Cessioni da black friday di Claris Factor e Claris Leasing: conferma danno subito da soci “spolpamento” di Veneto Banca dopo svendita di BIM e rettifica “ballerina” NPL per 800 mln?

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Non è difficile trovare altre “prove” ex post dello spolpamento che sarebbe stato effettuato ai danni di Veneto Banca e, di conseguenza, dei suoi soci azzerati, dopo la rettifica dei commissari liquidatori sugli 800 milioni di crediti deteriorati recuperati in bonis in poco tempo, annunciata l’anno scorso nell’audizione presso la commissione d’inchiesta nazionale sulle banchesmentita ora con una lettera dei commissari stessi, girata da Bankitalia alla Corte di appello di Venezia che sta valutando l’opposizione promossa da Vincenzo Consoli alla sentenza con cui a giugno il tribunale di Treviso aveva fissato che l’ex Popolare di Montebelluna era in stato d’insolvenza il 23 giugno 2017, due giorni prima della messa in liquidazione.

 


In buona sostanza, hanno scritto i commissari, l’800 si riferiva alle posizioni recuperate in bonis mentre i milioni recuperati sarebbero solo 21 anche se, ecco il dubbio, dopo l’audizione, un anno fa e non ora, con estrema probabilità sarà pure arrivata una mail per chiedere, come prassi, di confermare il resoconto stenografico…

L’operazione di cessione di Claris Factor al Credito Valtellinese, descritta alle pag. 146-147 allegate del suo bilancio semestrale, è una delle prove del presumibile “downgrading” del patrimonio della banca, che, ricordiamolo, il 26 ottobre 2014 era stata promossa promossa dallo stress test della Bce a differenza della Banca Popolare di Vicenza che dovette sanare la bocciatura convertendo nella notte di quel week end 250 milioni di obbligazioni.

In pratica, a fronte di un corrispettivo di 5 milioni di euro per l’acquisto da Veneto Banca in lca del 100% di Claris Factor la popolare valtellinese quotata e reduce da un aumento di capitale “obbligato” per rimettere a posto i suoi parametri ha portato a casa il 29 giugno una società che aveva 25,2 milioni di patrimonio. Pertanto, in sede di iscrizione di tale società nel proprio bilancio, da effettuarsi obbligatoriamente al fair value (prezzo equo di scambio), il Credito Valtellinese si è iscritto a conto economico una plusvalenza netta di Euro 15,4 milioni, al netto di Euro 4,8 milioni di ulteriori prudenziali e potenziali perdite stimate sui crediti non performing (che non è detto che si manifesteranno perché conteggiate con riferimento ai prezzi di transazioni sul mercato.

Tutto questo è avvenuto in brevissimo tempo perché il contratto di acquisto è del 29 giugno 2018 e la semestrale fa riferimento al 30 giugno 2018, cioè addirittura al giorno dopo.

Ai fini contabili il “fair value” è definito come «il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti». Quindi, riconoscere il giorno dopo un valore di fair value superiore di un così significativo importo (+308%) rispetto all’effettivo prezzo pagato è come dire di essere stati bravi e consapevoli di aver fatto un “buon affare” a discapito del venditore che è stato sicuramente un “allocco” nel cedere un’attività che valeva molto di più, ma non in prospettiva bensì nell’immediato.

La stessa operazione è stata fatta con la cessione di Claris Leasing al gruppo Cassa Centrale Banca di Trento, solo che qui i numeri sono addirittura di molto superiori (come “sottovalutazione” per la banca veneta e i suoi ex soci) perché il patrimonio netto di Claris Leasing era di circa 75 milioni di Euro, mentre la vendita è stata fatta per 25 milioni di euro. Quindi anche in questo caso, l’acquirente Cassa Centrale Banca nell’iscriversi il nuovo asset a fair value si è portato a conto economico una plusvalenza di circa 50 milioni di euro a titolo di “buon affare”. Qui non c’è una semestrale pubblicata perché il gruppo delle BCC che fa capo a Trento ha portato a compimento l’operazione il 10 agosto 2018, ma la presumibile e consistente plusvalenza la si potrà rilevare nel prossimo bilancio di fine esercizio 2018.

Nella sostanza, sia nel caso del Credito Valtellinese (Euro 15,4 milioni) che di Cassa Centrale Banca (Euro 50 milioni circa), è come se gli acquirenti avessero effettuato un aumento di capitale gratuito a danno della Veneto Banca in LCA che, viceversa, dalle vendite in questione ha rilevato delle corrispondenti minusvalenze.

Forse – è il parere di un esperto – “se proprio dovevano dismettere le attività, tutelando nel contempo l’interesse economico/patrimoniale della procedura, avrebbe potuto mettere in liquidazione volontaria sia il Factor che il Leasing, perché credo che i costi di liquidazione sarebbero stati sicuramente inferiori rispetto alle minusvalenze realizzate“.

Tutto regolare allora, ci chiediamo e chiediamo a chi di dovere, non solo per la valutazione dell’effettivo patrimonio dell’Istituto da parte di chi l’ha posto in liquidazione ma anche, ora, della liquidazione?

Non meno inquietante è il “ricordo” che la cessione per 560 milioni di euro di un altro cespite mobiliare di Veneto Banca, il 70% circa di Bim, fu bocciata nel 2014 da Bankitalia per la presunta non affidabilità degli acquirenti (tra cui società riferite a Carlo De Benedetti e Luca Cordero di Montezemolo…) e, poi, portata a compimento a fine ottobre 2017 per solo 24 milioni di euro circa (fatte salve integrazioni o riduzioni di prezzo in base al bilancio al 31 dicembre 2021) a favore di Trinity, società di investimento soggetta al diritto irlandese e gestita da Attestor Capital LLP di cui non ci risulta siano noti i soci tanto da poterne valutare il profilo rispetto a quello di chi offriva 560 milioni di euro per lo stesso asset….

Anche se a queste tre cessioni con minori incassi correlati di circa  615 milioni non aggiungessimo gli 800 milioni (ballerini? Perché?) di rettifiche degli NPL la domanda che dovrebbero porsi i soci azzerati della banca e i debitori in sofferenza inseguiti dalla SGA, dopo che se la saranno posta gli imputati montebellunesi (il cda al completo, i sindaci al completo ecc. a differenza di Vicenza dove sul banco degli accusati ci sono solo due mebri del cda, Gianni Zonin e Giuseppe Zigliotto, e nessun sindaco…) è se per queste centinaia di milioni di vendite e valutazioni da black friday non possano o debbano lamentare qualcosa.