soprattutto, a scapito della Lega di Salvini, che ha pagato principalmente il progetto della creazione di una Lega Nazionale, allontanandosi dalle posizioni degli storici creatori di un Movimento che, in breve tempo, era riuscito a incidere sulla politica nazionale.

E così, anche le battaglie per l’autonomia sono ormai un ricordo perché la coalizione vincente è dichiaratamente romano-centrica e culturalmente ostile alla nascita di movimenti indipendentisti e autonomisti al Nord come al Sud, in cui entra per la prima volta quello siciliano. Ben presto, dunque, sparirà anche il residuo elettorato leghista, rimasto ormai senza alcuna caratterizzante connotazione politica, come ai tempi della sua origine. Il suo elettorato è rimasto disorientato ed è destinato a sfaldarsi se il partito non troverà nuovi assetti e un ritorno al passato.

La sinistra ha subìto una gravissima sconfitta politica, anche se, nel suo complesso e sul piano dei numeri, sembra avere le possibilità di ripartire; si è dispersa, al solito, in una serie di gruppuscoli senza storia e senza reali prospettive, aprendo così un’autostrada alla destra estrema.

Ora Giorgia Meloni, giustamente, rivendicherà la vittoria per diventare il Primo ministro italiano donna e di destra, dalla Seconda guerra mondiale. Questa soluzione, ampiamente prevista, pare ormai scontata. Ma l’incognita che più deve preoccupare i cittadini italiani (ma anche i Paesi europei) riguarda la posizione che l’Italia deciderà di assumere nei confronti dell’Unione Europea e sui temi della NATO e dell’Ucraina.

Certo è che la Meloni eredita un’agenda pesantissima, fatta di una grave crisi energetica, di un’inflazione record e di una recessione incombente. Ma se dovesse avviarsi a realizzare un programma politico (per come anche espresso, nel corso degli anni, in tweet, dibattiti, interviste ecc.) simile a quello palesato dal suo apparentemente omologo, Viktor Orban, in Ungheria, c’è il serio rischio che l’assetto sociale ed economico italiano venga letteralmente sconvolto e che l’ordinamento finisca per imbarbarirsi.

In particolare, la Giustizia (che già si sta avviando verso una crisi mai prima conosciuta) potrà precipitare a livelli da terzo mondo se i proclami e le aspirazioni da ministro di Carlo Nordio si avvereranno (qui un nostro servizio). L’ex magistrato ha più volte dimostrato di nulla conoscere dei problemi della giustizia civile, di cui non ha mai parlato, e si è dichiarato propenso a impegnarsi per una modifica dell’ordinamento giudiziario in conformità ai desideri sempre espressi da una nota componente politica, che, in un sol colpo, vanificherebbe anni di dibattiti fra eminenti studiosi, riportandoci più o meno, questo sì, agli anni ’30.